LA CITTA’ INVISIBILE Un instancabile viandante s’apprestò, dopo lungo peregrinare, a raggiungere la mitica città di “Angelicandia”. Nell’approssimarsi ormai alle porte imponenti della famosa città, il nostro uomo notò subito come tutto attorno vi fossero cantieri e ciminiere in grande attività che, con suo grande stupore, sollevavano un pulviscolo di così tanta polvere d’oro, da trasformare l’azzurro terso del cielo nel velo aureo di un antico dipinto del milletrecento! Immaginatevi quale fu poi l’incanto per costui, quando, entrato in città, si aprì dinnanzi, a perdita d’occhio, un susseguirsi di strade, piazze, vicoli e palazzi ,tutti, ma proprio tutti, in oro massiccio. Quale incanto! Quale meraviglia! Il nostro viandante si complimentò in cuor suo con gli artefici di tale splendore, e non potè fare a meno di pensare alle tristi città di sabbia e fango, che aveva invece incontrato nel suo lungo viaggio attraverso i territori dell’impero.Alzando lo sguardo, poi, come se non bastasse, un arcobaleno di candido marmo si levava superbo nel cielo, sovrastando la città da parte a parte, quale simbolo di ambiziosa perfezione! Fu solo nei giorni seguenti che il nostro viandante si avvide che tutto l’arcobaleno poggiava, curiosamente, sulla schiena di migliaia di cittadini che, seppur piegati in due dalla fatica, non avrebbero mai osato ribellarsi ai nobili signori che capeggiavano Angelicandia, certi com’erano che la vita altrove fosse ben peggio! Tutti erano, ormai da lunghi secoli, infinitamente grati di poter appartenere allo stuolo dei privilegiati cittadini, di codesta splendida città! Dal caveau del cristallino palazzo del potere di Angelicandia ogni mattina uscivano, puntualmente, tonnellate di polvere d’oro. Il vecchio mendicante cieco, che vagava di città in città per elemosinare agli angoli delle strade, confidò al nostro viandante che in quel caveau vi si serbasse il segreto del grande re Mida in persona, cui solo i potenti di Angelicandia erano a conoscenza. Il nostro curioso viandante, però, non sarebbe ripartito senza aver visto con i propri occhi come si poteva realizzare un tale miracolo, così, presto si accorse che,nelle notti senza luna, un andirivieni di carri ricolmi delle più disgustose spazzature, e dei più micidiali veleni, giungevano da tutto l’impero proprio nella città di Angelicandia, per scaricare tutto, in gran segreto, nel caveau del palazzo del potere. Nessuno pareva essersi accorto di nulla, i cittadini erano così orgogliosi delle loro strade e case tutte d’oro ,che addirittura si tassavano accuratamente, perché ogni più piccolo ed innocuo rifiuto domestico fosse allontanato con cura, al di fuori dalla loro aristocratica comunità. A questo punto, nottetempo, per capirne di più il nostro uomo si infiltrò all’interno del palazzo del potere, scoprendo che una sorta di grosso tritatutto, interrato nelle viscere della terra, macinava giorno e notte ogni schifezza, fintanto da ridurla in una polvere nera, compatta e sporca, come il carbone. Una lunga fila di asini, dagli occhi bendatim trasportava poi questa sorta di carbone nel nel magico laboratorio chimico del dr. Mida &C., dove il gran Mago di corte provvedeva a colorare, così abilmente, la polvere nera da poterla, poi ,autenticare quale polvere d’oro zecchino, affinché quindi, di questo mobilissimo metallo, venissero rifornite tutte le molteplici imprese di Angelicandia per gli usi più disparati: mattoni, cemento, conglomerati, intonaci, strade, asili, case e palazzi… …e quando l’oro era troppo, qualche tonnellata veniva , pensate, persino incenerita nei mesi invernali, nei caminetti per riscaldare le case, finendo con l’indorare persino l’aria! Ogni tanto nascevano persino bambini tutti d’oro, che forse proprio per la loro natura troppo divina, resistevano assai poco a questo mondo! Però! Quale splendore! Che nobile città, e che aulici abitanti i cittadini di Angelicandia! Il nostro viandante era così esterrefatto, che bruciava dalla voglia di ripartire, per poter raccontare agli amici tutto quello che aveva visto. Fu così che alle prime luci dell’alba uscì dalla città, e fatti poche centinaia di metri, sorpassato un folto bosco di abeti maestosi, si ritrovò dinnanzi all’enorme camposanto di Angelicandia. Era così grande, che sembrava estendersi per più di dieci leghe, e mai, il nostro uomo, ne aveva visti conservare memoria di così tante giovani persone, scomparse prematuramente per indicibili malattie. Pietosamente il viandante vi si aggirava ,pensoso e perplesso.Improvvisamente tutto gli fu chiaro e fuggì via correndo, lontano da tanto orrore. Ovunque, infatti, trasudava micidiale, polvere nera come carbone. Maria Petronio