Egr. sig. Sindaco di Roma,
a luglio fui costretto, e mi scusi se uso questo verbo, a passare una notte nella Sua città. Prenotai un alloggio in uno dei tanti alberghi che stanno intorno alla stazione Termini e, sceso dal treno (in ovvio italico ritardo), percorsi a piedi le poche centinaia di metri che mi separavano dalla meta. Arrivai incolume, anche se un’auto dei vigili urbani quasi mi travolse mentre attraversavo sulle strisce pedonali e se dovetti percorrere il tragitto in slalom tra una variopinta, odorosa e scivolosa varietà di rifiuti, dalle bucce alle cartacce alle lattine alle cacche di cane, e per di più dovetti farlo quasi in apnea, stante l’atmosfera pregna di gas di scarico (come sono carburati i bus romani?) rotta solo, di tanto in tanto, da piccole plaghe in cui il fetore di urina era soverchiante. Dovendo portare una borsa ed una valigia, non riuscivo a tapparmi gli orecchi per difendermi dal chiasso infernale di autobus e motorini, ma, in fondo, l’albergo distava solo poche centinaia di metri. Non L’annoio con la descrizione dell’hotel né con quella del ristorante e mi limito ad osservare che l’unico fattore a testimoniare la classe dei due locali era l’entità del conto. Insomma, l’impressione che la Sua città offre a chi ci sbarca occasionalmente non è decisamente delle migliori e, mi creda, io di città ne ho viste davvero tante e in tutti i cinque continenti. A proposito di città qua e là nel mondo, sono freschissimo reduce da un soggiorno di circa un mese in Australia, a Sydney (grande il doppio di Roma ma con una qualità di vita che La invito a paragonare a quella della Sua città), dove il maggiore dei miei figli è fuggito, non riuscendo ad assuefarsi al clima (non quello meteorologico) di questo Paese. Appena tornato, mi trovo a casa una busta verde del Suo Comune: una multa. Perbacco: io non prendo multe da almeno vent’anni! Che mai sarà accaduto? Bisogna sapere che il 31 maggio scorso io mi trovavo a Roma in compagnia della giornalista Sonia Toni. Stavolta ero andato in auto e la mia meta era Piazza Montecitorio. Errore grave l’auto, perché a Roma non si parcheggia da nessuna parte, se non in doppia fila, cosa che io non farei per nessuna ragione. Insomma, gira gira per trovare un buco, avvisto due vigilesse
languidamente adagiate su alcune transenne che delimitano la zona più o meno interdetta alle auto. Fermo la macchina e corro dalle due poliziotte municipali che sono intente a discorrere tra loro di questa o di quella pizzeria e, dunque, devo educatamente attendere che lo scambio di opinioni si concluda. Finalmente, in verità un po’ seccate, le due decidono di prestarmi attenzione con l’aria di chi si vuol togliere di torno un importuno. Chiedo dove sia un garage a pagamento nei pressi. Queste si guardano, leggermente divertite dalla bizzarria della domanda, confabulano un po’ e, alla fine, decidono d’indirizzarmi ad un garage a un centinaio di metri da lì. A quel punto, mi permetto di far notare loro che per raggiungere quel punto avrei dovuto oltrepassare le barriere ed entrare in zona interdetta. Quelle, sempre più seccate, scostano la barriera e, senza nascondere l’insofferenza, mi fanno un cenno impaziente di passare. Arrivo al garage e faccio per entrare ma, con una certa sorpresa, vengo bloccato da un signore il quale mi comunica che sto entrando nel garage di casa sua. Non mi resta che andarmene, uscendo dalla zona proibita, a cercare un parcheggio che poi, alla fine, trovo lontanissimo di lì. Ora mi arriva la multa: Euro ottantunovirgolazerocinque per essere entrato in zona vietata, multa che mi arriva a casa maggiorata perché per i vigili “non è stato possibile contestare la violazione al conducente del veicolo”. Insomma, un agguato un po’ comico come quelli che si tendono ai turisti scandinavi o giapponesi. Ora, egregio signor Sindaco, non si preoccupi: gli Euro ottantunovirgolazerocinque (più spese postali) li ho pagati e non ne chiedo la restituzione perché penso che se qualcuno ha l’“abilità” e la faccia tosta di organizzare piccoli atti di banditismo al nobile fine di raccattare qualche soldo in favore di una città come la Sua che è patrimonio dell’umanità e che, grazie anche ad un susseguirsi di amministrazioni che ad altre latitudini sarebbero considerate ree di sabotaggio, sta andando in rapido sfacelo, quel piccolo bottino lo merita tutto. Dunque, i miei complimenti. Mi sorge, tuttavia, una piccola preoccupazione: poiché Lei, signor Sindaco di Roma, si è candidato alla guida del Partito Democratico prossimo venturo, un’associazione che già di furbetti ne ha in catalogo non pochi, e che l’ambizione è quella di governare l’intera Italia, non vorrei che dovessimo viaggiare tutti con le un po’ volgari mutande di ghisa. Da ultimo, il motivo del mio viaggio a Roma del 31 maggio, quello del giorno in cui Lei ebbe modo di attingere al mio borsellino, era la partecipazione ad un convegno politico indetto da Elio Veltri il quale sostiene che la classe politica italiana di oggi va buttata tutta e senza esitazione. Lei mi dirà che non si può buttare il bambino insieme con l’acqua sporca, ma io temo che in quella catinella il bambino non ci sia più da un pezzo.
Con ossequi, Stefano Montanari