Nella Prima Lettera ai Corinzi San Paolo osserva come in uno stadio siano in tanti a correre, ma uno soltanto riporti la corona del primato (I Cor. 9,24-25).
Non c’era bisogno di un santo a dircelo perché lo sanno anche al bar. Così, nella gara annuale tra i vari paesi del mondo che si contendono il gradino più alto della libertà di stampa sono Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia a correre in testa. Gli altri seguono più o meno distanziati.
E noi? Beh, noi siamo un po’ più indietro. Anzi,
non siamo nemmeno nell’elenco dei paesi definibili come liberi. Noi siamo “parzialmente liberi”, almeno stando a chi quella classifica (http://freedomhouse.org/images/File/fop/2010/2010global_regional_ranking_tables.pdf) ha compilato, vale a dire Freedom House (http://www.freedomhouse.org/template.cfm?page=2). Lì ci collochiamo ex-aequo al 72° posto insieme con Benin, Hong Kong ed India.
C’è chi se la passa meno bene, sia chiaro: ad esempio la Turchia, l’unica nazione messa peggio di noi nell’Europa Occidentale. Ma, tanto per fare qualche esempio, noi stiamo dietro le tre repubbliche baltiche e gli altri stati ormai occidentalizzati di quello che fu l’impero sovietico, il Mali, Papua Nuova Guinea e anche, e staccati di un pezzo, San Marino.
Com’è andata rispetto allo scorso anno? Più o meno allo stesso modo: classifica sovrapponibile e un punticino peggio per quanto riguarda il rating. Insomma, una scivolata quasi impercettibile, tanto che ci sembra tutto come prima.
Se da questo qualcuno ricavasse per caso motivi di preoccupazione, non si allarmi. Il nostro presidente del consiglio ha commentato senza mezzi termini : “Se c’è una cosa su cui in Italia c’è la sicurezza di tutti, è che abbiamo fin troppa libertà di stampa. Credo che questo sia un fatto che non è discutibile.” Il che potrebbe significare un piccolo giro di vite perché, come dicono i saggi, il troppo stroppia e troppa libertà può fare male. E il giro di vite dovrà essere abbastanza piccolo e graduale perché nessuno se ne accorga.
Ma non si cada nell’illusione che la responsabilità stia da una parte sola. È vero che il cosiddetto centro-destra magari le fa un po’ più grosse dei cosiddetti avversari, ma questo è solo per la cronica, disperata, ridicola inefficienza di chi si spaccia per sinistra. Come accade in altre circostanze – e prendo ad esempio il business colossale dell’incenerimento dei rifiuti – non ci sono vere differenze di posizione tra i vari schieramenti. Ricordo una mia partecipazione ad una diretta televisiva a Catanzaro un paio d’anni fa. Con me c’erano tre esponenti politici: un PD, un PDL e un IdV. Cani e gatti? Tutt’altro: erano tutti coalizzati contro di me che minacciavo di disturbare certi affarucci su cui quelli contavano. Bene, con la stampa accade la stessa cosa: quelli che ci ostiniamo a chiamare mezzi d’informazione agiscono di concerto per tacito accordo. Su certi argomenti non si parla o, se lo si fa, si mente, il che, forse, è più efficace perché così si dà al lettore la percezione di sapere, cioè una sorta d’imprinting sull’argomento e chi ha letto Lorenz sa quanto difficile sia cancellare l’imprinting.
Tempo fa qualcuno, scandalizzato dal silenzio del blog “più libero d’Italia” a proposito della vicenda del microscopio rapito (scusate se cito ancora la stucchevole circostanza), mi scrisse avvertendomi di aver comunicato la cosa a Striscia la Notizia, a Michele Santoro e a quell’esempio di stampa senza condizionamenti che è il giornalino di Travaglio.
La mia risposta a tanta ingenua buona volontà fu di malinconico divertimento, sapendo benissimo che il silenzio sarebbe stato totale. E così fu.
Ma altrettanto silenzio cade sulle conferenze che tengo e su tutto quanto potrebbe in qualche modo causare incomodo a chi, in definitiva, mantiene giornali e televisioni.
Quanto al mio agire quotidiano, se non altro per non perdere tempo, ormai dei giornali faccio delle palle per asciugare le scarpe da jogging o c’incarto i sedani. Le TV? Mi ci sintonizzo se c’è dello sport, perché, se anche quello è taroccato, non m’importa un fico secco.
Naturalmente non ne faccio un fatto personale. Alla mia veneranda età, dopo scottature a ripetizione, incontri con i maiali di Orwell e zuccate contro impenetrabili muri di gomma ci ho fatto il callo e della cosa non mi cale gran che.
Mi dispiace solo perché i miei figli dovranno passare ancora qualche decennio nella società ipocrita e truffaldina che la mia generazione, quella del mondo nuovo che doveva uscire partorita dal mitico Sessantotto, ha approntato per loro. Io ho fatto quel che potevo e ho fallito.
fallimento
Signor Stefano
E’ un controsenso! Se ha fatto quel che poteva, non ha fallito. Un fallimento sarebbe stato se Lei avrebbe saputo (non mi risulta che lei sia un indovino)che poteva fare altrimenti e, in malafede o in buona fede, non l’ha fatto pur potendo.
Anch’io ho fatto il sessantotto, ma la differenza tra me e Lei è che io mi sono fermato da tempo a contestare e mi sono adeguato, mentre Lei non molla. Ne deve essere fiero! Complimenti e tenga duro.
italofranc da Marsiglia
5×1000
Fatto Dottore ,nella denuncia dei redditi
il 5×1000 e’ andato a lei.
Grazie per il lavoro che svolge.
Freedom HouseL’italia è un paese a libertà limitata? Eccome, segnali evidenti sono disseminati lungo tutta la storia dell’editoria della nostra Repubblica. Ma non è citando Freedom House che si certifica questo assunto.Perchè se è vero che citare a suffragio delle proprie parole questi think tank statunitensi riguardo un fatto incontrovertibile – non ce ne vogliano i nostri ultimi presidenti del consiglio – come la mancanza di libertà della carta stampata (e dell’informazione in generale), è altresì vero che citare Freedom House può risultare controproducente agli occhi di chi, come pochi in Italia purtroppo, è dotato di una logica un po’… Leggi il resto »
Freedom House…secondo perchè la storia di Freedom House è lastricata di tante e tali cantonate la cui sola testimonianza dovrebbe bastare per non sentirne più parlare, nè tanto meno vederne scrivere.Detto questo, le rinnovo la mia stima – che ho deciso di rendere tangibile sia con la destinazione del 5 per mille, sia con il (seppur minimo) sostegno annuale che vi destino e in passato votando per lei e Per Il Bene Comune alle elezioni governative – e, sperando lei abbia del tempo a disposizione, invitandola a visionare -unitamente ai suoi lettori- [url]http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=107[url] articolo e le annesse citazioni. Buona giornata… Leggi il resto »