Gentile Dottor Montanari,
da un po' di tempo sto effettuando ricerche il più possibile complete sui cosiddetti termovalorizzatori e i rischi legati al loro utilizzo, vivendo in prossimità del noto sito Silla 2 di Milano (1,4 km di distanza). Può darsi che Le sia già stato posto questo quesito sul blog, nel caso mi scuso per la ripetizione…..Le chiederei di commentare questo articolo: http://www.nove.firenze.it/vediarticolo.asp?id=a7.01.26.00.29, ormai vecchio di due anni, che contiene in particolare questo passo:
"Solo il 2% del nanoparticolato (PM 01) è attribuibile ai termovalorizzatori, mentre il 60% proviene dal traffico, il 19% dall’industria, il 10% dagli impianti di produzione di energia, il 7% dalla combustione domestica, il 2% da altri fattori. A dirlo è uno dei pochissimi studi esistenti sulle nanoparticelle, realizzato in Inghilterra. E, considerando tutte le sorgenti inquinanti nella piana fiorentina, l’apporto di un termovalorizzatore rappresenterebbe all’incirca l’1% di quanto produce il solo traffico dei motori diesel. Inoltre, mettendo a confronto un termovalorizzatore con una discarica, ne esce penalizzata la discarica anche con maggiori emissioni di C02 in atmosfera. Tutti numeri che ci invitano a riflettere e ad allontanare gli allarmismi: questi le conclusioni, corredate da altri importanti dati diffusi da dirigenti e tecnici dell’Arpat durante un’audizione della commissione Territorio e ambiente del Consiglio regionale, presieduta da Erasmo D’Angelis (Margherita), che ha voluto fare il punto sulle conoscenze scientifiche che riguardano i termovalorizzatori."
Premettendo che condivido la sua critica relativa al fatto che i termovalorizzatori non siano essenziali e inevitabili come il traffico, volevo avere qualche parere sulle cifre esposte in questo testo. Sono condivisibili? Sono realistiche? Di quale ricerca inglese si parla? E' vero che, nonostante la loro pericolosità, i termovalorizzatori restano comunque tra i produttori più bassi di nanoparticelle? Non sarebbe una consolazione (visto che a Milano ci sono anche traffico, industrie e tanti camini, inevitabili a dispetto degli inceneritori), però mi aiuterebbe ad avere un quadro più completo della situazione.
Grazie!
RISPOSTA
A quell'audizione ero presente anch'io. Per prima cosa si provvide ad allontanare il pubblico perché non potesse testimoniare su come furono poi distorte le cose. In seguito, come d'abitudine, si pubblicarono conclusioni del tutto fantasiose. Il sig. D'Angeli, poi, nel corso di un'intervista radiofonica in diretta la sera stessa dell'audizione (io ero collegato telefonicamente perché nel frattempo mi ero spostato a Perugia) m'impedì letteralmente di parlare e di rendere noto come fossero andate le cose. La ricerca cui ci si aggrappa è vecchissima e rappresenta una realtà non più esistente da lungo tempo che nessuno cita perché palesemente sorpassata. E' ovvio che, se prendiamo una città in cui c'è un piccolo inceneritore e un traffico veicolare imponente, le polveri da traffico saranno ben superiori a quelle che vengono dal'inceneritore. Un po' di tempo prima un'epidemiologa fiorentina ebbe a dire come a Los Angeles l'inquinamento da inceneritore sia ben poco rilevante rispetto a quello del traffico. Chi conosca la realtà di Los Angeles (città che entro il 2020 sarà a "rifiuti zero") si accorge immediatamente di come la suddetta epidemiologa sia ignorante del fatto specifico o, in alternativa, cerchi di prendere chi l'ascolta per i fondelli. Per chiunque abbia anche un minimo di conoscenza del metodo scientifico, raffronti di questo genere sono improponibili, a dir poco ridicoli e indice indubitabile di malafede. Quanto alla CO2, siamo al grottesco. Le discariche che emettono anidride carbonica lo fanno perché gestite da incompetenti, così come quelle che producono metano e percolato.