Sant'Angelo d'Alife, acquedotto inquinato da diossina Un paese di 2.500 abitanti, Sant'Angelo d'Alife, in provincia di Caserta, per sei mesi ha fatto uso di acqua inquinata da una sostanza simile alla diossina, il policroruro di bifenile (Pbc), una sostanza tossica che può avere effetti nocivi sulla salute. E ora è panico tra la popolazione. Queste le conclusioni emerse dalle analisi eseguite dai tecnici dell'Arpac. La notizia è stata riportata dal Corriere del Mezzogiorno. Il lasso di tempo di sei mesi è quello intercorso dal prelievo delle acque e la diffusione dei risultati. In tutto questo tempo i cittadini hanno fatto regolarmente uso dell'acqua ignari del pericolo che correvano. Il sindaco del comune casertano, Salvatore Bucci, lancia gravi accuse: “i danni che produce questo veleno nel corpo umano – dice al Corriere del Mezzogiorno – sono enormi e diluiti nel tempo, tanto che gli effetti potrebbero manifestarsi anche nelle prossime generazioni. Certo, tutto dipende dalla quantità di veleno e dal tempo in cui ogni cittadino è venuto a contatto con la sostanza. Appena abbiamo ricevuto gli allarmanti risultati dell'Arpac – informa il sindaco – abbiamo immediatamente deciso la chiusura dell'acquedotto”.
L'origine dell'inquinamento – ricostruisce il quotidiano napoletano – si fa risalire all'incendio, avvenuto due anni fa, di una cabina dell'Enel sistemata nei pressi del pozzo comunale che alimenta l'acquedotto cittadino. Il fuoco determinò l'esplosione di un trasformatore, dal quale fuoriuscirono circa 50 litri di olio usato per il raffreddamento dell'impianto, olio che contiene il Pcb. All'epoca l'acquedotto venne chiuso e riaperto dopo pochi giorni perchè dalle analisi non erano risultate anomalie. Furono stabiliti controlli periodici. E' nell'ambito di uno di questi, effettuato lo scorso aprile, che è stato evidenziato l'inquinamento della falda idrica.
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