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E così, inciampando un po’ sul giuramento, Obama si è insediato. Di solito, senza che esista un motivo riconducibile alla ragione, quando un presidente americano inizia il suo mandato Wall Street schizza in su. Questa volta, nulla di tutto questo: la borsa ha continuato il suo colare a picco come se niente fosse. In realtà, non è che non sia successo proprio niente. Per un tempo immemorabile l’economia mondiale è stata tutt’altro che economia (oikonomia, cioè amministrazione delle cose domestiche), ma una sorta, invece, di demenziale ingegneria finanziaria fatta di cartacce e tenuta in piedi agli occhi della generalità del mondo da professori pontificanti idiozie che non reggevano al buon senso della nonna ma che funzionavano benissimo per lo scopo per il quale esistevano. Esattamente ciò che si fa ora, e con conseguenze che saranno incomparabilmente più gravi, con il pianeta dal punto di vista ambientale. Però, adesso che l’aria fritta ha fatto esplodere il palloncino, è arrivato l’ovvio redde rationem.
Ci dobbiamo preoccupare? Niente affatto, cribbio!: parola di Silvio Berlusconi.
Ieri, tornando a casa, ho sentito il nostro presidente del consiglio alla radio mentre ci dava il bacetto della buona notte. “Macché malattia: al massimo si tratta di un raffreddorino!” era il succo della ninna nanna agl’italiani. La crisi ci sarà pure, ma non è assolutamente nulla di grave: già a fine anno comincerà una ripresina e nel 2010 saremo tutti ricchi. Per quest’anno – continua il Silvio-pensiero – sarà
come essere tornati indietro al 2007, e non risulta che nel 2007 stessimo così male. La logica è stringente, tanto che Veltroni, l’Obama vorrei ma non posso, quello che più bianco non si può, è stato preso in contropiede. Allora io mi sono subito consolato: nel 2007 io, io personalmente, stavo ben meglio di quanto non stia in questo momento. Dunque…
E poi, guardiamoci intorno: Montezemolo l’ha detto chiaro e forte: “Purtroppo [ha detto “purtroppo”] la lista d’attesa per avere la nuova Ferrari California supera i due anni.” Il che significa che, se saremo ricchi nel 2010, anche ordinando ora la macchina, la Rossa non sarà nel nostro garage fino al 2011, preceduti come siamo da un’infinità di concorrenti. E il che significa, ancora, che il mondo pullula di gente che la crisi non sa dove stia di casa.
Ma anche la vicenda Kakà, quella che ha tenuto l’Italia cristallizzata con il fiato sospeso, ce l’ha dimostrato con i fatti: un emiro mezzo affogato del petrolio che ci vende (il mondo del 2009 funziona ancora, con la saggezza che gli è propria, a mezzo energia fossile) era pronto a pagare i servigi pedatori del simpatico giovanotto un prezzo che vale mezzo “termovalorizzatore” comprese le mazzette di rito, e a fargli recapitare a casa un ingaggio che gli assicura due stipendi mensili di un operaio ogni giorno dell’anno, domeniche (per lui lavorative) comprese. Tra parentesi, la domanda che sorge spontanea è: quanto valuterebbe il nostro emiro i servigi di qualcuno che abbia un’utilità sociale? Intendo un pompiere, un autista di ambulanza, un bagnino…
E, allora, dov’è questa crisi?
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