Grazie al cielo ho qualche amico utile, e uno, in particolare, scorre per me i giornali mandandomi poi gli stralci che potrebbero interessarmi. Non è raro che gli articoli interessanti siano pubblicati da Il Fatto Quotidiano, quel curioso giornale che spesso racconta le cose come stanno ma su certi argomenti attua una censura ferrea.
L’articolo ricevuto oggi (http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02/23/uranio-impoverito-tra-ombre-e-incertezze-intanto-si-conta-unaltra-vittima/2489923/), occasionato dall’ennesima morte di un militare, verte sulle cosiddette patologie da uranio impoverito, una definizione di per sé fuorviante per chi non abbia la pazienza e l’umiltà d’informarsi. Stavolta, a parte qualche perdonabile inesattezza, l’articolo merita un voto di ampia sufficienza perché le cosa stanno essenzialmente come sostiene il giornalista.
Il meccanismo patogeno l’abbiamo scoperto ormai molti anni fa e non ci sono discussioni possibili al di fuori del bar all’angolo di casa o di quel megabar che è Internet. Chi ha la pazienza e l’umiltà d’informarsi può leggere i libri che ho scritto da solo o con mia moglie (l’ultimo è stato pubblicato poche settimane fa in USA e contiene un capitolo nostro) e non mi ripeterò, salvo che per riconfermare per l’ennesima volta che la radioattività non c’entra per nulla con la malattia ad innescare la quale sono le polveri generate dalle esplosioni. Centinaia di analisi eseguite su biopsie di militari oltre a migliaia d’indagini analoghe su civili che con la guerra non hanno a che fare confermano sperimentalmente quello che dico. Chi ha dati PROPRI per contraddirmi si faccia avanti.
Come accade per i tormentoni delle barzellette o delle scenette comiche, però, non c’è niente da fare: l’imbecille impermeabile a tutto colpisce inesorabilmente e basta leggere certi commenti all’articolo citato per rendersene conto.
Un personaggio che prudentemente si nasconde dietro uno pseudonimo ma che per cultura, onestà e intelligenza pare la copia conforme di un dentista sardo che da anni ci onora seguendo il nostro lavoro senza, purtroppo, capirci niente o, magari, senza volerci capire niente, sparacchia stramberie a raffica. Secondo lo “scienziato”, l’uranio 238 ha una radioattività inferiore a quella dell’uranio naturale. Peccato che il 238 sia essenzialmente l’uranio naturale dove l’isotopo 235, quello che serve per fare la bomba atomica o per alimentare le centrali, è presente in percentuali irrisorie senza influenzare la radioattività. Ma, dopo aver denudato la sua verbosa ignoranza, l’anonimo non si accontenta e continua improvvisando su chi potrebbe inalare particelle di uranio, l’unico soggetto, a parere illuminato del luminare, che potrebbe mai ammalarsi.
Naturalmente il personaggio non ha dati per sostenere le proprie tesi stravaganti, ma che importa? Come diceva il compianto Umberto Eco, su Internet anche lo scemo del villaggio acquista la sua fetta di credibilità.
E, scorrendo i commenti all’articolo, quanto a scemi del villaggio pare proprio non ci sia penuria, tutti entusiasti di mettersi in cattedra pontificando sulla radioattività, ignorando che sono grottescamente fuori strada.
Va da sé che ognuno può dare libero sfogo all’attività del cervellino che si ritrova. Un tempo c’erano le porte dei gabinetti pubblici su cui esternare e ora c’è Internet, vantaggiosamente più potente e meno odoroso. Magari facendo torto all’idea bislacca di democrazia oggi di moda, quanto sarebbe utile se la gente parlasse solo di ciò che conosce e fosse capace di setacciarsi prima di esprimersi!
Lo so: è tutto inutile. Alla prossima occasione una torma di maestri di pensiero ripeterà il proprio verso come la gallina di leopardiana memoria.