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Filtri antiparticolato: Pisoni batte Lavoisier per KO

L’ho detto e scritto chissà quante volte: io i giornali italiani non li leggo. Almeno, non d’abitudine. La ragione è semplice: non amo essere disinformato. È solo quando qualche amico mi spedisce un articolo che perdo qualche minuto della mia giornata per dedicarmi a quelle letture, e quasi sempre è per farmi

due risate o per aggiungere una ormai ridondante prova di che razza di gregge siamo noi italioti.

 

Tra i giornali nostrani trovo particolarmente interessante Il Fatto Quotidiano. Usando una tecnica antichissima, la tecnica usata da Grillo e dai grillini, la squadretta del signor Padellaro fa una macedonia di verità, magari scomode, di silenzi e di bufale. Sia chiaro: le verità scomode sono rivelate a patto che non disturbino chi non deve essere disturbato. Alla Grillo, insomma.

Ora una persona con cui corrispondo spesso mi segnala un articolo de Il Fatto Quotidiano sotto qualche aspetto tristemente mortificante. Chi ha voglia di farlo, vada all’indirizzo http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07/11/euro-6-filtro-antiparticolato-e-ibridi-ecco-futuro-dei-diesel-gm-progettati-a-torino/1050247/ e legga.

L’articolo ci racconta che a Torino esiste un centro della General Motors in cui si studiano soluzioni ingegneristiche avanzate da applicare ai motori Diesel. Orgoglio italiano, gl’ingegneri impiegati sono quasi tutti giovanissimi e, manco a dirlo, sono tutti dotati di un tasso di genialità ben sopra la media. E, allora, ecco le esternazioni del loro responsabile, tale Alberto Pisoni, credo ingegnere pure lui.

Dando per scontato che il giornalista abbia realmente colto ciò che l’intervistato gli ha detto, c’è davvero di che restare allibiti.

Prescindendo dal racconto, malauguratamente veritiero, delle fatiche cui il proprietario di un veicolo dotato degli aggeggi descritti si deve sottoporre, dai rifornimenti di urea (non è un liquido ma un solido cristallino) sciolta in acqua agl’intasamenti del filtro antiparticolato con periodiche “corse in autostrada” o in officina sui rulli fino ai consumi aumentati, l’ingegner Pisoni ci racconta che “qualunque invecchiamento o problema ci possa essere nel motore, il filtro vede tutto e lo compensa.” Vero. Il brutto è che lo fa a spese dell’ambiente e della salute dei malcapitati abitanti di quell’ambiente. Ma, evidentemente, queste non sono considerazioni che interessino un ingegnere. E qui comincia il tracollo. “Il problema delle polveri sottili, o particolato, è nato con i sistemi di iniezione ad alta pressione.” Interessante. Peccato che la cosa non sia vera. Le polveri sottili non hanno nulla a che fare con i sistemi d’iniezione o di carburazione, essendo dovuti alla combustione del carburante, qualunque esso sia, e, per quanto riguarda le particelle metalliche, alla frizione tra pistone e cilindro e agli additivi di carburanti e lubrificanti. Poi ci sono le polveri secondarie dovute alla condensazione fotocatalitica dei gas di scarico. Il fenomeno avveniva anche con la mitica Ford Modello T, prodotta dal 1908 quando i sistemi d’iniezione ad alta pressione erano molto di là da venire.

Non contento, l’ingegnere affonda il colpo. “Quando il filtro è pieno, il sensore a valle del filtro sente una differenza di pressione con il sensore a monte e l’elettronica diagnostica che è ora della rigenerazione. Allora iniettiamo del combustibile a valvole di scarico aperte: il gasolio nebulizzato arriva nel filtro e lì, complice l’alta temperatura raggiunta, inizia la combustione. Quindi le particelle di polvere non escono, ma vengono bruciate: il risultato, come per ogni combustione in natura, è principalmente CO2.” Senza tediare troppo chi ha avuto la pazienza di arrivare fino a qua, l’ingegnere sta dicendo la verità: tutto quanto il filtro ha catturato, viene risputato fuori, per di più mescolato ad altro gasolio. E qui, dopo che abbiamo avuto ulteriore testimonianza della stravaganza del sistema con tanto di trucco per prendersi gioco delle centraline ARPA, viene lo sconcertante: “Quindi le particelle di polvere non escono, ma vengono bruciate.” Insomma, Lavoisier ha lavorato invano. Dopo 230 anni la sua scoperta, peraltro in qualche modo intuita nel V secolo avanti Cristo, non è arrivata agl’ingegneri del centro di ricerca avanzata di Torino e la materia magicamente scompare. Poi c’è il colpo finale che in parte smentisce la scomparsa: diventa tutto anidride carbonica. Sì: le particelle, per esempio, di acciaio (ferro, cromo e nichel, oltre ad altre aggiunte) si trasformano alchemicamente in carbonio e ossigeno. Un’idiozia? No, questo è quanto avviene in natura, ci assicura l’ingegner Pisoni. Secoli di scienza polverizzati. Anzi, secondo il Pisoni-pensiero, annichiliti.

Quando la scienza è sostituita dalla più incredibile burocrazia di comodo (per “chi conta”), ecco che precipitiamo in questo piccolo abisso. Eppure, lasciando da parte una preparazione scientifica che oggi pare essere solo una zavorra, basterebbe il solo buon senso a suggerire che per diminuire l’inquinamento da motore a scoppio basterebbe migliorare la combustione e diminuire i consumi. Ma, evidentemente, pur se la cosa è fattibile ed è pure tecnicamente fatta, la soluzione non piace.

Basta, mi fermo qui. Se questo è il livello dei geni di Torino, siamo davvero all’ammazzacaffè. Se, invece, è il giornalista ad avere frainteso, troverà ulteriore conferma la mia opinione: Il Fatto Quotidiano può servire, al massimo, ad incartare i sedani. Peccato che abbia poche pagine.