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L’Itaglia degli sballottaggi

Io non sono un “uomo politico”. Lo stabilirono inequivocabilmente gl’italiani cinque anni fa e lo certificarono i Verdi definendomi “inadatto alla politica perché NON MALLEABILE”. Dunque, ciò che sto per scrivere è a livello di domande che si può porre il cosiddetto uomo della strada, categoria alla quale io appartengo. Se c’è chi ha una risposta ragionevole (no perditempo) e me la fornirà, avrà la mia gratitudine.

Le elezioni amministrative di un paio di settimane fa sancirono la

disfatta dei grillini. A peggiorare le cose ci si mise, manco a dirlo, Grillo che affermò di avere vinto, il che lo pone al livello politico dei vecchi parlamentari e a quello intellettuale di chi è bisognoso di cure. I suoi poveri tirapiedi affermarono pure che l’astensionismo li aveva danneggiati quando è vero proprio il contrario: nel caso di tutti i partiti che si fondano non sulla razionalità ma sulla fede, l’osservante corre a votare. Evidentemente la valanga di voti ottenuta dalle stelline a febbraio era neve al sole, una nevicata di speranza presto vanificata.

 

E ieri si sono chiusi i ballottaggi. Su 16 capoluoghi di provincia 16 sono finiti al figlio deforme dell’accoppiamento contro natura tra don Camillo e Peppone. Un trionfo, non c’è che dire. La mia perplessità è sul razionale utilizzato per votare alle elezioni amministrative. Poiché questo tipo di consultazione serve per nominare una sorta di capo condominio, mi chiedo che cosa c’entri l’appartenenza ad un partito piuttosto che ad un altro, ma so per esperienza che la domanda non ha risposta. Ma può essere che 16 su 16 gli uomini del PD fossero meno impresentabili di quelli targati (per quanto?) PDL. È notevole anche qui il flop delle 5 Stelle, impegnate appena in 3 ballottaggi di città minori. Forse qualcuno ricorda come, alla nascita del partito allestito da Casaleggio per la sua clientela, Grillo strillava che la “rivoluzione” iniziava dai comuni. E, allora, bisogna semplicemente costatare che la “rivoluzione” è fallita. Fallita nel ridicolo degli scontrini parlamentari, delle epurazioni, dei punti G, delle interviste vietate, delle interviste rubate, degl’insulti gratuiti, delle esternazioni da borgataro di chi, per Costituzione, rappresenta non come gruppo ma singolarmente il popolo italiano, nella goffaggine di chi si perde tra i corridoi di Palazzo Madama. Peccato: se, invece di essere sagome animate dai clienti di Casaleggio per nascondere altro, i grillini fossero stati scelti in base alla preparazione e non alla loro “affidabilità” (peraltro traballante) verso gl’interessi della Casaleggio Associati, insomma, se il partito di Grillo non fosse stato in mano ad un personaggio tutto da spiegare e ad un comico bolso, miope e privo di cultura e fosse stato in altre mani, le stelline avrebbero potuto dare una mano importante a rallentare, o forse anche ad evitare, il naufragio di uno Stivale ogni giorno più scalcagnato. Però, va ammesso per realismo, le stesse idee non eruttate da un imbonitore da fiera ma da una persona di tutt’altra statura morale e culturale avrebbero al massimo convogliato una manciata di voti. In definitiva, l’Italia merita la sorte che ha.

Ora c’è da assistere con curiosità al seguito della farsa. I romani hanno liquidato Alemanno e non si può dare loro torto. Io ebbi personalmente, seppure a margine, in qualche modo a collaborare con lui e mi fu impossibile non rilevare l’inconsistenza della sua amministrazione. Quando fui cooptato per far parte di un gruppo formato da una cinquantina di componenti per fronteggiare il problema dell’inquinamento cittadino vidi subito che non si sarebbe andati da nessuna parte: chiacchiere e basta, e con le chiacchiere e basta la sorte è segnata. Anche gli assessori e i funzionari con cui m’incrociai mostravano una palese nudità. E, allora, vediamo che cosa saprà fare Marino, una persona che ha tutte le caratteristiche per peggiorare l’aspetto di cui io mi occupo: l’ecologia.

A proposito di ecologia, vediamo pure che cosa combinerà uno dei due sindaci grillini, quello eletto al ballottaggio di Pomezia, una cittadina dove l’inquinamento è addirittura palpabile. Se la sua sincerità a favore dell’ambiente è quella di Grillo, se la sua efficienza è quella del suo collega di Parma, il mio consiglio ai pometini è di dotarsi di una maschera antigas.

Un de profundis per l’ottantaquattrenne sceriffo di Treviso Giancarlo Gentilini. Con la sua inumazione (per carità, metaforica e il Signore ce lo conservi a lungo!) si conclude l’epopea leghista, quella in cui si predicava di tagliare gli alberi per evitare che i negri invasori li usassero come riparo contro le fucilate dei veneti DOC. Quanto avrei voluto incontrare quell’eroico difensore dello ius sanguinis (alla Grillo)! Purtroppo, però, nonno Giancarlo non mi ricevette mai, preferendo a me l’intellettuale Melita Toniolo che fu ricevuta sfoggiando per la solenne occasione la fascia tricolore.

Da uomo della strada non mi resta che concludere che i partiti fondati su una persona muoiono con lei. Berlusconi ha ragione: se non si presenta personalmente con il suo divertente ectoplasma, il PDL si annulla. Così è per la Lega di Bossi, altrettanto ectoplasmatico ma ugualmente imbevuto di carisma. E così è per Grillo, ma in questo caso il problema è opposto: è dove lui compare che il partito collassa.