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Le zitelle New Age

“Dio accieca chi vuol rovinare” è un detto che risale a chissà quanti secoli fa e chissà quante civiltà diverse ha percorso. E ciechi ormai stiamo diventando davvero.

Segnali ne abbiamo a bizzeffe ma, da bravi ciechi, questi segnali non li vediamo.

Chiunque abbia avuto la ventura di ascoltare le esternazioni dell’oncologo di corte o di qualche professore universitario a gettone e abbia un minimo di cognizione di causa non può non chiedersi come mai si cerchi così affannosamente di nascondere ciò che sta dietro i numeri, in aumento innegabilmente oggettivo, dell’incidenza delle malattie oncologiche, e, magari, potrà pure chiedersi come avvenga che le leggi della fisica e della chimica risultino completamente distorte nella rappresentazione di questi pittoreschi personaggi.

Se i fenomeni di cui sopra sono tipici dell’Italia folcloristica di cui siamo ex-cittadini, ora sudditi, e vittime allegramente consenzienti, esistono manifestazioni di cecità che coinvolgono l’intero pianeta.

Tra le tante, vorrei soffermarmi un attimo sulla filosofia energetica dell’Homo Sapiens, l’unico animale energivoro che abiti la Terra.

Basta prendere qualsiasi manuale di fisica per leggervi come succhiare energia da una fonte interna ad un sistema chiuso, vale a dire un sistema che non scambia massa con l’esterno, sia cosa che può reggere solo per un tempo finito, dato che questa fonte è, per forza di cose, limitata al e dal sistema stesso. Di questo non ci si accorge subito perché, fino a che questa energia è disponibile, non esistono problemi apparenti, ma, quando si arriva all’esaurimento della fonte, la festa finisce di botto. Tutto talmente logico da apparire banale e indegno addirittura di menzione.

 

Eppure, ormai da lungo tempo, da quando, cioè, abbiamo imparato a sfruttare il calore per far fronte a bisogni e capricci, a nessuno dei politici che guidano il Pianeta è venuto in mente di affrontare il problema. Anzi, è proprio dalla spremitura di queste fonti che viene tanta parte del potere di qualcuno e, come effetto collaterale tutt’altro che indesiderato, del denaro. È sufficiente pensare al petrolio e ai nababbi arabi o al gas siberiano e ai supercapitalisti ex-sovietici per averne la fotografia. E parte del denaro ricavato finisce come mancia nelle tasche proprio di quei politici che

ci stanno da anni timonando verso l’ovvia rovina.

Ormai da anni le zitelle New Age citano il Picco di Hubbert, una teoria di cinquant’anni fa che applica all’economia quanto la scienza conosce da sempre circa le fonti energetiche prese dall’interno di un sistema e, in particolare, è applicato di solito al momento in cui la produzione mondiale del petrolio comincerà a calare. Ci siamo già arrivati? Forse sì, forse no. Di tanto in tanto si scovano giacimenti nuovi, ma questi sono tecnicamente sempre più difficili e, va da sé, costose da sfruttare perché il petrolio facile ce lo siamo già bevuto tutto.

Che siamo al culmine della salita o che abbiamo scollinato ha un’importanza relativa: la scienza elementare ci ha informati che il nostro modo di ricavare energia è senza futuro (magari qualcuno avverta di questo il professor Franco Battaglia dell’Università di Modena e il suo tifoso Silvio Berlusconi, ma lo faccia con delicatezza). Anche noi, del resto, noi uomini della strada che le mance non le riceviamo ma, anzi, contribuiamo a pagarle, ce ne stiamo accorgendo: pur con un Dollaro in discesa, ed è in Dollari che il petrolio si paga, dal 2001 il prezzo della benzina è aumentato più o meno del 40% e quello del gasolio del 55% abbondante, benzina e, soprattutto, gasolio su cui si basa gran parte del nostro sistema di vita. Dirò tra parentesi che noi italiani paghiamo ancora un quarto di Euro di elemosine su ogni litro di benzina così suddiviso: 1,90 lire per la guerra di Abissinia del 1935; 14 lire per la crisi di Suez del 1956; 10 lire per il disastro del Vajont del 1963; 10 lire per l'alluvione di Firenze del 1966; 10 lire per il terremoto del Belice del 1968; 99 lire per il terremoto del Friuli del 1976; 75 lire per il terremoto dell'Irpinia del 1980; 205 lire per la missione in Libano del 1983; 22 lire per la missione in Bosnia del 1996 e 0,020 € per rinnovo contratto autoferrotranviari 2004. Ridere o piangere? Su queste tasse, poi, paghiamo anche l’IVA, la tassa sulle tasse.

Adesso i nostri statisti, destra e sinistra in splendida armonia, hanno avuto un’illuminazione e hanno fatto una bella pensata: per liberarci dalla dipendenza energetica dall’estero (noi il petrolio non ce l’abbiamo), costruiremo un po’ di centrali nucleari, naturalmente sfruttando le miniere d’uranio che, come si sa, da noi pullulano. Tra cinque anni saranno pronti i progetti; nel 2030 o, forse, qualcosina più in là, accenderemo la prima centrale e per dieci anni avremo la favolosa energia dell’atomo. Perché dieci anni? Beh, perché il Picco di Hubbart c’è anche per l’uranio e anche questo, sempre più costoso, sta finendo. Naturalmente. E le scorie? E i costi di costruzione e di smantellamento delle centrali?

Ma che ce ne cale?: in fondo è importante costruire tante belle opere pubbliche, più sono costose e meglio è, e se sono inutili mica è colpa nostra, come quelle che tanto eccitano la Camorra e la Mafia da una parte e i politici, Di Pietro e i suoi in testa, dall’altra con a metà, uomini per tutte le stagioni, i nostri accademici: TAV, Mose, Ponte, inceneritori, centrali a biomasse, centrali a turbogas… E, magari, neanche costruirle: l’importante è stanziare i quattrini. Poi… Beh, queste cose le conosciamo da sempre: siamo o non siamo uomini di mondo? 

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