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l’Arpat veglia su di noi. Dio ce ne scampi

Troppi i danni in quasi 30 anni di disonorato servizio!! Troppi i dubbi sulla correttezza delle procedure!!! I comitati chiedono l'intervento della magistratura. Quanto è avvenuto a Montale è assolutamente scandaloso, altro che plauso ai sistemi di controllo e all'Arpat espressi dall'Assessore Regionale Artusa, e vantati dai tre sindaci, la verità è che si è tenuta esposta la popolazione a dosi elevatissime di diossine e furani (sostanze cancerogene certe) per motivi che sono tutti da chiarire e sui quali auspichiamo l'intervento della magistratura.

Dalla ricostruzione dei fatti appare che il 3 maggio l'Arpat Regionale ha effettuato un prelievo al camino dell'impianto dell'inceneritore di Montale per determinare i microinquinanti organici, che quel prelievo ha messo in evidenza il superamento dei limiti di emissione di diossine e furani di  ben 6 volte e che la comunicazione l'Arpat la fatta solo il 17 luglio, dopo 75 giorni!!!! Se così stanno le cose sarebbe obbligatorio chiedere le immediate dimissioni della Direttrice dell'Arpat Regionale che per inefficienza della struttura che dirige ha procurato alle popolazioni un danno sanitario certo.

Ma c'è ancora di più. Il Cis, evidentemente si era accorto che c'erano malfunzionamenti dell'impianto e con un intervento di manutenzione del 6 di giugno fa rimuovere l'inconveniente e, a suo dire, ripristinare le condizioni ottimali. La comunicazione del malfunzionamento e del suo superamento viene però fatta solo l'11 luglio.

Le domande che sorgono spontanee sono: 1) L'analisi fatta a maggio dall'Arpat era la prima o seguiva le analisi effettuate dalla ditta privata con la quale il Cis è convenzionato e che, magari, avevano messo già in evidenza il superamento dei limiti?

2) Perchè l'Arpat ha aspettato ben 75 gg prima di segnalare il superamento dei limiti di emissione delle diossine e dei furani, quando invece come si riferisce nella stessa ordinanza di chiusura del Sindaco  Razzoli, occorrono 20 gg per avere i risultati. Allora cosa è successo nei 55 giorni intercorsi fra  i risultati ottenuti dall'Arpat e la comunicazione al Sindaco?

3) Perchè il Cis S.p.a. ha comunicato all'Arpat il guasto all'impianto (a loro dire probabile causa del superamento dei livelli di emissioni) con oltre un mese di ritardo dall'intervento di manutenzione e solo 6 giorni prima che l'Arpat comunicasse ai Sindaci i dati delle analisi fatte 75 giorni prima?

Scandalizzano inoltre le affermazioni del Sindaco di Montale quando sostiene che «è la prima volta che dai risultati delle periodiche analisi di monitoraggio effettuate sull'impianto emergono valori che si discostano dai parametri di riferimento».  Il Sindaco parla di parametri di riferimento, non di livelli di inquinamento,  perché sa benissimo che fino al 2005 l'impianto di Montale godeva di una deroga sulle emissioni che gli consentiva di inquinare più di quanto fosse consentito ai nuovi impianti, cosa che puntualmente ha fatto.

I Sindaci sono intervenuti adesso probabilmente più per tutelare se stessi in qualità di azionisti proprietari dell'impianto che la popolazione, e ben consapevoli che la pacchia della deroga è finita e che adesso possono scattare anche provvedimenti penali. Il Coordinamento ed il Comitato di Montale vedono confermati i propri timori circa il grave danno sanitario che le popolazioni subiscono, e che aveva indotto la stessa Asl a dare parere sanitario sfavorevole all'ampliamento dell'impianto che a detta degli stessi tecnici del Cis non poteva garantire il mantenimento del flusso di massa degli inquinanti.

Perchè la Provincia ha dato ugualmente l'autorizzazione all'ampliamento? Letteralmente faziose e culturalmente arretrate sono le argomentazioni degli Uffici dalla Provincia di Pistoia che vengono riportate fra virgolette dalla stampa locale di domenica 22 luglio secondo cui «la tutela della salute si attua con gli impianti non con la loro assenza. L'esempio di Napoli è emblematico».

A questi tecnici chiediamo maggiore correttezza e piuttosto che paventare una emergenza rifiuti in maniera assolutamente strumentale e che sarebbe mal tollerata dalle popolazioni di comuni,  proprietari di un impianto di incenerimento, che hanno livelli di Raccolta differenziata da paese del terzo mondo: 21,3 Montale, 24,4 Quarrata, 17,6 Agliana, si emetta piuttosto una ordinanza per ripristinare le direttive originarie sulla discarica del Fosso del Cassero che, nata su commissariamento per servire le necessità di smaltimento dei rifiuti per la Provincia di Pistoia, adesso accoglie per oltre il 70% rifiuti da fuori Toscana, garantendo forti guadagni ai gestori della discarica e disagi per la popolazione che, oltre al disagio potrebbero subire anche la beffa di un ricatto: o si riapre l'inceneritore o si entra nel tunnel della sindrome campana.

I Cittadini ed il Comitato auspicano che la maggiore preoccupazione di amministratori, tecnici e partiti politici diventi, non tanto quella di riaprire urgentemente l'impianto, quanto piuttosto quella di  verificare i danni prodotti attivando da subito le necessarie indagini sui terreni, nel latte materno e fra le popolazioni esposte, come richiesto anche dal Presidente della IV Commissione Regionale Sanità Fabio Roggiolani, del quale si apprezza l'interessamento ma si ritiene del tutto insoddisfacente la previsione di aumento di controlli al camino.

La popolazione, a questo punto, vuole sapere, in via prioritaria e a spese del Cis S.p.a. quante diossine e furani e i metalli pesanti sono depositati nei terreni intorno all'impianto.

Coordinamento dei Comitati della Piana Firenze ­ Prato ­ Pistoia
Comitato Contro l'Inceneritore di Montale
 approfondimento su www.noinceneritori.org