In Cina ci sono stato quattro volte e devo dire che solo quando andai a Delhi, in India, mi era capitato di costatare un inquinamento paragonabile.
Ora sui media mondiali esce una notiziona: una certa signora Chai Jing, pare volto noto della TV di stato cinese, si accorge di essere incinta di una bambina malata di cancro. Siamo nel 2013. La signora si licenzia per seguire la sorte della figlia e, nel frattempo, produce un documentario (https://www.youtube.com/watch?v=T6X2uwlQGQM) con cui vuole dimostrare che a fare il guaio è stato il carbone (oltre tutto di pessima qualità, aggiungo io) che si usa in quantità immani laggiù e che, ovviamente, inquina oltre misura. Insomma, la tesi è che l’inquinamento passa da madre a feto.
Più o meno una decina di anni fa mia moglie ed io lavorammo su un neonato di Mantova morto di leucemia mieloide acuta, un cancro maligno che si era sviluppato nel bambino in corso di gravidanza. La sua sopravvivenza fu di nove ore dal parto e tutti i suoi organi (che risultarono essere malformati) si rivelarono essere pieni di particelle inorganiche di evidente origine antropica, cioè generate da attività umane. Molto interessante, tra l’altro, fu quello che trovammo nel cuore: particelle d’acciaio perfettamente sferiche come quelle che escono dalle fonderie. Da sottolineare il fatto che la madre era perfettamente sana, cosa che si è ripetuta, a quanto si sa, per la signora Chai Jing. Questo perché i bambini che vengono abortiti, partoriti malformati o malati di cancro a causa delle particelle inquinanti si comportano come delle spugne drenando le polveri dal sangue della madre.
Insomma, il caso riportato della signora Chai Jing non contiene assolutamente niente di nuovo ed è solo l’ennesima dimostrazione di come ci sia qualcuno che, inascoltato, cammina un decennio in anticipo rispetto a troppo mondo che è in mortificante ritardo.
Dopo il caso del bambino di Mantova, noi c’imbattemmo in altri fatti in qualche modo sovrapponibili quando, ahimè, ci fu l’intervento di qualcuno che ritenne fosse giunto il momento di privarci del microscopio elettronico con cui facciamo ricerca. Noi, però, non abbiamo mollato e, grazie all’intervento di un giudice, riusciamo ad accedere al nostro apparecchio una volta la settimana e, a volte, anche due. Questo ci permette di portare avanti una ricerca di estremo interesse sul sangue dei leucemici, almeno fino a quando qualcuno riuscirà a bloccarci ancora una volta per un po’. Ma ormai stare in trincea è diventato un punto d’onore e nessuno s’illuda di eliminarci.
A prescindere dal fatto che, parlando in generale, tanta parte della scienza e della società è immersa in una narcosi profonda, è in qualche modo consolante vedere come, di tanto in tanto, qualcuno si svegli almeno per un attimo, magari, come fanno tante università, per “scoprire” una più che classica acqua calda strombazzando poi ai quattro venti la loro gloria. Caso vuole, però, che il sonno riprenda in fretta il sopravvento e tutto ritorni allo stato precedente come se nulla fosse stato. La ricerca indipendente in generale è di fatto vicina ad essere azzerata, nella stragrande maggioranza dei casi ma nella migliore delle ipotesi la politica, cioè il timone della società, è in mano a degl’incompetenti, l’informazione è, ancora nella migliore delle ipotesi, solo parziale, e l’industria è troppo spesso condotta da veri e propri criminali interessati, come dei criminali è quasi sempre caratteristica, solo ad arraffare quattrini. È così che continueremo ancora a scaricare quantità sempre crescenti di veleni nella vaschetta dei pesci rossi in cui viviamo e a raccontarci balle, fingendo di credere che sia tutto bello e che, in fondo, mal che vada un cancro o un figlio malformato valgano bene la certezza di uno stipendio. Come dice la saggezza cinese, peraltro ripresa mille e mille volte da noi, mica si può chiudere un’acciaieria che dà lavoro a 100.000 persone solo perché i bambini rischiano il cancro. E poi, sarà proprio vero che l’inquinamento può provocare il cancro o non sarà, piuttosto, che il cancro è questione di sfortuna e basta?