L’inquinamento ha mille risvolti e non tutti negativi. Dipende dai punti di vista, naturalmente. La mafia, per esempio, ci fa soldi a palate maneggiando i rifiuti, e i nostri politici si sono resi utili allestendo leggi che, anche se con la legittimità non hanno nulla a che fare (legalità e legittimità sono tutt’altro che sinonimi), hanno dato una mano a qualche affarista non troppo schizzinoso su ciò che ha odore di morale, facendogli finire sotto il materasso qualche milione di Euro che, moltiplicato per il numero di partecipanti al giochetto, fa qualche decina di miliardi. Poi c’è tutta una sottospecie di homo sapiens che fa impresa con i soldi altrui (leggi i nostri) trasformando le aziende municipalizzate in s.p.a. e così, novelli re Mida, con i contributi di stato trasformano la cacca in oro. Va da sé che nessuno fa niente per niente e ai politici che tanto si prodigano per loro, dove loro sono indifferentemente mafia e “imprenditori”, la mancia va pur data. Ma non sono solo i mafiosi, gli allegri faccendieri e i volonterosi politici a sguazzare nell’immondizia trovandoci un habitat ideale: anche l’industria farmaceutica raccoglie ogni giorno le uova d’oro di questa gallina stacanovista. Basta pensare solo ai cancri, che non sono le patologie più tipiche e più numerose dell’inquinamento ma che sono le più vistose: per il 2020 è previsto un aumento di nuovi casi annui del 60% rispetto al 2000, e qualcuno si lecca i baffi. E chi si lecca i baffi non sono soltanto le industrie farmaceutiche cui pure toccherà il boccone del prete, ma anche tutta quella rete di strutture “sanitarie” (scusate le virgolette) che su questa tragedia ricca e buffa ingrassano…[leggi tutto]
Se ci pensiamo un attimo, magari rifacendoci al signor di Lapalisse, le malattie più facili da trattare sono quelle che non si contraggono, e se non si contraggono, non sono da curare e allora non ci si spende un soldo. E come si fa a non contrarle? Per esempio, una buona idea potrebbe essere quella di eliminare le fonti da cui le malattie derivano o, almeno, di provarci. E poiché ormai è notissimo che una fetta rilevante delle malattie del secolo corrente ha origine ambientale e all’inquinamento è legata tutta una serie di malattie su cui la medicina alza le braccia impotente, si potrebbe cominciare ad inquinare di meno. Un esempio? Smetterla con la farsa degl’inceneritori. Certo, non basta, ma dato che, tra le tante fonti d’inquinamento, dopo il fare la guerra quella di cucinare i rifiuti è l’unica che non abbia alcuna utilità sociale e peggiori soltanto la situazione cui dovrebbe mettere una pezza, magari cominciamo da quella. Tanto per offrire qualche dato, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ritiene che noi italiani potremmo risparmiare 28 miliardi di Euro l’anno (una finanziaria!) soltanto riducendo la quantità di polveri nell’ambiente. La Commissione Europea stima che per ogni Euro investito per diminuire l’inquinamento (investito, dico, non finito magicamente in qualche tasca), si ottenga un risparmio di 6 Euro in costi sanitari, più 4 Euro in costi previdenziali (la spesa sanitaria annuale in Italia sfiora il 7% del PIL, non lontano dai 100 miliardi di Euro). La cosa, però, non è così semplice e non per motivi tecnici, perché lì il problema è relativamente piccolo e, comunque, risolvibile. Il problema sta nei soldi non spesi che sono veramente tanti. Troppi. E se i soldi si risparmiano, non finiscono in tante capientissime tasche come, per esempio, quelle di quei businessmen in camice bianco che vanno in TV a dare pillole di saggezza e che invitano tutti a fare check up, a controllare periodicamente parametri fisiologici, a ingurgitare pillole. Una crociata bellissima e, se ci si ferma alla crosticina, ineccepibile, naturalmente. Peccato che tutto questo non serva a non ammalarci ma solo a fare di noi dei soggetti sempre sul filo del rasoio tra salute e malattia, delle persone che non sanno se sono sani immaginari o malati veri e che, comunque, vivono con la paura addosso. Paura? E allora, eccoti servito un bel piatto di psicofarmaci, uno dei greatest hits del secolo XXI, un piatto che si serve sempre di più anche ai bambini tanto per farne il più rapidamente possibile degli zombie e, dunque, dei clienti fedeli. Ma, allora, non dovremmo fare più prevenzione? Vediamo un po’. La prevenzione si può fare su stadi diversi: la cosiddetta prevenzione primaria mira ad eliminare le cause della malattia, la secondaria mira ad una diagnosi precoce e la terziaria mira a ridurre gravità e complicazioni delle malattie. È ovvio che chi fa della salute un affare non può auspicare l’applicazione di una prevenzione primaria, visto che questa non lo coinvolgerebbe e gli toglierebbe il pane di bocca (anche loro tengono famiglia). Ottime, invece, le altre due, specie la secondaria, quella che ci trasforma tutti in pazienti cronici e di cui i media sono, con poche eccezioni, i portavoce a pagamento. E allora, sui sistemi della prevenzione secondaria e sulla loro pubblicità s’investe fior di quattrini e l’investimento si rivela regolarmente azzeccato. Poi, se questo non basta, ecco che si abbassano i limiti su cui viene valutato il confine tra salute e malattia e questo senza alcuna base scientifica o anche solo di pura osservazione clinica. Ma che importa? Business is business. Questo tipo di economia moderna, o di carnevale, come preferite, ha radici varie e più o meno profonde, ma una di queste radici ha trovato terreno fertile nell’immondizia. Insomma, a ben vedere, chi dice che i rifiuti sono una risorsa ha visto giusto e bene fa ad insegnare questo principio nelle università: allevare una generazione di mascalzoni è del tutto indispensabile e molto meglio è se questi mascalzoni sono così ignoranti da non sapere di esserlo. A questo punto, bisognerebbe che qualche esperto di conti economici si prendesse la briga di calcolare quanto denaro svanisce con ogni tonnellata di rifiuti bruciata, e questo non solo in termini dei contributi che l’Italia eroga illegalmente agl’inceneritoristi, ma anche in termini di proventi per chi fa prevenzione secondaria e terziaria, per chi presta le cure nelle cliniche private, per chi fabbrica farmaci, per i media che vengono pagati per diffondere informazioni false sull’argomento, per gli enti di controllo che vengono mantenuti dalle aziende farmaceutiche e, dunque, non controllano affatto, per politici ed amministratori infedeli nei riguardi del cosiddetto contratto sociale, insomma per tutto il giro quanto mai opulento che circonda la malattia da inquinamento.