No, non sono preoccupato. Preoccupato del gesto in sé, intendo.
La riproduzione del duomo di Milano finita a rompere il naso di Berlusconi è l’azione di un poveraccio con patologie psichiatriche certificate da anni di terapia, terapia con ogni evidenza esercitata senza particolare successo. Nel caso in questione non mi pare proprio si possa gridare al complotto, anche perché un complotto che si traducesse in un atto del genere sarebbe a dir poco ridicolo sia per l’oggettiva inefficacia fisica sia per il rischio di creare un martire.
Ciò che mi preoccupa è, al di là di certe espressioni di convenienza, la reazione di qualche “uomo politico” (e sia il sostantivo uomo sia l’aggettivo politico devono essere confinati tra robuste virgolette) unita a quella di troppi frequentatori di Internet.
Dell’“uomo politico” non ho mai avuto stima, e tuttavia non avrei mai immaginato che
la sua pur palese rozzezza culturale e la sua altrettanto palese disonestà intellettuale fossero così intrise d’imbecillità pura. Che intelligenza e furbizia non siano sinonimi è un’ovvietà. Che abbiano ben poco margine di sovrapposizione anche solo parziale è cosa un po’ meno visibile ma pure ovvia. Che in molte occasioni le due caratteristiche siano antitetiche è fatto che trova incarnazione nell’“uomo politico” tra virgolette. La furbizia di cavalcare l’onda dei complici morali del povero psicopatico si colloca agli antipodi dell’intelligenza e, per socratico sillogismo ante litteram, dell’onestà.
Insomma, venendo al sodo, il Nostro afferma che, se la miniatura del duomo di Milano è finita in faccia al presidente del consiglio, è del presidente del consiglio la responsabilità. Se l’è voluta e, in fondo, se l’è meritata.
Così ora io mi sento moralmente giustificato se una mattina mi verrà il ghiribizzo di aspettare davanti a casa sua il personaggio è di prenderlo a legnate sul groppone finché bastone o schiena non decideranno di rompersi. È così che vanno trattati, nel concetto di diritto teorizzato dal Nostro, gli avversari politici.
Con ogni evidenza, costui non è stato informato dai suoi maestri (?) a proposito di un curioso concetto chiamato democrazia, un concetto secondo il quale, a scadenze più o meno regolari, il popolo si prende la briga di eleggere a maggioranza chi sarà chiamato a rappresentarne la volontà. Certo, una maniera di darsi un governo non priva di difetti, e Berlusconi primo ministro ne è un esempio, ma qualcosa di meno peggiore nessuno è stato capace di escogitarlo. Votare a maggioranza per poi strepitare in piazza contro le proprie decisioni è qualcosa d’ingenuamente irrazionale. Applaudire – magari con una corposa vena d’ipocrisia e accampando anche argomenti che troverebbero forse migliore cittadinanza sul divano dello psicanalista – chi esercita violenza nei confronti di chi è stato scelto secondo le regole è criminale. Criminale perché offre legittimazione, per assurda che sia, a tutta quella feccia di squilibrati che infestano Internet, moltissimi nascosti dietro un vile anonimato.
Ecco allora, nello spazio di una notte, spuntare decine di migliaia di ectoplasmi che strillano perché lo psicopatico di Milano sia santificato, femmine disturbate mentalmente che lo invocano per averlo sposo, giornalisti da curva sud che trovano l’episodio del tutto naturale.
Da questa stessa classe di esseri io sto subendo attacchi ben peggiori di un piccolo duomo di Milano in faccia, con una ricerca d’importanza fondamentale per la salute di tutti che sta finendo imbavagliata perché fastidiosa nei confronti d’interessi economici e di potere. E come me chissà quanti altri, in chissà quanti contesti differenti, di questo atteggiamento sono vittime.
Arrivati qui, in questo sfacelo intellettuale, culturale ed etico, vorrei soltanto ricordare che noi, nel nostro paese, ci siamo dati regole democratiche e secondo queste regole siamo tenuti a comportarci. Non ci sta bene Berlusconi? Perfetto: votiamo per qualcun altro. Certo, il problema del qualcun altro esiste: chi sta dalla parte teoricamente opposta dello schieramento, in quel territorio senza confini definiti chiamato “sinistra”, non ha nulla di concreto da offrire se non un generico e oltremodo semplicistico “mandiamo via Berlusconi”, il tutto senza dirci con chi lo sostituiranno e che diavolo faranno di diverso da lui. Litigiosi come sono, vuoti di idee, privi di cultura tecnica, fondamentalmente vecchi, la prospettiva è di uscire da una dolorosa padella per cascare in un’ancor più scottante brace del detto popolare.
Forse persino più allarmante è il fenomeno che fa capo ad Antonio Di Pietro, l’ondivago aspirante capopopolo in slalom continuo attraverso i pali delle sue stesse esternazioni, e ai poveri creduloni che non sanno di seguirlo, impacchettati sapientemente come sono in patetiche liste civiche.
Dunque, se volessimo davvero implementare il modello politico vagheggiato da costoro, temo non basterebbero tutte le riproduzioni del duomo di Milano, della basilica di San Pietro e della torre di Pisa per esprimere un giudizio nei riguardi della loro qualità.