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i non cancri di Brescia

Mai titolo di un libro: “L’ Italia sotto i rifiuti”, di Marino Ruzzenenti è stato più profetico: il libro uscì nel 2004 e dopo 4 anni il nostro povero paese è diventata lo zimbello di tutto il mondo per le note vicende campane. Stiamo assistendo  ad un traffico di “monnezza senza pace”  che per terra, per mare e chissà  (forse con qualche volo speciale) anche per aria, viaggia in Italia e non solo ed ovunque sia scaricata provoca proteste, disordini, tafferugli.  Credo che se un economista facesse qualche conto scoprirebbe che tutta questa ”monnezza” ci

viene ormai a costare molto di più dei prodotti da cui è stata originata, senza contare i danni alla salute per l’inquinamento proveniente dal suo sversamento illecito, dalla sua combustione, dalle sue contestate trasferte. Come se non bastasse l’esportazione dei nostri prodotti vacilla e forse diventeremo punto di attrazione solo per i turisti masochisti o assetati di horror.  Oltre 14 anni di gestione in regime emergenziale in Campania non hanno risolto assolutamente nulla: la raccolta differenziata a Napoli è calata ( dati APAT) dal quasi 10% nel 2003 al 7% nel 2005 ed  anzi,  si è aggravato sempre più un problema che non ha assolutamente nulla di “emergenziale” perché in tutti i paesi del mondo si producono rifiuti. Le direttive dell’ UE (Direttive 75/442/CEE e successive modificazioni, 2000/76/CE  e 2001/77/CE)  hanno fissato una chiara gerarchia dei trattamenti per il loro smaltimento: riduzione, riciclo, riuso, e solo per la quota residua recupero energetico e non solo tramite  incenerimento. E’ ormai ampiamente dimostrato su milioni di cittadini che la semplice adozione del sistema porta a porta ottempera, da solo, ai più importanti obiettivi suddetti: minore produzione di rifiuti pro-capite (mediamente – 20%) in ossequio al primo criterio di prevenzione alla produzione di rifiuti, maggiori rese di raccolta differenziata (fino al +75-80%), in ossequio ai criteri di massimo recupero di materia e di minimo smaltimento; tale metodo  si è rivelato inoltre economicamente più vantaggioso, specie per i comuni più popolosi (mediamente  – 15%). Lo splendido esempio di Forlimpopoli è sotto gli occhi di tutti. Come trattare poi ciò che residua (20-30%) dalla raccolta differenziata?  Quanto andiamo da anni dicendo circa i trattamenti a basse temperature sta scritto negli stessi  documenti governativi!  Il Rapporto Rifiuti APAT 2006 recita infatti: ”Il trattamento meccanico biologico ha assunto, negli anni, un ruolo sempre più determinante, contribuendo ad una gestione più corretta del rifiuto residuo dalla raccolta differenziata, sia ai fini dello smaltimento finale, sia per la possibilità di impiegare la frazione organica stabilizzata (FOS) prodotta, nella copertura di discariche o in attività paesaggistiche di ripristino ambientale. Una progressiva crescita del settore del trattamento biologico, è, infatti, essenziale ai fini del raggiungimento degli obiettivi della riduzione del conferimento in discarica dei rifiuti biodegradabili [……] Il numero di impianti censiti passa da 116 (di cui in attività 93) a 128 (di cui 109 in esercizio)”.  E’ interessante notare che, pur se la quota conferita a tali impianti è in aumento, essi sono ancora ampiamente sottoutilizzati ( per i 2/3 della loro potenzialità a livello nazionale). Altrettanto si può dire anche degli impianti di compostaggio, ovvero degli impianti che prevedono il recupero della frazione organica per fare un compost di qualità; in Italia, sempre secondo i dati APAT 2006, essi sono utilizzati per circa 1/3 della loro potenzialità. Come si spiega tutto questo clamore e questa ennesima vergogna all’ italiana? In questo anche noi ci sentiamo -purtroppo- po’ profeti: quando, già diversi anni fa, ci focalizzammo sul problema rifiuti ed individuammo nella anomala, perversa, illegittima equiparazione dei rifiuti a fonte rinnovabile di energia, il movente primo del piano scellerato che si andava attuando in Italia. La campagna mediatica di queste settimane che individua nella carenza di “termovalorizzatori” le ragioni della crisi campana ha  chiarito anche ai più sprovveduti che  la crisi napoletana è del tutto strumentale per fare passare nel nostro paese l’incenerimento come metodo prioritario per la soluzione del problema rifiuti, capovolgendo ciò che l’ UE raccomanda, a tutto danno dei cittadini, della salute e dell’ambiente. A questo proposito è davvero un peccato che accanto al negativo esempio della Campania con gli eccessi di diossine nelle  greggi e non solo, non si parli altrettanto di quanto succede a Brescia, sede di un inceneritore da 800.000 ton/anno, di norma additato come modello da seguire. Le cose stanno davvero così?  Del tutto recentemente a Brescia nel latte di aziende dei dintorni della città si è scoperta una presenza di diossine fuori norma: danni economici e di immagine nonché, ovviamente, rischi per la salute. A Brescia si nota inoltre un’elevatissima incidenza di tumori al fegato -in  inquietante analogia con la Campania-  anche se il locale  Registro Tumori è sollecito nel  rassicurare  sostenendo, senza dati verificabili, che ciò è imputabile all’eccesso di epatiti e di consumi di alcool (Giornale di Brescia, 10 novembre 2007). Peccato che l’ing. Renzo Capra, presidente di Asm, faccia parte del Comitato scientifico del Registro Tumori dell’Asl, di cui è anche finanziatore. Inoltre il megaimpianto di Brescia ( 800.000 tonnellate/anno ) ha una potenza pari ad un decimo di una normale centrale turbogas; il costo impiantistico per MW installato è 5-6 volte quello di una centrale turbogas; la resa è di circa 20% del potere calorifico presente nei rifiuti contro un 55% di una centrale turbogas; la poca energia ricavata è annullata dallo spreco di altri materiali preziosi (5-6 mila tonnellate di ferro; 6 mila tonnellate di alluminio; centinaia di tonnellate di rame, ogni anno nelle ceneri, nel caso di Brescia). Per enfatizzare i risultati Asm dà i numeri in chilowattora (570 milioni), facendo finta di non sapere che l’unità di misura, fuori dal domicilio privato, è il gigawattora (milioni di KWh) o il terawattora (miliardi di KWh). Si sostiene che vengono risparmiate 470 mila tonnellate l’anno di emissioni di CO2. ma non si dice che il confronto viene fatto con la discarica e non con il riciclaggio, che consente risparmi di emissioni di CO2 tre volte superiori. Ma ancora, a Brescia si “finge” di fare la raccolta differenziata: ma  questa viene annullata dal continuo aumento della produzione dei rifiuti;  in 10 anni, da quando funziona l’inceneritore, il rifiuto indifferenziato da smaltire è sempre rimasto pari a 1,1 Kg/giorno/pro capite, 5-6 volte superiore a quello indifferenziato dove si fa la RD “porta a porta” con tariffa puntuale (es. Consorzio Priula Treviso). Credo che sia ormai chiaro per tutti che una seria raccolta differenziata col metodo porta a porta è inconciliabile con l’ esistenza di un “termovalorizzatore” che per sua stessa natura deve bruciare di tutto e di più ed anzi, tanto più brucia tanto più fa guadagnare al proprio gestore. Non sembri una eresia, ma  lo smaltimento dei rifiuti,  che al momento appare come un problema gigantesco, è, fra tutti i problemi del nostro tempo, il più semplice e rapido da risolvere, nonché quello che immediatamente arrecherebbe vantaggi economici, occupazionali e non da ultimo anche sociali, se solo, finalmente, amministratori e politici si decidessero ad ascoltare i medici, i cittadini, i comitati, chi, senza alcun conflitto di interesse e solo per passione civile, prosegue in questo  impegno. Forse bisogna davvero toccare il fondo come abbiamo toccato per capire che si può uscire dal tunnel,  dimostrare che l’ingegno, la fantasia, la volontà degli italiani sono in grado di fare diventare quello che sembra un flagello una grande opportunità di lavoro e di innovazione. Non vorremmo però che l’assordante silenzio delle istituzioni alle nostre proposte  consolidasse il dubbio che le soluzioni da noi indicate hanno imperdonabili difetti: sono  troppo semplici  e soprattutto troppo poco dispendiose.Al punto in cui siamo è davvero una supplica quella che facciamo: per favore ascoltateci,!Riempire l’ Italia di inceneritori non risolverà i problemi, ma li aumenterà e,  come ha scritto di recente il Prof. Alberto Lucarelli, Ordinario di Diritto Pubblico all’ Università Federico II di Napoli, ci fa guardare all’ indietro, all’ età del fuoco, e non avanti. 

Dott.ssa  Patrizia Gentilini

14 gennaio 2008