Premessa
Provo a fare un po' il punto della situazione “ambientalista” e non solo, attuale, partendo dal più importante e prestigioso rapporto italiano in questo campo.
A cura di Duccio Bianchi e Stefano Diafani, per conto di Ambiente Italia, Istituto di Ricerche di Legambiente, è uscito in questi giorni Ambiente Italia 2009, che si sviluppa su due temi:
Cosa succederà all’ambiente negli anni della grande recessione?
I rifiuti saranno la metafora delle politiche ambientali italiane?
Attorno a questi due temi gli autori intendono tracciare la strada per un new deal ecologico.
Il termine new deal ecologico è attualmente in voga per declinare “all’italiana” la Green economy, in linea con il “genio sinistro” veltroniano, ignaro del fatto che fu proprio una delle prime mosse del “new deal” rooseveltiano, la chiusura protezionistica USA, nel 1933, che diede il colpo di grazia all’economia mondiale che si sarebbe risollevata, almeno negli USA solo con il riarmo, la nascita del complesso militare-industriale, ed una guerra mondiale da molte decine di milioni di morti; così è, ma i “geni sinistri”, con la loro retorica, sono dispensati dall’obbligo della conoscenza storica.
Il new deal ecologico, secondo gli Ambientalisti legambientini, parte proprio dalla valorizzazione e la buona gestione dei rifiuti.
I rifiuti di Napoli ci hanno mostrato, dicono gli Ambientalisti di Legambiente, la via che porta al disastro.
“In questo rapporto viene illustrata l’altra direzione, quella delle iniziative virtuose che a partire dai rifiuti hanno costruito un bel pezzo dell’economia italiana.
Innovazione tecnologica e di design, riciclo industriale degli scarti dell’industria manifatturiera, produzione di compost e biogas, valorizzazione energetica nei termovalorizzatori o in cementifici e centrali termoelettriche. Dagli Stati Uniti alla Germania, questa è la strada che viene imboccata dalle leadership mondiali per contrastare la recessione.
I 100 indicatori ci raccontano come arriva l’Italia a questo appuntamento: con tanti segni di un inquietante declino, ma anche con la presenza di molte eccellenze e opportunità su cui scommettere.”
Gli Altri
Quasi in contemporanea con queste considerazioni degli ambientalisti “egemoni” sono usciti in rete resoconti ed alcuni commenti sulla riunione di Napoli di fine febbraio, della rete internazionale “Rifiuti Zero”, da cui deduco una certa varietà di posizioni e di idee.
Non avrei molto da aggiungere, nel merito, al puntuale resoconto di Fabrizio Bertini, dal quale si ricava la cultura “ambientale” di alcuni partecipanti “esteri”, con le opportune osservazioni di Adriana Pagliai, riferite all’equivoco della raccolta differenziata ed al rischio di appiattimento impiantistico tecnologico del discorso, se non notassi la tenace presenza di alcuni “e(o)rrori ambientalisti” tenacemente presenti in alcuni dei ragionamenti riferiti, ed in linea con l'ambientalismo ortodosso ed egemone di Legambiente, provo ad elencargli:
– la illusione del catastrofismo, utile, profittevole e retto da vaghe idee “scientifiche governative”, tale è la mistificazione climatica, o le varie forme old e/o neo malthusiane (tipo il “picco petrolifero” che ha giustificato ideologicamente il petrolio a 140$ al barile con almeno 100$ di pura e semplice speculazione finanziaria), ideologia consolatoria, di comodo ( e completamente inoffensiva, nella pratica politica) sposata e fatta propria da tanti “rivoluzionari sconfitti e falliti”, quasi sempre “sinistri” (ex o, addirittura, ancora tali), il catastrofismo, per gli “ambientalisti” si declina in varie forme, nei termini “massimalisti” per chi vede futuri “socialisti”, “comunisti”, “comunitaristi” o altri terreni paradisi, spuntare fuori magicamente dalla catastrofe ( confondendo la propria inconsapevole fede religiosa con ideologie politiche o tecnicalità alternative); come nei termini minimalisti, ben più concreti, della gestione dell'esistente nei termini di servizio e collaborazione, più o meno ben pagata (molti lavorano “a gratis”) con gli inquinatori più intelligenti che curano, anche così, la propria immagine: basta introdurre qualche risparmio energetico, qualche “migliore tecnologia disponibile” ( a costi non eccessivi) e siamo a posto, questo vale per le ex-municipalizzate che gestiscono esemplari termovalorizzatori. cosi utili a trarre utile energia “dal residuo”, in un corretto “ciclo integrato dei rifiuti”, come ci insegna Legambiente, o anche per ben più importanti Società multinazionali, candidatesi alla salvezza del Pianeta, direttamente, o tramite i loro “Comitati di affari” governativi;
– assai facile risulta poi passare da un campo all'altro (normalmente dal massimalismo al minimalismo. magari anche per quota parte), del resto è quello che è accaduto per la più prestigiosa Associazione Ambientalista italiana: da Comunisti a Ecolocrati (= coloro che vogliono gestire le nocività e non eliminarle), a dimostrazione che la distanza tra i due campi è molto più breve di quanto si pensi;
– per questo, personalmente ritengo rovinoso aderire “hic et nunc” (non come è nato ma come è diventato) all'ambientalismo, come ideologia, ritengo anzi, questo pensiero, quando sia strutturato ed operativo, adesso, ripeto, il più delle volte controproducente, se non disastroso, per il contrasto alle nocività (modesto e marginale argomento, dal punto di vista ambientale ortodosso, di cui mi occupo da diverso tempo); e la sua forma catastrofista essere particolarmente pericolosa e controproducente;
– esemplari sono adesso le risoluzioni di queste catastrofi fittizie, quella “climatica” in primis (o di ben più concrete crisi economiche), mediante la Green Economy, in linea con abbronzati presidenti USA: molti illusi penseranno al solare, all'idrogeno o al risparmio energetico, ma si ritroveranno concreti termovalorizzatori e centrali a biomasse, veri monumenti ed emblemi dell'ambientalismo ortodosso ed egemone, come citato in premessa, o anche a proposte di centrali nucleari “di terza o quarta generazione” indispensabili a combattere gli inquinanti “nocivi” ( la CO2), connessi alla produzione di energia;
– niente paura: la Green Economy non sarà forse l'indispensabile supporto (orpello) ideologico per coprire la prossima ripresa economica (bolla finanziaria ), sempre che il sistema economico, e non solo, nel frattempo, regga?
– o in realtà questa shock economy (sotto le spoglie ambientaliste) prepara svolte politiche assolutamente reazionarie, così come ci ha insegnato Naomi Klein?
– nel concreto dalla lettura dei documenti della rete internazionale “Rifiuti Zero”, così ben infarcita di ambientalisti ortodossi, risulta un punto emblematico dell' inquinamento culturale dell'ambientalismo: il mettere insieme, allo stesso pari incenerimento e discarica;
– mettere insieme incenerimento e discarica è un'autentica sciocchezza dal punto di vista tecnico, un paragone pericoloso e fuorviante; esisterà sempre, anche dopo il miglior sistema virtuoso di gestione delle merci, un residuo più o meno piccolo, che è poi la concreta traccia della nostra società (ricordo di un incontro, molti anni fa, con Ivan Illic dove lui si diceva, giustamente, contrario all'occultamento dei nostri rifiuti), a proposito, come non pensare alle campagne estetico-moralistiche tipo “ripuliamo il mondo”, che hanno come risultato concreto quello di spostare plastiche e metalli pesanti da spiagge, boschi, rive di fiumi o giardini, al nostro piatto, dentro il nostro sangue, nel latte che diamo ai nostri figli;
– così è l'emblematica assurdità dell'incenerimento, che rappresenta il massimo dell'accettazione, culturale, prima che politica, dell'ideologia del “danno inevitabile”, che Barry Commoner ci ricordava essere “un ritorno all'atteggiamento del Medioevo di fronte alla malattia, quando questa – e con essa la morte – era considerata uno scotto inevitabile, un debito da pagare a causa del peccato originale” … e che è stato .. “ rielaborato in forma più moderna: un certo livello di inquinamento e un certo rischio per la salute sono il prezzo inevitabile da pagare per i vantaggi materiali offerti dalla tecnologia avanzata”;
– così è altrettanto emblematica l' accettazione, sempre culturale, prima che politica, da parte degli “amici del popolo e/o dell'ambiente”, nella loro veste di partiti politici “ecologici, verdi, sinistri, arcobaleni, comunisti, comunistissimi ecc. ecc.”, in questa mia Toscana “felix e ferox”, ma soprattutto stupida, di tanti vecchi e nuovi termovalorizzatori “residuali”, a rincalzo e rinforzo dei tradizionali farabutti “by partisan” dell'affarismo politico;
– onesti illusi ed utili idioti che si ritrovano essere il supporto ad un regime in evidente fase di sfascio e che troverà, anche a causa di queste palesi inadeguatezze, culturali prima che politiche, la risoluzione delle sue crisi (economiche, sociali, sanitarie ed ecologiche) in una reazione fatta di xenofobia, chiusure culturali, manipolazioni informative ed impoverimento generalizzato, vantato, quest’ultimo, come moralismo pauperistico (magari anche con copertura “ambientalista” di virtuosa decrescita);
– non dimentichiamo infine che ogni inceneritore ha sempre bisogno della sua discarica di servizio, così come ogni robusta maggioranza politica ha bisogno della sua opposizione di comodo, entrambe per smaltire i rifiuti da loro prodotti, ovviamente col supporto tecnico di “scienziati governativi” (dall’IPCC ad Umberto Veronesi).
Questi punti vorrebbero essere spunti per un'analisi politica, forse culturale, forse utile, ma allo stesso tempo difficile, ne sono ben consapevole, in un ambiente infarcito di facili conformismi, semplificazioni tecniche ed (in)utilissime ideologie consolatorie.
Affrontate la recessione economica, fatto concretamente reale, che comporterà gravissime tensioni sociali e politiche, con lo schema prefabbricato della Green Economy, non solo mi sembra del tutto inadeguato, ma assolutamente fuorviante, dal punto di vista delle priorità reali: roba da onesti illusi, sul piano politico, ed utili idioti, sul piano economico, tralascio qui i ben noti farabutti.
Soluzioni miracolistiche e globali, attualmente, non esistono, già mantenersi vigili ed indirizzare il discorso sui binari concreti del contrasto alle nocività, senza l’obbligo del profitto, ma con l’obbligo del non causare , o almeno ridurre, il danno, mi sembra possa essere almeno una sicura base di partenza.
salute
michelangiolo bolognini