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Fidarsi delle istituzioni

Pubblicato su Biolcalenda di Luglio/Agosto 2012

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Non che l’erba del vicino verdeggi più di tanto, ma il nostro paese assomiglia ogni giorno di più alle cosiddette “carrette del mare”. I nocchieri della nostra nave in gran tempesta mettono toppe per turare le falle, ma, a formarsi, le falle sono più rapide di loro e, al di là di ogni patriottica ipocrisia,

non è poi così raro che i buchi che imbarcano più acqua li faccia proprio chi dovrebbe, invece, ripararli. Un atteggiamento che l’equipaggio pare condividere, poi, è quello di gridare a gran voce che delle istituzioni, noi cittadini, cioè i passeggeri paganti, dobbiamo fidarci.

 

Un attimo: fidarsi delle istituzioni non è un dovere al quale ci si deve assoggettare ma un diritto, e le due cose fanno una bella differenza. Ristabilito l’ovvio principio, sono le istituzioni che hanno il dovere di essere degne di fede, altrimenti si cade nella truffa di stato.

Ma come facciamo a fidarci di uno stato che, per esempio, non paga i debiti contratti nei confronti dei cittadini fornitori ma poi pretende che questi paghino le tasse, peraltro oltre il limite della sostenibilità, come se quei quattrini li avessero incassati?

E – a mio parere ancora peggio – come facciamo a fidarci dell’ente che, primo fra i tanti che manteniamo per fare in pratica la stesa cosa, dovrebbe controllare lo stato di salubrità (o il suo opposto) dell’ambiente? Parlo dell’ARPA, un ente pletorico che si occupa più di “tranquillizzare” la gente che non di proteggerne la salute. Esempi al proposito ce ne sono da riempire almeno decine di pagine come questa. L’ARPAM, dove la M finale sta per Marche, ospita nella sua sede di Pesaro il microscopio elettronico che fu sottratto al laboratorio che dirigo e che, nelle intenzioni marchigiane, doveva studiare i manufatti contenenti amianto (https://www.stefanomontanari.net/sito/images/pdf/grillo_microscopio.pdf). Occorre dire, poi, per chiarezza, che il microscopio è quasi fermo da un anno dopo che lo era stato per un anno e mezzo all’Università di Urbino, prima destinataria della sottrazione. Questo al di là della stravaganza insita nel pretendere di servirsi di un apparecchio (mai pagato) non proprio adatto a quell’impiego e del fatto tecnico che, per lo scopo, sarebbe stato ben più indicato uno strumento diverso e meno costoso. E questo oltre, naturalmente, alla discutibile moralità di sottrarlo a ricerche incomparabilmente più importanti come quelle, ad esempio, sul cancro e le malformazioni fetali da inquinamento. Passando all’ARPA nella versione lombarda, questa, stando al tutt’altro che rivoluzionario Corriere della Sera, tarocca sistematicamente i dati relativi all’inquinamento da polveri sottili (articolo di Gianni Santucci del 1° marzo 2010). E l’ARPA veneta che mente fino all’ingenuità pretendendo un’impossibile assenza di diossine conseguenti al rogo della fabbrica DeLonghi di Treviso? O la sorella emiliana che non si accorgeva che a Bando di Argenta la centrale cosiddetta a biomasse bruciava di tutto? O, per restare in regione, che dire dei funzionari ARPA di Parma finiti nei guai giudiziari per controlli “benevoli” presso qualche azienda generosa? E i numerosissimi silenzi come, ad esempio, quelli sui mancati interventi a Torino per l’inquinamento da cromo esavalente denunciati a ripetizione dal compianto dott. Roberto Topino? Ma basterebbe essere un po’ esperti di ambiente per accorgersi delle enormità che non di rado vengono partorite da questo ente che Vincenzo Pepe, già presidente del Consorzio dei rifiuti a Caserta, in un’intervista su L’Espresso del 29 novembre 2007 definì “carrozzoni politici, senza alcuna indipendenza scientifica”. E aggiunse che “pubblicare dati negativi turberebbe il consenso politico, e il direttore di turno perderebbe la poltrona”. Sull’argomento mi fermo qui un po’ per motivi di spazio e molto per carità di patria.

Anche la Magistratura, oltre all’ARPA, ci mette del suo ad aprire qualche falla. Sempre più comitati di cittadini mandano esposti e denuncie relative a fenomeni d’inquinamento del tutto trascurati dalle autorità e spesso ben oltre i confini delle leggi che, peraltro, sono di manica molto larga verso chi inquina. Oggi, poi, c’è il boom delle centrali a biomasse, inceneritori a tutti gli effetti che non solo devastano aria ed acqua ma incidono pure molto negativamente sull’agricoltura. Nella soverchiante maggioranza dei casi, con eccezioni davvero rarissime, tutte le proteste vengono disinvoltamente e distrattamente archiviate dai magistrati. Però le archiviazioni esistono anche ad altri livelli. Chi ha voglia di rivolgere un po’ d’attenzione ad un caso tipicamente italiano, potrebbe informarsi sul processo penale contro l’ENEL finito nel nulla senza che nessuno ne sapesse niente. Nessuno, mia moglie e me compresi, consulenti del pubblico ministero che, a dir poco a sorpresa, quell’archiviazione chiese. Molto in breve, noi, a richiesta di quello stesso magistrato, dimostrammo che l’inquinamento prodotto dalla centrale elettrica ad oli pesanti di Polesine Camerini (Rovigo) era responsabile dell’induzione di malattie nella popolazione. Naturalmente l’imputato ENEL avrebbe potuto organizzarsi per dimostrare in sede di tribunale che noi sbagliavamo. Ma non ce ne fu bisogno. A nostra totale insaputa, il pubblico ministero si prese due consulenti perfettamente estranei all’argomento che noi trattiamo e questi misero insieme le giustificazioni cercate per archiviare il procedimento. Leggendo le argomentazioni dei due “periti” – e le virgolette sono d’obbligo – c’è di che restare esterrefatti. Tanto per non citare che un punto, le nostre analisi vengono pesantemente criticate  sulla base di passaggi di laboratorio che semplicemente non esistono. Ma tutto il documento, di cui noi venimmo a sapere per puro caso moltissimo tempo dopo e senza che ci si desse modo di mettere nell’angolo chi si esprimeva su argomenti che evidentemente ignorava, è una collezione di assurdità. Nessuna accusa a nessuno ma due domande sì: perché si è proceduto senza consultarci? Perché si sono scelti periti così palesemente privi di qualunque competenza nel campo? Chi voglia saperne di più può leggersi https://www.stefanomontanari.net/sito/images/pdf/archiviazione_rovigo_processo_enel.pdf ed, eventualmente, meditare.

E meditino anche i nocchieri.

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1 Comment
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dimitri
12 anni fa

Aggiungo l’ARPAT
Aggiungo l’ARPAT, che per risolvere i problemi di inquinamento da traffico veicolare in provincia di Pisa ha dismesso le centraline di rilevazione proprio nei punti più critici. Occhio non vede, cuore non duole.

RISPOSTA

Accade dovunque, anche a Modena di cui respiro l’aria controllata dall’ARPA locale. Quando qualcuno si deciderà finalmente a chiudere quel baraccone sarà sempre tardi.