Leggo in un importante quotidiano la notizia che alcune femministe inglesi hanno commentato l’aumento del numero di aborti praticati nel Regno Unito come segno di emancipazione ed evoluzione delle donne. E’ veramente bizzarro considerare un errore nell’uso di metodi contraccettivi, o peggio il non uso di questi, da parte di persone che evidentemente non desiderano procreare, come segnale di evoluzione femminile. Mi sembra evidente, invece, che un minore ricorso alla pratica abortiva sarebbe il segnale di una più diffusa cultura contraccettiva (che oggi ha nel suo arsenale anche la pillola del giorno dopo), per evitare responsabilmente e facilmente quello che è pur sempre un intervento invasivo, psicologicamente pesante, e comunque a spese della collettività. Sono favorevolissimo all’aborto, in strutture pubbliche, e che la decisione sia presa solo dalla donna, e che non le si debba addossare alcun senso di colpa, ma utilizzare l’aborto come metodo contraccettivo non è segno di alcuna emancipazione. Anche perché l’emancipazione non è una cosa che si vede solo in una sfera della vita individuale, questo fenomeno si estende a tutte le altri manifestazioni della vita interpersonale e sociale.Pure il divorzio, che oggi viene richiesto in maggioranza da donne, e sembra anche esso un fattore di emancipazione, è al contrario un fallimento delle proprie capacità di valutazione dell’altro, nella più benevola delle ipotesi. Spesso il matrimonio è scelto freddamente per convenienze economiche o per avere figli. Anche in questo caso il vero fattore di emancipazione non è quello di divorziare di più, ma di sposarsi meno o non sposarsi affatto, visto che la molla principale che spinge le persone verso il matrimonio non è quasi mai affinità profonda, ma un determinismo biologico e ormonale per la riproduzione che viene definito amore.Le file davanti alle cliniche dei chirurghi plastici e la entusiastica adesione alla dittatura della moda non mi sembrano fatti che liberino le donne dal secolare archetipo che le vuole OGGETTO di desiderio e perciò belle ed eleganti a tutti i costi,e qui il fenomeno è così diffuso e visibile che anche il femminismo più settario se ne deve accorgere.Non pare un segnale di emancipazione la facilità con cui molte donne ricorrono alla prostituzione, e non parlo di quella indotta dalla miseria materiale e culturale, ma da quella di studentesse di famose università inglesi e di casalinghe che si offrono su Internet per pagarsi tasse universitarie e capricci di abbigliamento. Resta il fatto che la più immonda forma di prostituzione è quella di sposarsi per interesse economico.Vedo anche le chiese, che storicamente hanno rappresentato le culture della infelicità e della oppressione delle donne, piene di donne, malgrado il Vaticano pratichi una pesante ingerenza sulle leggi che forze progressiste e femminili avevano faticosamente conquistato.Francamente, allargando un po’ lo sguardo, lo schema femminista della contrapposizione donna-uomo mi sembra sorpassato.Noi tutti oggi, uomini e donne, siamo sottoposti al PENSIERO UNICO e alla prassi quotidiana in cui tutti sono in competizione contro tutti, competizione che vede sempre un unico vincitore, il profitto delle forze capitaliste che sono l’unico superpotere che possiede i mezzi per fabbricare gli oggetti di consumo e anche quelli mediatici per fabbricare i consumatori.La vera cifra del nostro tempo è la globalità della corsa a produrre e consumare, a testa bassa, senza ascoltare la scienza che ci dice, senza se e senza ma, che questo sviluppo non è sostenibile dal nostro fragile e sovrappopolato ecosistema. Possiamo più utilmente e saggiamente, superando lo schema uomo-donna, dividere le persone in due grandi categorie: quelle che collaborano a questo sviluppo distruttivo e irrazionale e vogliono godere della fetta di consumi più ampia possibile e coloro che comprendono che questo “sviluppo” è un suicidio,e lo stato dei rapporti sociali è pieno di precarietà, discriminazione, violenza, e bisogna fermarlo a cominciare da se stessi non consumando e non collaborando.La razionalità, il sapere scientifico, la lungimiranza, il rispetto per l’ambiente, la equità sociale, la PACE, sono oggi in frontale rotta di collisione con quei barbari primitivi che negano i danni fatti all’ambiente, continuano a fare guerre per bruciare più petrolio, si oppongono a qualsiasi contenimento delle nascite.Sarebbe ora di schierarsi dall’una o dall’altra parte, riconoscersi tra noi, organizzarci e decidere il “che fare”.