Fino a che la disgrazia, il dolore, non ci toccano, pensiamo ad altro. A noi quelle cose non succedono.
Una cinquantina d’anni fa un musicista e poeta americano chiamato Phil Ochs scrisse una canzone che forse pochi conoscono e che a me è rimasta sotto la pelle come un ammonimento. “There
but for Fortune”: è solo per fortuna. Se noi non siamo ammalati, se non abbiamo avuto la debolezza di cadere nell’inferno dell’alcool e della droga, se non siamo costretti a cercare nei cassonetti dell’immondizia per mangiare qualcosa, se non dormiamo sotto la pioggia, se siamo capitati a nascere in una famiglia per bene, se non siamo nati e vissuti in tempo e zona di guerra, se non siamo mai stati toccati da torture, pensateci: non è merito nostro. Pensateci: è solo per caso.
Che cosa c’è nella testa e nel cuore di chi il caso ha scelto, meglio: ha colpito, per un destino diverso è impossibile da indovinare. Noi? La sola cosa saggia è quella di non condannare dall’alto della fortuna.
Qualche anno fa, timidamente e per interposta persona per non ledere la mia presunta sensibilità, io fui avvicinato da lontano da Mimmo Critelli, una di quelle persone che la fortuna non l’hanno avuta: un ergastolano. Un uomo che stava pagando ad un prezzo carissimo forse per colpe non sue. Forse qualcuna. Forse non tutte. Forse nessuna.
Mimmo era chiuso da tempo immemorabile con lucchetti e catenacci in una stanzetta con le inferriate a Voghera e a me non disse nulla del perché.
Chi pensa che Mimmo mi avesse cercato per succhiare qualcosa da me come fanno in tanti, avrebbe estrapolato, magari, su se stesso e avrebbe sbagliato: Mimmo mi voleva dare qualcosa. E non solo a me, ma a quel mondo che lo aveva rifiutato. Giustamente? Chissà.
Mimmo aveva scritto un libro di poesie e lo aveva intitolato Opera d’Amore. Erano poesie delicatissime, qualcosa che nulla aveva a che vedere con il truce ergastolano dell’iconografia popolar-salottiera. Il libro era stato pubblicato e Mimmo voleva che tutti i guadagni andassero alla ricerca che noi conduciamo perché il turpe ergastolano non sopportava che qualcuno soffrisse. Il microscopio sottratto togliendo anche la speranza a chi schiattava di malattie orrende? Un atto così abominevole non è qualcosa che lui, il galeotto, avrebbe mai commesso. Quella è roba che si può fare solo se il cuore non c’è più o non c’è mai stato.
E, allora, via alle vendite del libro. Copie vendute? Intorno a zero. Zero perché solo chi non ha niente da fare legge poesie. Di un ergastolano, poi…! È per le ricerche di cui pretendiamo strillando i risultati recapitati mentre piagnucoliamo su noi stessi senza muovere un dito? Scusa ma non ho tempo: ripassa un’altra volta. Ora accendo la TV perché c’è Il Grande Fratello e poi vado su Internet e leggo le parole di fuoco non scritte ma firmate da un comico trasformato per uno scherzo della fortuna in maestro di pensiero.
Ora Mimmo è morto. La sorte aveva giocato abbastanza con lui e Mimmo non c’è più. Ora è solo per fortuna che Mimmo non vede più quanto repellente è il mondo.