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caro Bagnasco, la famiglia uccide!

  Dal rapporto Eures-Ansa:

-con un morto ogni due giorni la famiglia italiana uccide più della criminalità organizzata e di quella comune

-non ci sono solo uxoricidi, ma anche figlicidi, genitoricidi, parenticidi.

La famiglia, tanto difesa e tutelata da preti e destra, non sembra essere il paradiso che ci vogliono far credere e la tagliente crudezza delle cifre di questa inchiesta ci porta a ragionare su un terreno vero e non sulle favole rosa. La famiglia tradizionale, patriarcale, legata alla società contadina è morta con l’affermarsi del ciclo economico della industrializzazione dopo la 2° guerra mondiale. L’ingresso massiccio delle donne in tutti i settori produttivi ha reso l’esperienza familiare particolarmente dura, frenetica, con scarso ruolo educativo, senza servizi sociali, con i figli abbandonati alla mamma televisiva,  catapultati dai sogni e dalle illusioni in una realtà spesso insopportabile, che abbiamo visto sfociare, in questi ultimi anni, in un numero enorme di divorzi, separazioni e violenze. Con la fine del ruolo patriarcale preminente dell’uomo, all’interno della famiglia si è scaricato il conflitto sulla parità, sui ruoli, sulla ormai inesistente fedeltà sessuale, sulla decisione di procreare che appare una decisione solo femminile con paternità molto incerta, tutti fattori che generano rancori profondi che prima o dopo sfociano in manifestazioni violente. Se si aggiunge che la cultura consumistica dominante propone modelli di rapporto basati  sulla piena libertà, sulle emozioni, sulla bellezza fisica, sul benessere economico, ai più la famiglia appare come una gabbia castrante e grigia che liquida per sempre la possibilità di godersi la vita. Sono il ciclo economico e la cultura edonista che hanno messo in crisi il matrimonio e la famiglia tradizionale e non c’è un bel niente da fare, perché non è possibile tornare indietro. Si tratta solo di prendere atto che molti rapporti interpersonali duraturi non si vivono più all’interno del matrimonio, che sono una cosa diversa dalla famiglia, ma che vanno tutelati perché avranno un grande sviluppo in futuro. Mi ha dato molto fastidio in questi mesi di dibattito sui Pacs, sui Dico, sui matrimoni omosessuali, che si rivendicasse per i conviventi uno status di famiglia equivalente e molto simile a quella canonica. Da chi giustamente fugge dagli obblighi matrimoniali, e guarda con ribrezzo a tutte quelle convenienze economiche che si perseguono nei divorzi programmati, e vede con orrore i ricatti sulla assegnazione dei figli, sulla assegnazione della casa e tutte le meschine spartizioni possibili, sulle parcelle di avvocati esosi e tendenti a non far finire mai le cause di separazione, si doveva pretendere una presa di distanza anche dai termini, matrimonio e famiglia, e parlare solo di tutela di LIBERE CONVIVENZE. Tutela molto limitata, affinché una libera convivenza si possa sciogliere senza nessuna sanzione o obbligo, ma chi dopo 3 anni di convivenza allo stesso domicilio, decide per un rapporto duraturo, e va a registrarsi in Comune (sia che si tratti di coppie  omo o eterosessuali), deve avere quei diritti elementari in caso di malattia o di morte del convivente, quali il diritto di assistenza e di essere informato sulla salute del convivente ricoverato, il diritto di subentrare nell’affitto della casa, la pensione di reversibilità, l’eredità dei beni. La Chiesa si intromette pesantemente e abusivamente,nonostante le persone  interessate alle tutele dei Dico siano estranee al mondo cattolico, e la libertà religiosa ha un confine preciso: essa deve parlare ai cattolici nelle sedi appropriate che sono le chiese. Se si da dà da fare per organizzare manifestazioni politiche contro un provvedimento che non la riguarda, è un partito politico. Tra l’altro nessuna entità organizzata fa opera di propaganda contro il matrimonio cristiano, che viene lasciato alla libera scelta individuale, e quindi è senza dubbio prevaricatrice e integralista una attività contro una parte della popolazione (molto consistente, me compreso che non sono sposato ma convivo da molti anni), che inevitabilmente genera anticlericalismo e contrapposizioni indecenti per una democrazia laica. Finchè c’era la Democrazia Cristiana la Chiesa è stata in cabina di regia, dietro le quinte, oggi si espone direttamente perché ormai tra i nuovi e vecchi democristiani ci sono divorziati, allegri libertini, personaggi con due o tre famiglie, tutti con tendenze permissive o goderecce. Ma ci sono anche soggetti che invocano il cilicio e l’autopunizione, che accettano i doverosi sacrifici che matrimonio e figli impongono, chi parla di ritorno ai veri valori, chi pensa di cancellare divorzio e aborto, nella strategia di contrapporre un integralismo religioso cattolico alla espansione di un altro integralismo, quello islamico, che appare più serio e coerente nella testimonianza di fede dei suoi seguaci. Sta a noi laici pretendere che la Chiesa non oltrepassi certi limiti, e coloro che sono interessati ai diritti civili delle “libere convivenze” devono mobilitarsi, manifestare e pretendere dai loro partiti di riferimento di legiferare a loro favore, anche a costo di far cadere questo governo ambiguo, zeppo di viscidi pretoni democristiani che fanno il doppio gioco. Ma la autentica motivazione che ha spinto questa imprudente discesa in campo dei vescovi contro i DICO, che non confesserebbero mai, nemmeno sotto tortura, è che la maggior parte delle famiglie sono in bilico, abbandonerebbero volentieri il matrimonio, sono trattenute solo da ragioni economiche per i costi ingenti di una separazione, e se solo ci fosse qualche agevolazione in quel senso, le fragili convinzioni etico-religiose degli italiani si squaglierebbero come neve al sole. I preti se ne facciano una ragione, le persone oggi sono stimolate dal principio del piacere, la loro cultura si forma più sulle Tv commerciali e le riviste di “gossip” che non sul catechismo, anche quando accettano i rituali tradizionali delle costose cerimonie matrimoniali, sono pronti dopo pochi mesi a rinnegare le solenni promesse a Dio e agli uomini.