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Buon Natale, pecorelle di Strongoli!

Alle conferenze di un tempo si sono aggiunti ora i viaggi che faccio quando qualcuno m’invita a presenziare alla proiezione del film Sporchi da Morire, una proiezione alla quale segue di norma un dibattito aperto a tutti.

Ieri sera la cosa si è ripetuta a Strongoli,

un paesino della provincia crotonese che può vantare l’impianto a bio(?)masse più grande d’Europa, illustre anche per sorgere a portata di tiro di un complesso scolastico (asilo, scuola elementare, scuola media) e di abitazioni assortite.

 

Nessuna sorpresa se l’amministrazione locale, notoriamente sensibile ad istanze economiche, è estasiata da questa peculiarità del paese e, dunque, nessuna sorpresa se io rappresento certamente un pericolo, almeno in potenza se non in atto. Così, tanto per mettere le mani avanti, sprovvisti di ogni argomento scientifico o tecnico da opporre, ecco la solita raffica d’ingenue idiozie sparate sul mio conto, esattamente come da prassi.

L’azione preventiva pare (non ne sono sicuro) sia lasciata a tale signora  Caterina Dima, a me perfettamente sconosciuta, che, con l’approvazione entusiasta e preziosa di tale Superciccio, si dà da fare con l’eroismo di chi, per la causa, non teme il ridicolo. Il personaggio va subito ad abbeverarsi su Wikipedia, la pseudoenciclopedia che corre in rete in cui chiunque può democraticamente diventare autore di tutti i lemmi che desidera, sappia o no di che tratti. E un lemma non poteva non essere Stefano Montanari, lemma che contiene informazioni palesemente errate fino al grottesco e che qualcuno di buona volontà (non io perché la sottocultura non m’interessa) cerca da anni di correggere. Il tutto invano, perché le correzioni e le aggiunte (Wikipedia rifiuta addirittura di accogliere la mia bibliografia reale) vengono regolarmente cancellate entro poche ore. Dopotutto una cialtroneria velleitaria come Wikipedia è molto coerente con se stessa. Un’enciclopedia, per chiamarsi tale, riunisce comitati di esperti per ogni argomento, laddove Wikipedia, senza fastidiosi e antidemocratici controlli, apre le porte a qualunque perdigiorno o, meglio, a chiunque abbia interesse ad un’informazione distorta (vedi, ad esempio, le voci sui vaccini oltre, ahimè, a quella che mi riguarda). Insomma, la signora Caterina si accultura lì, naturalmente senza disturbarsi a controllare altrove, e, ça va sans dire, grazie a questa fonte così tipica dell’imbecille contemporaneo, m’infama.

Non contenta, inventa che io mi reco ripetutamente a Strongoli (quella di ieri era la seconda volta nella mia vita) dove opero devastazioni nei confronti di un’amministrazione notoriamente virtuosa come quella locale. Di fatto io non ho mai perso tempo ad occuparmi della questione né ho l’onore di aver mai potuto dibattere di qualunque argomento, men che mai della bio(?)massa, con i politici locali. Ma non importa: l’importante è sparare e, se la figura che ci si rimedia non è proprio luminosa, pazienza. Ma, come testimonia la nostra Caterina, che ci vado a fare io così spesso a Strongoli? Addirittura due volte nella vita! Lei lo sa bene: corro a mendicare una consulenza grassissima a spese del Comune locale, cosa che, naturalmente, non mi sono mai sognato di fare e, anzi, non accetterei mai, se non altro perché temo che non verrei mai pagato. Per qualche amico di Strongoli potrei anche farlo, ma per l’amministrazione Arrighi? Siamo seri!

Oltretutto, restando ai numeri di arte varia della signora Caterina, il personaggio non ha capito niente nemmeno della natura del mio lavoro, convinta com’è che io mi occupi di patologie da diossine. In fondo, se uno scarica fesserie, è meglio che lo faccia fino all’ultimo. A titolo di curiosità aggiungo una delle tante perline della signora sullodata: perché – si chiede la Nostra – Montanari non prende qualche campione dei presunti schifi locali e se lo analizza a spese sue? Giusto, signora Caterina. Nella sua sublime testolina, lei pensa che io possa permettermi di spendere gli oltre 1.000 Euro che a me costa analizzare ogni campione. Vede, signora Caterina, forse è un bene che io non lavori a Strongoli. Lo facessi, potrei rischiare di dare una mano pure a lei e, come qualcuno potrebbe spiegarle, non ne vale la pena.

Ma, sul filone aperto dall’amministrazione Arrighi (Arrighi è lo statista che da un numero imprecisato di legislature guida il paese come sindaco), io ho fatto ancora di peggio. Un altro bizzarro personaggio indigeno di cui mi sfugge il nome svaria un po’: io ce l’ho con Nichi Vendola. Perché? Perché non ho avuto la consulenza sull’Ilva. Ammetto di essere stato colto di sorpresa, perché non ero preparato a stravaganze così vistosamente patologiche degne di una pettegolina di cortile quando non, piuttosto, dell’ospite di un reparto di neuropsichiatria. Quando mai io avrei ambito ad una consulenza del genere resta avvolto nel mistero ma, evidentemente, c’è chi sa di me cose che io stesso ignoro.

E poi, nello zoo di Strongoli, salta fuori tale Giuseppe Corace, uno dei tanti intellettuali di cui il paesino, noto faro di cultura, pullula, che si domanda: chi è questo Montanari? Già, chi sono? A 63 anni (e mezzo, aggiungo io) – incalza il luminare Giuseppe – questo vecchio non ha mai avuto una cattedra universitaria. Verissimo. Magari sarà perché non ho mai lavorato all’università e, dunque, non si vede come avrei potuto avere una cattedra, ma che importa? L’intellettuale Giuseppe sa a che pubblico si rivolge e, per questo, una tenera cretinata come quella è senz’altro smerciabile. Avendo sempre trovato ridicolo l’italiota “lei non sa chi sono io”, non offro informazioni allo scienziato strongolese, certo, comunque, che un piccolo elenco di nanoallori personali non gli aprirebbe spiragli tra gl’intricati neuroni. Se, però, il signor Giuseppe vuole un confronto scientifico come si fa tra “colleghi”, sono pronto a dargli soddisfazione. Ognuno mostrerà le sue ricerche e, volendo, pure la sua letteratura scientifica e il suo curriculum (evitando quello di Wikipedia, sempre che il signor Giuseppe sia così sfortunato da averne uno lì).

Tralasciando tutta la serie di esternazioni di autori vari che richiederebbero un misericordioso trattamento sanitario a spese pubbliche, ieri sera alla proiezione del film erano presenti pure il sindaco locale (il succitato Arrighi) e l’assessore alla cultura(?), quest’ultima senza che si sia palesata in alcun modo (il sindaco, invece, mi era stato presentato). Al momento del dibattito nessuno dei due si è sognato di prendere la parola, se non altro per rendermi noto il loro dissenso su quanto dicevo. Da bravi coniglietti i due se ne sono stati acquattati, per poi, non appena si è chiusa la serata, correre alle tastiere a sparare fango (ho scritto fango e non altro perché è quasi Natale) a mezzo Internet.

Se quelle miserie fossero venute da persone dotate di qualche cultura, di un livello intellettivo anche appena normale e di dignità, mi sarei preoccupato. Ma, vista l’origine, lascio perdere.

Ora, rivolgendomi a voi, cari politici locali (ho scritto politici e non altro sempre per la storia del Natale in arrivo), dovreste sapere che gli uomini non scappano e si esprimono a viso aperto, confrontandosi onestamente e rifuggendo dalla viltà. I mafiosi di basso rango (Mafia da cui voi siete lontanissmi, sia chiaro) si comportano come voi. Capisco che non abbiate argomenti presentabili, che abbiate la cultura di un caprino, l’ardire di un ovino e, magari, che abbiate anche qualche problema se vi si pone davanti a certe questioni imbarazzanti, ma una parolina guardandomi negli occhi invece di spararla da sotto la gonnella di Internet… Dopotutto al dibattito di ieri sera c’era qualcuno di coloro che vi pagano lo stipendio, e una figura un po’ meno avvilente avresto potuto tentarla.

Ma ognuno valuta la propria dignità come crede meglio e voi la vosta valutazione l’avete resa chiara e inequivocabile.

Comunque sia, i deboli mi fanno sempre tenerezza anche se un po’ di schifo ammetto a volte di provarlo. Dunque, politici di Strongoli, proprio per la vostra miseria a voi vada il mio tenero augurio di buon Natale. Speriamo che le palle dell’albero passino tutte dentro la vostra calza dei regali. Vi serviranno. Vi serviranno, magari, quando, chissà, tornerò a Strongoli per la terza volta nella mia vita, quella volta in altra veste, e qualcuno di voi, tremarella o no, dovrà per forza guardarmi in faccia.