02 marzo 2009 GENOVA Pensione rivalutata e aumentata per un lavoratore del San Martino che lavorava come idraulico sempre a contatto con la fibra cancerogena.L’Inpdap gli aveva negato i benefici previdenziali. Per ventidue anni aveva lavorato come idraulico, addentrandosi nelle viscere del San Martino per sistemare tubi e grate, per far funzionare gli impianti del gas e dell’acqua ovvero la linfa che alimenta il principale ospedale della città. L’Inpdap aveva negato il diritto a una pensione più alta per l’esposizione all’amianto ma la Corte dei conti, nei giorni scorsi, ha ribaltato quella decisione e gli ha dato ragione. Di più: quello di F. B. è il primo d’una valanga di casi che la magistratura contabile valuterà nelle prossime settimane, tutte cause inoltrate da ex dipendenti non solo del San Martino ma anche del Galliera e del Padre Antero Micone di Sestri Ponente. Lavoratori che hanno trascorso una vita a ridosso delle corsie (senza essere medico o infermiere) “sporcandosi” le mani nei cunicoli e negli anfratti più reconditi: persone che a gran voce – e in un periodo nel quale il polverone sull’affaire amianto è assai denso – chiedono che il valore del vitalizio sia “riparametrato” considerando proprio il contatto continuo con materiali pericolosi. E quello che si sta materializzando è in qualche modo un filone nuovo, che certifica quanto l’esposizione all’amianto fosse diffusa negli ambienti di lavoro genovesi, aldilà delle inchieste sulle pensioni “sospette” che ha scatenato la bagarre dell’ultimo anno. Per orientarsi nel caso di F. B. (assistito nella sua odissea giudiziaria dall’avvocato Barbara Storace) bisogna tornare al 16 luglio 1979, data dell’assunzione al San Martino, con la qualifica di operaio non specializzato che si trasformerà nel tempo. Per quasi 22 anni – fino al 9 febbraio 2001, giorno del pensionamento – ribadisce di aver operato in ambienti malsani, specificando le sue mansioni: manutenzione degli impianti idraulici e della centrale termica, interventi nelle gallerie di servizio («i cunicoli» come li chiamavano informalmente fra colleghi) e svariate sostituzioni di tubi e strutture obsolete. Il primo tentativo di farsi riconoscere il rialzo della pensione causa-amianto era andato a vuoto, con risposta negativa da parte dell’Inpdap. L’Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti pubblici gli addebitava di non aver prodotto una certificazione Inail che confermasse il rischio. E però la stessa Inail, interpellata dal lavoratore, non aveva dato risposta. F. B. ha scelto infine la strada della Corte dei conti. Che alla fine gli ha dato ragione spianando la strada, con ogni probabilità, a centinaia di suoi colleghi. http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/genova/2009/03/02/1202121532436-amianto-ospedali-giudice-da-ragione-operai.shtml