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Nei sotterranei di Sant’Anna e Regina Margherita
Amianto in ospedale 10 anni per la bonifica perché nessuno paga
TORINO – È da dieci anni che gli ospedali Sant’Anna e Regina Margherita aspettano una bonifica urgente che spazzi via il problema della presenza di amianto al loro interno. Una bonifica che non è mai arrivata perché, a quanto pare, nessuno ha mai stanziato i fondi necessari per farla. E la ragione resta un punto interrogativo. Per questo motivo l’attenzione su questo caso resta alta, nonostante le rassicurazioni siano arrivate dalla stessa azienda ospedaliera. «Eppure non c’è da star troppo tranquilli – dichiara oggi il dottor Roberto Topino, specialista in Medicina del lavoro – perché la bonifica doveva essere fatta tempestivamente». I dati arrivano da un rapporto del centro analisi della Camera di Commercio e risalgono al ‘98. Per l’ospedale Sant’Anna una «bonifica urgente» era stata richiesta nella «coibentazione delle tubazioni» in cui era stato registrato un «elevato potenziale rilascio di fibre» e per cui la «valutazione della condizione dei materiali contenenti amianto era stata definita alta». All’infantile ecco la situazione: era stata richiesta anche qui una «bonifica urgente» nella «coibentazione delle tubazioni» nell’ambito delle misure di sicurezza ed interventi di prevenzione e protezione, per «l’elevato potenziale rilascio di fibre» riscontrato. Così le conclusioni citate nel documento: «l’indagine sistematica condotta presso i presidi ospedalieri S.Anna e Regina Margherita volta ad accertare la presenza di amianto, ha evidenziato finora che tale materiale è presente prevalentemente nei coibenti in matrice cementizia di molte tubazioni». Quindi le misure di intervento nei diversi casi: «Si potrà procedere al restauro e l’eliminazione delle cause e poi attuare il controllo periodico e le opportune procedure per corretta manutenzione, per aree non estese. Viceversa per aree estese effettuare la bonifica». Secondo il medico restano sul caso, tuttavia, ancora perplessità e questioni aperte. Come la presenza nei sotterranei di un secondo tipo di amianto (ugualmente cancerogeno) e lo stato di conservazione dei materiali di amianto che a distanza di dieci anni può essere peggiorato. «Nei sotterranei dell’ospedale Sant’Anna – dichiara Topino – è stato trovato non solo l’amianto crisotilo, che comunque è cancerogeno, ma anche l’amianto amosite. Ebbene: per questi due tipi di amianto presenti, già dieci anni fa il rischio risultava molto alto, soprattutto per l’area del corridoio centrale e il piano seminterrato di collegamento con gli uffici amministrativi e i laboratori, e lo conferma il documento relativo alla valutazione qualitativa e quantitativa del rischio». Sullo stato di conservazione dei materiali di amianto invece il medico spiega: «Secondo i dati il loro stato di conservazione era già precario dieci anni fa, oggi mi chiedo a che punto sia visto che è passato così tanto tempo».«Anche se, come dice l’ospedale, hanno rilevato un numero ridotto di fibre di amianto (tra lo 0,1 e le 6 fibre/litro) che secondo me non è poco perché i rischi per i dipendenti di essere colpiti da un tumore al polmone, al peritoneo o alla pleura esistono – spiega Topino -, va ricordato che il solo monitoraggio ambientale non è un criterio adatto per valutare la dispersione di fibre». Riguardo questo ultimo aspetto, ecco la risposta della direttrice generale dell’Orim Sant’Anna, Maria Renata Ranieri: ««Il numero è molto al di sotto del limite previsto dal decreto ministeriale, sbaglia chi parla di rischio o emergenza».
Liliana Carbone
01/11/2008
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