Non si può più fare finta di nulla. Forse giù a valle, stressati da una vita perennemente in corsa, presi da mille pensieri e problemi, ma soprattutto inconsapevoli di una visione globale, non ce ne accorgiamo. La foto scattata dall'appennino modenese verso valle parla da sola. Ci stiamo ricamando sulla testa un lenzuolo di morte.


Dalle mie parti siamo talmente abituati al cielo “merdoso”, opacizzato, catarattoso, che dopo una bella giornata ventilata, quel tanto che basta (cioè con una certa intensità), guardando verso l'orizzonte i più hanno naturale un'esclamazione: “Dio mio! guarda che bella giornata!”
Vedono uno spettacolo divenuto raro: i veri colori del cielo ed il profilo dell'orizzonte nitido e ben delineato.
E' così. Qui da noi il cielo non è più azzurro, o meglio lo è pochi giorni all'anno. La gente che si trova a valle (La Padania) , immersa in quella sbobba quasi perennemente appoggiata sulle loro teste, non se ne rende conto. Non ha modo di percepirlo, e spesso crede di trovarsi nella nebbia. Ma la nebbia di un tempo non v'è più. E' stato un cambiamento relativamente lento, ma orribile e devastante. Anche gli odori sono scomparsi, per lasciare spazio alle puzze.
Per uno come me, che sale un giorno si e due no da 35 anni, ai 750-800 msm, partendo dai 120-130 di quota di Castelvetro di Modena, è uno spettacolo angosciante. Mortificante. Appunto, devastante.
Alla partenza non mi accorgo di quanto schifo stia respirando, toccando, annusando. Ma appena sali quel tanto che basta per uscire dal lenzuolo di morte che ci siamo ricamati sulla testa, ti rendi conto della realtà. Guardi laggiù dove l'occhio viene bloccato da una massa grigio-olivastra, una sorta di gigantesca spugna che copre tutta la valle, ti rendi conto che oltre, là in mezzo, vi sono uomini e donne che dormono, che lavorano, che si fanno belli. In palestra per ricercare la forma fisica, la salute … bambini che giocano, che piangono … che respirano … persone occupate a gestire la bellezza architettonica di un monumento, oppure impegnati alla difesa dell'arte, della poesia …
Allora tutto pare assurdo e assume i connotati di una nave che galleggia a stento, scivolando, sulla melma putrefatta generata da se stessa, verso l'abisso, mentre i passeggeri riflettono su principi filosofici rubandosi caramelle dalle tasche e facendosi dispettucci. O dichiarando di aver smesso di fumare.
Come per le maree, capita che il lenzuolo di morte si porti  in quota distribuendo più in alto polveri e particelle emesse dalle nostre attività di valle. Quelle attività che fanno reddito e creano il benessere del paese …
Come mi piacerebbe che qualcuno come Dante, potesse descrivere l'inferno che si vede a valle, e qualcun altro, bravo come Benigni, ce lo spiegasse dopo cena.

Stiamo rubando gli odori, i sapori, l'orizzonte e forse la vita (senza forse) ai nostri figli.

P.S. Queste sono alcune tra le centinaia di foto che ho scattato. E' proprio così ragazzi facciamoci coraggio. A coloro che grideranno: “il solito catastrofista”, consiglio di portarsi sulle colline emiliane tra Modena e Bologna con una fotocamera. Lascino che sia lei ad impressionare gli occhi degli increduli. Da alcuni mesi questo spettacolo, con poche varianti (+ compatta, + bassa, + in quota, + distribuita)  lo si può  vedere 8 gioni su 10.