Ve lo devo confessare, anche se so che più di qualcuno mi guarderà storto: a me Berlusconi è simpatico.
Mi spiego. Diamo un’occhiata veloce, magari superficiale, certo tutt’altro che esaustiva, al panorama delle squadre politiche che vanno per la maggiore. Non vorrei parlare di Casini e del socio Cuffaro. Perdonatemi, ma educazione vuole che non mi ci addentri, soprattutto se temo di essere letto da qualche signora.
I sinistri dell’Arcobaleno non mi piacciono per niente. Il verdeggiante Pecoraro si fa i fatti suoi e nulla gli cale delle porcherie che i suoi fedeli combinano qua e là lungo tutto lo Stivale. Bolzano, Verona, Ferrara sono solo tre città che devono una fetta della loro devastazione ecologica presente e futura proprio all’opera di chi di verde si vernicia; ma l’elenco delle disfatte ambientali, con tutto quanto questo comporta, potrebbe riempire più di qualche riga e se i miei lettori daranno un’occhiata a casa loro, credo che in parecchi troveranno materia di meditazione.
E nemmeno Bertinotti mi piace. Da quando finse pubblicamente d’ignorare che i portaborse dei parlamentari sono sottopagati lavorando in nero, gli occhi mi si sono cominciati ad aprire. Le bugie sono antipatiche e l’ipocrisia lo è di più. Tralasciando, poi, i viaggi non proprio da operaio alle festicciole parigine cui pure io ho contribuito con le mie tasse, è stato il ben poco nobile comportamento del probo Fausto in occasione dell’incatenamento di Nando Rossi in Senato a darmi una gomitata nello stomaco. Lì ho capito che i concetti di
democrazia, di equità, di dignità che farciscono i discorsi del rifondatore, in realtà gli sono estranei e sono i copioni d’occasione di chi di mestiere fa politica. Chi, poi, ritornasse con la mente ai tuoni contro l’esercito italiano impegnato nelle cosiddette “missioni di pace” per poi vedere il Nostro fare un ben poco dignitoso dietro front quando la poltrona poteva scottare sotto il proletario sedere, ecco che l’immagine comincia a completarsi.
Balzando alla macedonia PD, basta dare non chiudere gli occhi dinnanzi alle staffe in cui stano i piedi dei dipietristi per accorgersi che farne un censimento potrebbe non essere semplice e veloce. Se restiamo nell’ambito che mi e ci duole particolarmente, quello degl’inceneritori, è impossibile non vedere che la combriccola PD afferma tutto e il contrario di tutto, ed è indubitabile che, ficcandosi nel caldo abbraccio di Veltroni, ogni speranza di spegnere o di non accendere i mille falò che Walter sogna svanisce. Insomma: opportunisti e incoerenti.
E che dire di Walter il Buono in persona? Sotto un’aria da bracchetto gentile si cela un politico di carriera che, se è vero che fuori d’Italia non troverebbe un orecchio disposto ad ascoltarlo, sembra fatto su misura per il nostro concetto di politica: un caso lampante di evoluzione darwiniana influenzata dall’ambiente. Con voce suadente, molto più professionale di quella da macchietta di Prodi (diamo atto a Veltroni che è riuscito a togliercelo dai piedi), spara assurdità che nessuno dotato di un minimo di obiettività, nessuno in grado d’intendere e di volere, nessuno dotato di un poco di cultura tecnica ascolterebbe senza sentirsi insultato. Sia sufficiente leggere, per chi ce la fa senza avere mancamenti, le sue proposte sull’ambiente, condite dalla sua autodefinizione di “ambientalista del sì”, o “ambientalista del ventunesimo secolo” o altre amenità del genere, per avere un microcampionario delle sfaccettature del personaggio. Scienza, buon senso, economia, politica nel senso proprio del termine? Zero. Eppure… Eppure, con promesse fin troppo palesemente impossibili da mantenere, con candidature che gridano vendetta ma che sono il trionfo di quella demagogia che il Nostro sa per annosa esperienza pagare con gl’interessi, con candidature furbette che si sono assicurate il silenzio di chi, rinnegando se stesso (ma in Italia si fa così da sempre) troverà una poltrona certa, contenderà al mio preferito, a Silvio Berlusconi, la guida della nazione.
Venendo al dunque, perché mi è simpatico Silvio? Per la sua onestà. Sì: Berlusconi è onesto. Lui, quello che qualcuno chiama irrispettosamente “Psiconano”, non ha mai fatto mistero di essere un businessman, non si è mai nascosto dietro un dito quando si è tagliato addosso le leggi che gli facevano comodo, calpestando apertamente, senza ipocrisie, ciò che lo intralciava, non si è mai tirato indietro quando l’istinto delle scuole medie lo spingeva a tirar fuori un paio di corna nelle foto di gruppo né a fare avances pubbliche a signore più o meno compiacenti né a dire che i problemi delle donne si risolvono sposando suo figlio. E adesso, da qualche giorno, ha fabbricato un gioiellino, un capolavoro che non merita di essere dimenticato subito come è già avvenuto. Parlo della candidatura di Ciarrapico che sarà pure una camicia nera, ma che non ha mai nascosto i suoi affetti politici. Bene, Silvio è stato cristallino: Ciarrapico è simpatico e ha tanti giornali. Se sta con noi, i giornali suoi diranno bene del PdL, perché i media sono – senza voler fare di ogni erba un fascio, naturalmente – la voce del padrone. Sempre con le dovute eccezioni, i giornalisti sono degli strumenti meccanici, dei megafoni più o meno alfabetizzati per vendere la merce di chi li paga e, come gli antichi pazzarielli napoletani cui s’ispirano, tengono famiglia.
E, procedendo con il ragionamento che Silvio non ha certo l’impudicizia di nascondere, la gente va al voto esattamente come va al supermercato dove compra un detersivo che, benché fabbricato dove si fabbrica il concorrente, di questo lava di gran lunga più bianco, tanto che noi non cambieremmo il nostro fustino con due degli altri. E così per il tonno al mercurio, per gl’imballi che fanno crescere le foreste o per le automobili con cui imbarchi con facilità irrisoria fior di signorine. Silvio sa che le tecniche per vendere se stesso, a dispetto di un curriculum un po’ opinabile se lo si propone per un leader nazionale, sono quelle scientifiche della pubblicità, della psicologia delle masse, cosa che Walter, fastidiosamente furbo, pretende che di farci credere d’ignorare.
Insomma, è vero che, tirando le somme, Silvio o Walter saranno comunque una mazzata per l’Italia, ma, se proprio devo morire, mi uccida Silvio. Almeno schiatteremo ridendo, almeno saremo tutti comparse di un film comico e non di una cerimonia ipocritamente fasulla come quella proposta da Walter.
Forza Silvio, la più divertente delle catastrofi!