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Una morte così viva

UNA MORTE COSI’ VIVA

Ogni mio ricordo

anche quello fantastico

è un lutto.

I miei abiti

sono gli abiti di un morto.

Non pensate che sono pazzo

 

perché vi parlo

di una morte così viva.

Sorrido quando vedo voi

con quanta cura

vi proteggete dal cattivo tempo,

sorrido quando voi con disperazione

cercate strumenti straordinari, costosi

per prolungarvi la vita.

Io corteggio la morte.

Voi che vi fate disegnare

da stilisti un sorriso

per ogni ora

allenandovi poi come meglio farlo

in ogni attimo dopo.

Non concedete neanche l’allegria

vissuta insopportabile

di una festa degli anni passati.

Nell’ascoltarmi o nel leggermi

non siate sorpresi, stupiti,

tutto è semplicità.

Io non sono cattivo, né il Male.

Io sono martire

di una cultura sbagliata.

Il mio desiderio

è quello di penetrare nel cuore amico

nel cuore del Signore, mio Dio.

La mattina il sole mi sveglia

vedo scendere dal cielo

fede, speranza, carità.

Poso gli occhi sulla terra

non vedo fortezza

giustizia, prudenza, temperanza.

Vedo avvolto tutto nella morte.

La riflessione

sempre più improbabile

continua a seguire tutti i discorsi

tutte le storie

per dipingere ancora meglio

questa morte così viva.

A voi che mi amate

non preoccupatevi

se non sono ancora arrivato.

Distraetevi dal sentimento del tempo.

Dal recinto dei muri

impastati di morte

il ritorno sul suolo

dell’aria della vita è lontano.

Ma la speranza che vedo

che scende dal cielo

la mattina quando il sole mi sveglia

è il Signore mio Dio, che mi segue.

Prima del mio loculo mi soffermo

mi giro, guardo il percorso,

vedo più forme di passi,

mi guardo intorno, tutto sorride.

Alzo gli occhi, scendono nuvole

mi avvolgono

elevandosi al cielo

vedo il volto e il corpo dell’uomo che c’è.

Mi annaffia con acqua

non mi bagna.

Sorrido. Sì, sorrido:

sono annaffiato d’amore.

Vivo la vita

con il ragionamento del cuore.

Del cuore che mi commuove.

E sono vivo.

 

 

Lo so: la poesia non vende: non va più di moda. La poesia corrente è la canzoncina di qualche milionario che si duole di questa sporca società di cui, a canzoncina finita, ad applausi, meglio se isterici, incassati, si nutre bulimicamente. La poesia era carne e ora è plastica.

Io Mimmo non l’ho mai visto. Mimmo è un criminale, uno della ‘ndrangheta, uno che ne ha fatte di tutti i colori. Mimmo è finito in galera e in galera marcirà perché è là che i criminali devono finire. Mimmo è stato allontanato con orrore, con giusto orrore, dalla nostra società di giusti. Mimmo è entrato in una cella e ha lasciato ogni speranza come un poeta, un fallito, uno che scappava, scrisse  sette secoli fa nel terzo canto del suo Inferno.

Anche Mimmo è un poeta. È un poeta di carne. La sua.

Da corpo estraneo Mimmo conosce la società dei giusti e la vede con la chiarezza dell’occhio dell’altro poeta, uomo da cui stare alla larga, quello che descrisse in rima l’Inferno ma anche il Paradiso. Per lui la distanza “né pon né leva”, non aggiunge e non toglie nulla: è del tutto indifferente. Anzi, da là dentro, da dove non si uscirà mai, si ha tutto il tempo di elaborare il pensiero e di giudicare. Sì, di giudicare per chi è stato giudicato, perché, se il diritto di condannare è opinabile, quello di giudicare è proprietà inalienabile di chiunque.

Da là dentro Mimmo che ha il privilegio negato a noi giusti di sapere come lascerà questo mondo ci tende una mano. E ce la tende in maniera umile e potente come fanno solo gli Uomini con la maiuscola.

Mimmo è un poeta vero e, da poeta vero, scrive poesie che fanno venire la pelle d’oca. In un libro c’è il suo cuore inchiodato e sereno e quel libro di carne, di chiodi e di serenità Mimmo ce lo regala. Che se ne fa un prigioniero, un prigioniero per sempre, di quattro soldi? Meglio quei quattro soldi farli arrivare fuori, dove il denaro ha qualche significato, e con quel denaro pagare gli avvocati che cercano di raddrizzare un torto perpetrato dai giusti, giusti che non esitano a commettere crimini per i quali non solo non c’è giurisprudenza, ma c’è applauso.

Mimmo, a che varrebbe il mio grazie?

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gbracca
13 anni fa

Una cultura sbagliata
[quote name=”Mimmo”]Io sono martire di una cultura sbagliata.[/quote]

Amara, tardiva e inappellabile constatazione, per questo ancor più dolorosa.
Il desiderio è che queste parole possano arrivare a tanti giovani di quel sud raso al suolo da “una cultura sbagliata” e di cui presto dovranno prenderne le redini.