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Un modo diverso ma non troppo di riciclare

È innegabile che ogni giorno di più il tema dell’ambiente in senso lato acquista sempre maggior importanza. Senza volermi dilungare troppo in tesi, posizioni, giudizi o quant’altro, mi preme analizzare, molto superficialmente, il tema della raccolta differenziata.

Ogni comune attua la raccolta differenziata secondo i propri programmi e propri interessi, nel mio comune ad esempio l’intero processo di selezione del rusco è delegato al cittadino che si deve organizzare in proprio per la separazione dei rifiuti secondo le classiche tipologie ovvero:

1.       Carta

2.       Vetro e alluminio

3.       Plastica

4.       Umido

5.       Generico

6.       Altri rifiuti

Questa organizzazione fa sì che il cittadino conferisca le prime 5 tipologie negli appositi cassonetti, salvo la loro presenza, disposti sul territorio in maniera più o meno capillare. Per tutti i rifiuti che si identificano al punto 6 come rifiuti ingombranti, piuttosto che pericolosi, ecc. è possibile conferirli direttamente all’isola ecologica. Da sottolineare che per la raccolta della carta è funzionante anche un servizio di raccolta porta-a-porta per zone a cadenza settimanale.

Inutile raccontare l’incredibile volume di rifiuti che per esempio la mia famiglia, composta di 2 persone, genera ogni settimana. Le voci più frequenti di immondizia sono rappresentate dalla plastica (bottiglie di plastica sopratutto e confezionamento), umido, generico e carta (incredibile quella generata dalle pubblicità nelle cassette delle lettere). Inutile anche nascondere il problema della logistica, vivendo in un bilocale senza balconi, siamo sempre sommersi da plastica e odori non troppo piacevoli, per non parlare del garage stipato di carta. Ma in fondo, sono sincero, sono anche disposto a sopportare questi disagi a patto che…

Sì a patto che succeda qualcosa, ma quel qualcosa cos’è?

Beh a mio parere il mio Comune manca completamente di una politica a medio/lungo termine per la gestione dei rifiuti, da una parte spinge in maniera compulsiva verso il riciclo, ma dall’altra non si riscontrano vantaggi per il cittadino che anzi, negli ultimi anni ha visto crescere la bolletta per i rifiuti (TARSU) in maniera spropositata. Nessuno dice che non si dovrebbe pagare, ma probabilmente se si adottasse un piano più temerario ed incisivo per la raccolta differenziata coinvolgendo i cittadini non solo nella fase “pratica”, ma anche in quella “progettuale”, io credo che si potrebbe aspirare tranquillamente a livelli di differenziazione senza precedenti. Ovviamente tutto ciò non avviene ed è, a mio parere, quasi inutile indagare in questo senso.

Detto tutto questo, qualche giorno fa ho spulciato in rete per cercare informazioni a riguardo del sistema di raccolta differenziata in atto a San Francisco (grazie al Dott. Montanari per l’illuminazione), un sistema che per certi versi è molto simile al nostro ma che nelle sue diversità mette in evidenza i suoi punti di forza.

Primo, esistono solo 3 tipologie di rifiuti: materiale riciclabile, umido e generico. Quando ho visto questa semplificazione mi sono subito chiesto dove fosse l’inghippo, perchè nella mia mente suona male mettere nello stesso cestino il vetro con la plastica o la carta; invece è proprio così!

Tre sole tipologie per una più semplice ed immediata separazione da parte dei cittadini dei rifiuti, meno cestini in giro per casa, più voglia sicuramente da parte del cittadino di separare i rifiuti. Chiaramente se da una parte si semplifica, dall’altra si complica ma del resto da qualche parte bisogna pur partire.

Quindi molto semplicemente, tutta la fase di separazione viene effettuata post-raccolta e i frutti del differenziato, ad esempio l’umido, vengono immediatamente riutilizzati nell’agricoltura, per esempio come compost.

Secondo, noto con interesse che alcune tipologie di rifiuti che qui da noi vengono conferite insieme, come ad esempio i contenitori in plastica dei detersivi o le borsine di plastica che vengono indistintamente mischiate a tutta l’altra plastica, qui invece hanno una destinazione molto diversa finendo tutte nel “generico”. Presumo che la plastica che è stata a contatto con materiale chimico come i detersivi debba subire dei trattamenti diversi dalla bottiglia dell’acqua.

Terzo, spulciando tra le varie pagine del sito, scopro che per nelle scuole della città sono presenti programmi per la sensibilizzazione e l’insegnamento della “cultura del riciclo”, cosa che da noi onestamente suona come una bestemmia; inoltre è presente sul territorio un vero e proprio centro per “l’insegnamento della materia”.

Quarto, ovviamente in tutto questo contesto, non c’è nessun tipo di riferimento all’incenerimento dei rifiuti, che qui appaiono più come una risorsa economica che non una bega da disfarsene in fretta.

A questo punto è evidente che le amministrazioni hanno un doppio ruolo non proprio chiaro in questa faccenda, perchè oggi come oggi delegando tutta l’attività di separazione, che di per se è l’azione ad alto valore aggiunto della raccolta differenziata, al cittadino risparmiano notevolmente sui costi di un’attività che, visti i volumi di immondizia, richiederebbe sicuramente investimenti importanti in risorse umane, economiche e strutturali e dall’altro guadagnare parecchi soldoni in quanto il servizio di raccolta e smaltimento costa una piccola fortuna.

Ecco quindi l’inghippo, perchè io cittadino devo pagare per fare una cosa che sì, da un punto di vista civile è ineccepibile, ma che poi al lato pratico non mi porta nessun vantaggio immediato? È evidente che il cittadino vuole dei vantaggi dalle sue attività, qualunque esse siano, nessuno del resto vive per la gloria, allora non varrebbe la pena stravolgere questo sistema e permettere alle amministrazioni di guadagnare non solo dalla raccolta (in minima parte) ma anche e sopratutto dal business post riciclo?

Mi pare quindi evidente che visto i tempi che corrono e che sopratutto correranno tra pochissimo, forse varrebbe la pena cambiare rotta e non c’è nemmeno bisogno di mettersi a tavolino per parlarne perchè basta guardarsi intorno per vedere con i propri occhi e toccare con le proprie mani la strada che abbiamo imboccato.

Chi vivrà, vedrà.