Nei bar io ci entro solo per accompagnare di malavoglia quelli che “andiamo a prendere il caffè”, bevanda che aborro. La tibbù m’interessa principalmente per le previsioni del tempo e Internet per essere certo della temperatura di fusione dello stagno o per illuminare il popolo con i miei post. Spesso, però, in Internet ci devo entrare perché qualche amico mi segnala questo o quello: svarioni di ogni risma, di solito.
L’ultima segnalazione è quella dell’ormai stucchevole articolo di uno dei mille e mille giornaletti della cosiddetta rete, stavolta a firma, probabilmente sotto pseudonimo, di tale Giovanni Drogo, certo non l’omonimo protagonista del Deserto dei Tartari. Se il nome è fasullo, capisco bene il perché: in fondo fare figure meschine mostrando la faccia può non piacere.
Comunque sia, il Drogo dell’articolo, con un’ironia un po’ dilettantesca, se la prende con me per la storia del mio “accompagnamento” vaccinale. In breve, era nata la proposta da parte di alcuni genitori di farsi accompagnare da me ai colloqui che preludono all’esecuzione a mezzo vaccino. Questo perché pare ci sia chi vorrebbe presentarsi a quegl’incontri forte di un nostro rapporto di analisi su due vaccini, cosa che sarebbe perfettamente inutile perché le armi bisogna saperle usare e per capire i rapporti occorre una preparazione ad hoc.
Io ho chiarito subito che sono tutt’altro che entusiasta della cosa, e questo per varie ragioni: 1) per spiegare il significato del rapporto e la follia dei vaccini occorrono ore e non pochi minuti: 2) mi troverei a discutere con qualcuno che, nella migliore delle ipotesi, sa perfettamente che, se vuole continuare ad avere uno stipendio, deve tenere orecchi e cervello sbarrati; 3) non ho tempo.
Contrariamente a ciò che i milordini credono, io non sono un bene demaniale. Sono fesso, è vero, tanto da aver venduto tutto quanto avevo per portare avanti le nostre ricerche (e non lo rifarei per nessuna ragione al mondo), ma adesso basta: chi mi vuole, mi paga, il che mi pare quanto meno ovvio. Meno ovvio ma tristemente vero è che i soldi andrebbero tutti non a me ma al fondo per l’acquisto del microscopio che serve ai milordini stessi, il che non depone a mio favore.
Insomma, quanti sono i soldi per ogni “accompagnamento”? Inizialmente erano le spese di viaggio addizionate di 1.000 Euro IVA compresa, una cifra che, proposta, provocherebbe reazioni non proprio edificanti se rivolta ad un più che mediocre cantante di liscio da sagra. Ma ecco che i milordini insorgono: come mi permetto di chiedere soldi? Io devo essere al loro servizio e basta. E, allora, i soldi sono diventati 10.000 + IVA. Ora, però, arriva il signor Drogo Giovanni e, allora, la cifra passa a 50.000 + IVA, tenendo conto che le mie quotazioni aumentano ogni giorno. Così, magari domani siamo a 100.000.
Ma il giornalino non si ferma lì: ci sono i commenti dei lettori, e questi sono spesso esilaranti.
Uno è quello secondo cui io non sarei un farmacista ma solo un laureato in farmacia. Non so esattamente che cosa voglia significare un commento così criptico. Io sono sì laureato in farmacia, poi ho superato l’esame di stato e, dopo, quello di concorso per la direzione di farmacia. Se c’è altro, mi s’informi. Rendo anche noto che, a laurea conseguita, ho studiato all’estero, dagli Stati Uniti alla Svezia dove, per tre periodi, sono stato al Karolinska Institut con Viking Olov Björk, grandissimo cardiochirurgo e membro della commissione che assegna il Nobel. Con lui ho pure lavorato in due riprese per un totale di una decina abbondante di anni.
Poiché siamo in argomento, rispondo a chi, curiosamente, sostiene che io non posso parlare di farmaci non essendo medico. Beh, qui siamo alla farsa. È opportuno sapere che la sola laurea mirata ai farmaci è, vedi un po’ la stranezza, quella di farmacia. I medici, senz’altro indiscutibili pozzi di sapienza per consensus gentium, di farmaci sanno poco, non avendo, tra l’altro, le basi culturali necessarie. Non ho idea di come vadano le cose ora perché la mia laurea risale al remoto 1972, ma allora c’erano i corsi e poi, naturalmente, gli esami di chimica generale e inorganica (con laboratorio), chimica organica, chimica farmaceutica (biennale), chimica biologica, chimica bromatologica, chimica fisica, microchimica, laboratorio di chimica qualitativa, laboratorio di chimica quantitativa, laboratorio di chimica dei farmaci (per i laboratori si andava 4 ore per 4 pomeriggi la settimana da inizio novembre a inizio giugno)… Poi si studiava farmacologia in modo molto più approfondito di quanto non si facesse a medicina e c’era una materia (con laboratorio) chiamata tecnica farmaceutica in cui, tra l’altro, oltre ad imparare come si producono i medicinali si studiavano gli errori di prescrizione dei medici, dai dosaggi sbagliati alle incompatibilità tra i farmaci. Poi si studiava fisica, poi matematica… Insomma, si usciva con delle basi solide per poter fare ricerca.
In definitiva, qualcosa di ben diverso rispetto a ciò che si fa (o si faceva) per gli studenti di medicina, più impegnati ad imparare la semeiotica e a districarsi tra le insidie delle varie cliniche. La conclusione è che sono proprio i farmacisti a poter parlare a buon diritto di farmaci perché è sui farmaci che sono stati istruiti. Tutto questo non toglie nulla al rispetto fino all’ammirazione che porto verso i medici. A patto, però, che siano coscienti dei loro confini e non recitino comparsate imbarazzanti.
E, allora, cari avventori dell’osteria di Internet, se non volete mostrare i limiti della vostra cultura, a quei limiti evitate di avvicinarvi e, meno che mai, di valicarli.
Caro dott. Montanari, come lei ben sa il prof. Luigi Di Bella vantava tre lauree. Oltre a quella in medicina, anche in chimica e farmacia. A suffragio delle sue sempre più che opportune argomentazioni, relativamente ai medici, riporto dal libro-intervista di Bruno Vespa al Professore “Luigi Di Bella – Si può guarire – La mia vita – Il mio metodo – La mia verità” (Pag. 33): Vespa: “E intanto studiava.” Di Bella: “Facevo contemporaneamente gli esami di medicina, di chimica e di farmacia. Dovevo fare sempre baruffa con la segreteria perchè non mi volevano ammettere agli esami delle altre facoltà,… Leggi il resto »
RISPOSTA a Dantes – Luigi Di Bella fu il mio professore di fisiologia (biennale) e di chimica biologica. Non aveva solo competenze da medico, da chimico e da farmacista ma pure quelle che avrebbero fatto invidia a più di un ingegnere, e con quelle competenze ci spiegava come erano fatte e a che cosa servivano tante apparecchiature che i medici usano alla cieca. Tempo fa incontrai una dottoressa intrisa di gas che da anni si occupava di indagini Doppler. Qualche stranezza in quello che mi diceva mi spinse a chiederle se sapesse che cosa mai fosse l’effetto Doppler su cui… Leggi il resto »
Che delusione dottor Montanari, ero pronto a tutto, per lei mi sarei tuffato in un mare di esavalenti, danneggiando irrimediabilmente il mio microbiota, ma di fronte a questa sua dichiarazione, rimango esterefatto e inizio ad avere qualche ripensamento! Non le piace il caffè????…???
RISPOSTA a Giuliano Dal Cin – Il problema è la caffeina, un alcaloide che mi dà reazioni fastidiosissime. Quindi, niente tè, niente Coca Cola e, in definitiva, niente 1,3,7-trimetilxantina. Lo so: nessuno è perfetto.
Proprio oggi spiegavo a mio figlio di 7 anni che nella Coca Cola c’è (oltre a tante altre cosette su cui sorvolo) la caffeina, come nel caffè , il quale non è adatto ai bambini proprio per questo. Invece i genitori “normali” non si fanno alcuno scrupolo di ingozzare i loro bambini con la Coca Cola. Quando mio figlio aveva 3 anni, una signora, anche lei madre, disse a mia moglie, tra l’incredulo e lo scandalizzato: “Ma come, tuo figlio ha 3 anni e non ha ancora assaggiato la Coca Cola?”
RISPOSTA a Paride – Fatta salva la libertà di ognuno di mangiare e bere ciò che desidera e in questo portarsi appresso la figliolanza di cui è tutore, tenga conto del fatto che la nostra società ha come caratteristica che la distingue da ogni altra forma di vita sociale presente sul Pianeta una totale illogicità. La Coca Cola, certo in ottima compagnia, si vanta di vendere una bevanda la cui ricetta è segreta. Tanto basterebbe per renderla invendibile. Consideri che assumere alcaloidi tossici, e la caffeina è tra questi, è considerato un atto commendevole di vita sociale. Consideri che lo… Leggi il resto »
Considerato che lei è un signor farmacista, e a mio parere, seppure insignificante, molto di più di quello, le segnalo, dato il tema, la trasmissione di domani sera su Telecolor, ore 21 canale 184: “L’importanza delle preparazioni galeniche magistrali nel MDB”. Un suo eventuale commento sarà oltremodo gradito. Cordialità.