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Senza titolo possibile

I commenti fuori tema saranno cestinati

Il problema tecnico persiste e io non riesco ad accedere ai commenti.
Cancello alcuni poster e chi vuole può leggere di seguito il perché nella lettera che ho inviato all’avvocato Bortolani, presidentessa dell’omonima onlus. La pubblico per intero, lunga com’è, nella speranza che tutti coloro che insistono a pormi le stesse domande alle quali ho risposto ormai centinaia di volte abbiano pietà di me e leggano. Lo so, è un sacrificio grosso per chi è abituato a pontificare senza conoscere l'argomento perché per conoscerlo, oltre all'onestà, serve anche un po' di pazienza, ma non c'è altra scelta.
Comunico a tutti che a fine mese questo blog chiuderà. Non riesco più a seguirlo, non riesco più a leggere che una minima parte dei commenti, mi sono dovuto rendere conto che questo strumento viene usato come un’arma da vigliacchi che, approfittando della possibilità di anonimato, sparano dal buio e assumono una varietà di sembianze diverse per inscenare farse vergognose al solo scopo di dare sfogo al fiele che li avvelena. Quindi, basta.
Chi ha usufruito della tanta letteratura e della tanta documentazione contenute tra i pdf di questo blog sappia che metteremo tutto sul sito www.nanodiagnostics.it che cercherò di tenere aggiornato.
Naturalmente sono molto amareggiato, ma non avevo altra possibilità.
Rendo noto pure che, dal momento in cui il microscopio ci sarà tolto, e questo al di là delle incredibili affermazioni dell’avvocato Bortolani che possono ingannare solo chi vuole essere ingannato e chi della nostra ricerca non sa nulla, noi non saremo più in grado di aiutare nessuno. Quindi, prego tutti di rivolgersi alla Onlus o, in alternativa, all’Università di Urbino.
Se il microscopio prenderà altre strade, noi continueremo in altro modo la ricerca (nessuno s’illuda di averla imbavagliata) e io presterò tutte le consulenze che mi si chiedono esclusivamente a pagamento, così come è nei costumi e nella morale corrente. Da quel momento in poi, noi lavoreremo “a scopo di lucro”.
Rileggendomi mi rendo conto che, se non ci sono dubbi che la guerra la vinceremo, stiamo perdendo una battaglia, e mi riempio non solo di tristezza ma anche di nausea. Però, non l’ho voluto io.
Ecco la lettera:

 

Avvocato Bortolani,

A volte i miracoli succedono: dopo almeno due anni di silenzio, le è tornata la facoltà di espressione scritta. In pochi giorni, dopo che per lungo tempo non aveva dato segno vita, ecco ben due raccomandate.
La prima è ormai tristemente nota, ed è quella con la quale lei “dona” il microscopio all’Università di Urbino. La seconda è più articolata e, in un certo senso, anche più divertente, sempre che si sia dotati di un senso dell’umorismo un po’ particolare.
Andando subito ai due paragrafi finali, lei mi chiede di censurare alcuni post di protesta nei suoi confronti perché danneggerebbero la sua “onorabilità”. Non avendoli letti, almeno per la stragrande maggioranza, e non avendo alcun controllo su quanto entra, cancello tutto e vedrà che, con questo atto di censura, il suo “onore” riemergerà nelle condizioni in cui si trovava prima che qualcuno obiettasse qualcosa.
Poi, a concludere la lettera, c’è la diffida nei miei confronti “a proseguire in esternazioni pubbliche diffamatorie e false relative all’operato dell’Associazione Carlo Bortolani Onlus”. Sono certo che vorrà illuminarmi indicandomi dove ho detto il falso o, peggio ancora, dove l’avrei diffamata.
Restando sempre alla sua seconda raccomandata, lei dice che non fui io a far intestare il microscopio alla Onlus Bortolani ma Beppe Grillo. A parte l’irrilevanza del fatto, la cosa è storicamente falsa. Lei sa bene che Grillo non aveva idea dell’esistenza sua né di quella della sua onlus, e il caso disgraziato che lei, pur non invitata, fosse presente a quel pranzo portò a quella decisione affrettata e sciagurata che io presi in solitaria autonomia. Dunque, non merito ma colpa da parte mia. Se le piace attribuire a Beppe Grillo la scelta, però, faccia pure. In quel modo alleggerirebbe un po’ la mia responsabilità.
Altro punto in cui lei inciampa. “Il microscopio era destinato personalmente ai dottori Antonietta Gatti e Stefano Montanari al fine esclusivo di consentire le ricerche sulle nanopatologie e non altro” è la frase che lei mi contesta scrivendo “Il microscopio era destinato a consentire le ricerche sulle nanopatologie e a permetterne l’utilizzo ai dottori Gatti e Montanari affinché proseguissero le ricerche in corso.” Il che è esattamente la stessa cosa. Sarà così cortese da spiegare a chi ha la pazienza di seguirla e perfino di appoggiarla da buon italico tifoso senza altra ragione se non l’estro del momento come si possano proseguire le ricerche a 230 chilometri di distanza, disponendo “almeno una volta la settimana” di un apparecchio che serve di continuo, spesso anche di notte in modalità automatica e, non troppo raramente, fuori degli orari e dei giorni d’ufficio. Questo, oltre tutto, senza disporre dei locali idonei, delle attrezzature ancillari indispensabili che sono nostre e che, fin troppo ovviamente, non cederemo e del personale che abbiamo impiegato anni a formare. Sappia che ad Urbino non esiste un solo esperto di nanopatologie, che, per questo, l’intera Università non ha mai prodotto un solo lavoro in proposito, che nessuno ha idea di come si prelevano i campioni, che nessuno sa come si scelgono, che nessuno sa come si preparano e che nessuno si è mai nemmeno preso la briga di venire ad imparare. Nei tre anni in cui il microscopio è stato burocraticamente affidato al Centro di Geobiologia di Urbino abbiamo ricevuto da loro la bellezza di due campioni di foraminiferi da osservare a basso ingrandimento. Totale, 5 ore di lavoro banale e che non aveva nulla a che spartire con le nanopatologie.
Per chiarire un aspetto sollevato da una sua amica che, peraltro, conosce perfettamente la risposta, sappia che il microscopio che è in dotazione al Laboratorio dei Biomateriali dell’Università di Modena (non di sua proprietà) è meno efficiente del nostro, tanto che diverse osservazioni le dobbiamo fare noi per loro. Inoltre quello può lavorare solo sulle cellule. Dunque, qualcosa d’interessante ma che ha una connotazione oggi relativamente marginale nei riguardi della ricerca che portiamo avanti noi. Connotazione, sia chiaro, che assumerà importanza anche per noi a tempo debito.
Altro punto è quello della scelta di Urbino e qui, ancora una volta, lei distorce i fatti. Lei ci disse, e io non trovai motivi per non crederle, che il microscopio doveva transitare attraverso un’istituzione pubblica che, poi, lo avrebbe girato a noi. Così io scelsi il Centro di Geobiologia dell’Università di Urbino (allora università privata) perché il suo direttore mi garantì che il microscopio sarebbe restato a noi. E così fu. Ma l’anno scorso il Centro di Geobiologia chiuse in seguito al cambio di status dell’Università di Urbino e bisognava trovare un’altra destinazione burocratica. Io scelsi l’Eremo Benedettino di Monte Giove che era in perfetta armonia con le finalità e i modi della nostra ricerca, e lei semplicemente si diede latitante, rifiutando perfino, e senza fornire spiegazioni come è suo costume di muro di gomma, d’incontrare i responsabili di quell’associazione. Ora il perché del suo atteggiamento è evidente. Il fatto stesso che lei abbia condotto lunghe trattative con Urbino nel segreto più stretto senza avvertire noi, vale a dire chi conduce la ricerca e chi era di fatto il solo destinatario dichiarato della raccolta, e senza avvertire le migliaia di donatori che si è permessa di trattare come carne da macello diventa eloquente e perfettamente comprensibile quanto i suoi anni di silenzio. Forse, interpellandoci, avremmo potuto indicarle qualcosa di meglio rispetto ad Urbino ma, naturalmente, questo ci avrebbe consentito di continuare le ricerche e lì stava e resta il problema.
Venendo alla nostra attività, sarebbe bastato che lei perdesse un paio d’ore di qualche pomeriggio della sua vita e ci fosse venuta a trovare come più volte le abbiamo chiesto cadendo nel vuoto. Le avremmo mostrato ciò che è in corso (ed è tanto), le avremmo mostrato i ragazzi che imparano da noi (quelli che ci arrivano dalle università, e oggi ne abbiamo due, non sono preparati a dovere ma hanno buona volontà), le avremmo mostrato la letteratura prodotta (che è pubblica ma che lei non ha mai consultato), le avremmo mostrato la nostra attività congressuale e didattica, le avremmo mostrato i nostri contatti con le istituzioni a livello internazionale. Tutto questo avrebbe potuto e, anzi, dovuto, pubblicarlo lei nella sua funzione di proprietaria dell’apparecchio e garante della continuazione della ricerca. Ma lei non si è mai presa il disturbo di muoversi, non ha mai risposto ai nostri tentativi d’incontrarla, non ha tenuto fede agli obblighi che si era assunta di fronte ai donatori e ora ha l’impudenza di affermare che noi non abbiamo fatto nulla e perfino che sottoutilizziamo il microscopio. Che ne sa lei, avvocato, di come si usa un microscopio per le nanopatologie? E poi, come ha fatto a controllare le ore di funzionamento dell’apparecchio o su che cosa l’apparecchio lavora o chi ci lavora se non si è mai mossa da Reggio Emilia? Non potrà pensare che esista qualcuno in grado d’intendere che possa concederle credito se lei fa affermazioni che definire stravaganti è regalarle più di qualcosa.
Ma il punto che non voglio aggettivare è quello dello “scopo di lucro”. Lei sa di rivolgersi ad una platea che ignora gli avvenimenti e, quindi, si sente libera di dire ciò che le fa più comodo. Nei fatti, e non so come farà a negarlo, lei era al corrente fin dal primo momento e lo era nei minimi particolari, così come lo era Beppe Grillo, del perché mia moglie ed io fossimo costretti, rovinandoci l’esistenza, a lavorare nel laboratorio che avevamo dovuto approntare in fretta e furia, quella s.r.l che tanto scandalizza lei e quelli che nella mia Bologna si chiamano i “milordini”. Per sua memoria e per quella di chi la segue, i particolari sono ampiamente riportarti nel mio libro Il Girone delle Polveri Sottili nel quale arrivo addirittura ad esprimermi in termini elogiativi sul suo conto. Ma, venendo nello specifico allo “scopo di lucro”, caro avvocato Bortolani, nella sua incompetenza (per carità, solo in questo campo dello scibile) lei crede forse che un microscopio elettronico da 378.000 Euro o qualsiasi altro strumento si possa mettere in giardino e, a fine anno, si vadano a tirar fuori i lavori scientifici pubblicati e i risultati delle ricerche che lo stesso apparecchio avrà ideato e condotto? Sappia che, per far funzionare l’oggetto, noi paghiamo un affitto e i costi collegati, i viaggi indispensabili, il personale, il materiale che serve, una manutenzione costosissima (a proposito, adesso c’è da pagare una fattura piuttosto robusta proprio per questo problema e lei, fedele a se stessa, non ha risposto alla comunicazione, così come non ha risposto il nuovo “padrone”, squattrinato e troppo felice della cuccagna)… E potrei continuare. I conti sono a sua disposizione. Sappia che né io né mia moglie abbiamo mai preso un centesimo e lavoriamo gratis, spendendo il denaro di famiglia e, ora, quel che resta di quel denaro. Lei, lei proprietaria e adesso “donatrice” di qualcosa che le è arrivato senza muovere un dito e per cui non ha certo avuto di che soffrire, lei che cosa fa? Lei strilla, accampa istanze morali che esistono solo nella sua particolarissima moralità e in quella degli anonimi che la fiancheggiano senza nemmeno il coraggio di mostrare la faccia, ma non ci ha mai dato una mano. Anzi. Quello che facciamo per poter sopravvivere è cercare di vendere qualche analisi ai privati che se lo possono permettere e per questo usiamo anche (non sempre) il microscopio che, in qualche modo, cerca di contribuire al suo stesso mantenimento, visto che né lei né altri si muovono e tutto ci grava addosso. In aggiunta io faccio consulenze che nulla hanno a che vedere con l’uso dell’apparecchio ma i cui proventi finiscono ugualmente alla ricerca. Così come gl’introiti dei libri che scrivo. Dunque, la prego di smetterla con i suoi insulti sconsiderati e mediti un attimo.
Ora, al di là di tutte le enormità che lei dice e al di là di quelle che lei commette facendosi scudo dietro argomentazioni che saranno certamente ineccepibili dal punto di vista dell’avvocato, resta l’aspetto morale. Lei sa perfettamente che quel denaro fu raccolto esclusivamente per noi e, quando lei contesta la mia affermazione secondo cui io raccolsi i tre quarti della somma, ha perfettamente ragione: nei fatti io raccolsi tutta la somma, perché certo nessuno intese dare un centesimo a Beppe Grillo o alla Onlus Bortolani, allora perfettamente sconosciuta ai più e le cui, pur nobili e condivisibili, finalità non entravano in quell’operazione di raccolta fondi. Se un solo centesimo fosse finito a loro, ecco che si sarebbe presentato un illecito di cui credo ci sarebbe stato da rendere conto al magistrato oltre che alla propria coscienza. Lei ricorda di certo che in più d’un’occasione mi diede del fesso, magari giustamente dal suo punto di vista che ora ho imparato a conoscere, perché, nelle mie 200 e passa trasferte per mendicare quattrini che non sapevo sarebbero finiti così, io non chiedevo nemmeno il rimborso spese. Dunque, molti dei quattrini arrivati li ho messi io personalmente, con il mio lavoro e con il denaro speso. Lei? Lei mi ha indotto a lavorare a mia cura e spese per un anno perché poi lei potesse “donare” generosamente il mio lavoro all’Università di Urbino. Se avesse avuto la correttezza di dirmelo e non solo a me ma a tutti coloro che hanno portato l’obolo, forse le cose sarebbero andate molto diversamente. Comunque, nel caso in cui i donatori chiedessero la restituzione del loro denaro, io non potrei che essere d’accordo perché era stato fatto credere loro qualcosa che poi non è stata.
A questo punto, io mi auguro che l’Università di Urbino abbia la dignità di rifiutare una “donazione” di questo livello o, forse meglio, di accettarla e di lasciare il microscopio dove sta e di lasciarlo per sempre. Urbino non sa nulla di nanopatologie, ma è pur sempre un centro in cui lavorano studiosi certo bravissimi nel loro ambito. E uno studioso serio non può avere la presunzione e la cialtroneria di poter lavorare su di un filone di ricerca complesso di cui non ha cognizione. La presunzione e la cialtroneria non hanno portato ad altro che allo sfacelo culturale che stiamo tutti pagando ora e che pagheremo ancor più caro nella generazione che succederà alla nostra e non vorrei che fossero la causa dell’ennesimo misfatto.
Quanto a lei, avvocato Bortolani, liberata dal quel gravame tremendo della proprietà del microscopio che tanta preoccupazione le ha arrecato, continui ad occuparsi di pena di morte recandosi periodicamente in gita negli Stati Uniti ad incontrare un paio di carcerati e a piangere nobilmente con loro. Noi, qui, di condannati a morte ne abbiamo in abbondanza ma, ahimé, non fanno glamour. Abbiamo centinaia di ragazzi costretti al silenzio che schiattano con gli organi interni pieni di polveri belliche, abbiamo signore che c’interrogano sulle malformazioni dei loro bambini i quali, magari, non ce l’hanno fatta a nascere, abbiamo una quantità mai censita di persone che continuano ad ammalarsi per quei curiosi granellini di cui lei parla senza cognizione. Questa gente, caro avvocato Bortolani, è quella che un tale Gesù chiamava il prossimo. Il prossimo è chi ti sta vicino. E quel prossimo che chiedeva aiuto a noi d’ora in poi verrà da lei e dagli studiosi di Urbino, e lei e Urbino dovrete rendere conto. Comunque, quando ne avrà voglia e ne avrà il tempo, caro avvocato, venga a trovarci. Le farò vedere qualcosa sulle condanne a morte che lei non ha mai sospettato. E le farò vedere la faccia di chi muore e del suo boia. E la farò parlare con chi resta. Forse capirà allora perché è difficile girarsi dall’altra parte.
Lei sta operando per farci chiudere tutto e questo, prescindendo dai suoi strepiti, è ciò che appare in tutta la sua oggettiva nudità. Da un certo punto di vista, come darle torto? C’è qualcuno da accontentare, c’è la legge e lei, come ama dire, è in una botte di ferro. Codici, articoli e commi alla mano, certo avrà calcolato le probabilità di riuscire nel suo intento e avrà valutato che il gioco vale la candela, ma io, manzonianamente, credo che una provvidenza, divina o casuale che sia non importa, rimetterà tutto a posto e il bavaglio che lei ci ha pazientemente confezionato resterà nel cassetto. E, sempre con Manzoni, se vi abbiamo annoiato, non lo abbiamo fatto apposta.
Adesso basta davvero perché ad annoiarmi sono io.

Stefano Montanari

 

Non potendo accedere ai post, rispondo qui a tale jake73. Evidentemente lei non ha letto o non ha capito il post e fa osservazioni cui potrà trovare risposta adeguata se solo  avrà la pazienza di leggersi ciò che ho scritto per l'ennesima volta. Capisco che la superficialità sia ormai la regola, ma così lei si rende ridicolo. Io non ho censurato un bel nulla ma è stato l'avvocato Bortolani a pretenderne la cancellazione. Poi, io ho risposto ormai infinite volte a TUTTE le domande che mi sono state poste, anche se non ne avevo affatto il dovere. Poi, ancora, esiste una quantità di lavori scientifici fatti DOPO che il microscopio è arrivato. Non ho, però, la possibilità di venire anche a casa sua a leggerglieli. Si tratta, comunque, di materiali pubblici a disposizione di tutti. L'avvocato Bortolani è stato più volte sollecitato a venire nel nostro laboratorio e a rendersi conto di ciò che facevamo per poi renderlo pubblico come era suo dovere. Il che non è stato fatto. Quanto allo "scopo di lucro", legga il post. Si renda conto che io non posso passare la vita a ripetere esattamente le stesse cose e se c'è chi è tonto o chi è in malafede o chi ha fretta e pretende ugualmente di dire la sua ignorando bellamente ciò di cui sta discettando, fatti suoi. Quanto al vittimismo e al complottismo, le dispiace se la mando a quel paese? E quanto al tono usato, le dispiace se le confermo il viaggio?