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Se avessimo saputo…

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Finalmente il tormentone è finito. Abbiamo archiviato i referendum con un rumoroso insuccesso dell’istituzione stessa, e questo anche perché i primi due quesiti non avrebbero cambiato nulla, non avendo alcun significato, stante la palese anticostituzionalità e antidemocraticità del “premio di maggioranza”. Dunque, che il “premio” vada al partito o alla coalizione riguarda semplicemente la modalità con cui si spartisce il bottino di una rapina.
Il terzo quesito era, a mio parere, parecchio più interessante, riguardando un’abitudine piuttosto buffa. Molti partiti – forse tutti – infischiandosi bellamente della dignità dei propri elettori, presentano lo stesso candidato in più circoscrizioni. Questo significa che, nel caso in cui i votanti fossero così ingenui dall’assegnare preferenze al furbetto di turno, più ubiquo di Sant’Antonio, correrebbero il rischio di essere poi rappresentati da qualcuno cui non avrebbero mai assegnato il loro gradimento. Il che equivale ad una truffa, esattamente come se io volessi mettere in vendita qualche cosa e la cedessi contemporaneamente, con tanto di garanzia, a più compratori, ben sapendo che solo uno avrà l’oggetto che desiderava e gli altri riceveranno una patacca. Naufragata la consultazione,

la possibilità di presentare lo stesso candidato qua e là continuerà a costituire per me un indicatore semplice ed infallibile per valutare la serietà di un partito e la moralità di un candidato.
Ormai assuefatti ad ogni bizzarria da parte dei nostri “politici”, abbiamo digerito senza particolari disturbi le idiozie postume di chi il referendum lo aveva proposto, di chi non lo voleva, di chi non lo voleva ma è andato lo stesso a votare, di chi lo avrebbe accettato, ma in altra data, e così via. Va da sé che, nei fatti, hanno perso tutti.
Finito il tormentone del referendum e finito anche quello dei ballottaggi.
Malauguratamente, anche in questo caso non si è persa l’occasione per dimostrare la nostra immaturità e la nostra impreparazione politica. Politica nel senso vero della parola, intendo, e non di quell’ignobile distorsione dalla gestione virtuosa della cosa pubblica dalla quale siamo afflitti.
I vari schieramenti, quelli a livello nazionale, hanno fatto credere al popolo, fidando sulla sua bovinità statistica, che il voto doveva rispecchiare gli orientamenti “ideologici” (mi viene da ridere al solo pensiero che esistano ideologie a quel livello!) e così in gran parte è stato. Don Camillo e Peppone, anche se ora, in alcune versioni dell’avanspettacolo italico, i due convivono more uxorio.
Ecco, allora, che nel piccolo comune di Monselice ha vinto la squadra di centro-destra (aiutata dalla combriccola di Casini, quella che si fa vanto di godere dell’esperienza di Cuffaro e che piange l’esclusione dall’Europa del nostro erede al trono), in questo modo lasciando campo libero a chi allestirà un bell’aerosol d’immondizia passata al fuoco dei cementifici. Ed ecco che a Firenze, stavolta complice anche l’ineffabile Italia dei Valori, cioè i cripto-piromani dipietrini (saluti da Bruxelles da De Magistris e dalla Alfano), la sinistra “sinistra” (aggettivo seguito da sostantivo) ha portato al trionfo colui che cremerà Firenze. Complimenti, Matteo: hai fatto goal su rigore nientemeno che a Galli!
A Monselice era la cosiddetta destra e a Firenze la cosiddetta sinistra. In ambedue i casi ha prevalso il business più becero e miope, e gli elettori sono cascati nella trappola, pur così smaccata ed evidente, credendo davvero che fosse una questione di fede e non qualcosa di pragmatico e basta.
Naturalmente, fedeli ad una tradizione avvilente, i vari esponenti dei partiti si sono esibiti in blocco nelle loro spericolate evoluzioni da circo, e tutte senza la rete di protezione del rispetto per l’interlocutore e, magari, di un briciolo di dignità. Tromboni e scacciapensieri si sono uniti in una fragorosa cacofonia. Addirittura il povero Dario Franceschini, in articulo mortis, ha pigolato che è iniziata la riscossa della sinistra. Quale sinistra sia è concetto che resta confinato nell’interessante teca cranica dell’ex democristiano di Ferrara, e quanto alla riscossa (o al declino del PdL, come lui stesso si è espresso) siamo oltre la farsa.
Con un minimo di cognizione di causa, facendo tesoro delle stravaganze del famigerato documento di Federambiente che mostra con chiarezza adamantina a che punto di menzogna senza dignità si possa arrivare per intascare quattrini, non è difficile prevedere che cosa accadrà dell’ambiente, quella bizzarria che pare non interessare che quattro gatti. E non è difficile prevedere che cosa sarà costretta a pensare di noi la prossima generazione. Che cosa racconteremo a chi ci seguirà cronologicamente? Che siamo stati cicale e non formiche? Che di politica non capivamo nulla? Che ci siamo lasciati truffare? Che abbiamo creduto alle enormità di professori che forse troverebbero più correttamente uno sgabello tra gli alchimisti di serie B di un Medio Evo mai sepolto o, meglio, in galera? Che, se avessimo saputo, avremmo agito diversamente?
Ma noi sappiamo e, dunque, che cosa significa “se avessimo saputo?” Siamo così spregevoli da mentire ai nostri figli, arrampicandoci sugli specchi e accampando scuse vergognose dopo averli turlupinati e derubati?

Immagine da: http://atlasshrugs2000.typepad.com/photos/uncategorized/chaplin_great_dictator.jpg