Egregio Dott. Montanari, ho 37 anni, vivo a Treviso con mia moglie, in gravidanza da quattro mesi, a circa 2 km di distanza dal sito dell'ex stabilimento De Longhi. Leggo oggi sul quotidiano Il Treviso, un breve sunto di suoi consigli su comportamenti generali di precauzione, da tenere in seguito al rogo, tra cui in particolare quello col quale Lei invita le donne incinte ad allontanarsi per alcune settimane. Non le nascondo che sono piuttosto allarmato. Il giorno del rogo, verso le 17.30, ho lasciato Treviso con mia moglie, in direzione Spilimbergo (Friuli Venezia Giulia), che di mia moglie è la città natale. Abbiamo dormito in casa dei genitori. Il giorno seguente, dopo aver segutio e recepito tutte le possibili fonti "ufficiali" di informazione, abbiamo ritenuto di poter rientrare a Treviso, proponendoci di usare prudenza e buon senso. La sua autorevole opinione ora mi inquieta. Potrebbe spiegarmi quali potrebbero essere i rischi per mia moglie e per mio figlio, che cresce dentro di lei? Ritiene veramente opportuno che riporti mia moglie dai genitori, per alcune settimane? E trascorse eventualmente queste settimane (2, 3…? ) in che termini il rischio risulterebbe diminuito o trascurabile per lei? Non le nascondo che anch'io sto provando una sensazione di confusione e di informazione mal gestita, pur non essendo mai stato un "dietrologo". La ringrazio sin d'ora se Lei o chi per Lei potrà trovare il tempo per una risposta, che come potrà ben intuire risulterebbe alquanto preziosa per me. Cordiali saluti, Paolo Rigato RISPOSTA Egr. sig. Rigato, Se Lei è in imbarazzo, io lo sono di più. In Italia, classificata come paese semilibero, l'informazione è fortemente distorta quando non del tutto censurata, e a questo noi abbiamo fatto tristemente il callo. Quando a Treviso si è verificato l'incedente, le informazioni che sono state diffuse erano palesemente incredibili e la parola d'ordine era minimizzare. Sul perché ci sarebbe da discutere a lungo ma, almeno per il momento, preferisco concentrarmi su altro. Che le diossine siano state prodotte dall'incendio è un'ovvietà e negarlo significa palesare la propria ignoranza o la propria malafede. Il problema non è se ce ne siano, ma in che quantità. E questo non è affatto l'unico inquinante che è stato generato, dato che è del tutto impossibile che non ci sia stato, e non resti, un inquinamento da polveri. Ora, che le diossine danneggino il feto e le polveri nanometriche pure è fuori dicussione, magari non a Treviso, dove, stando a qualche "autorità" locale, la Natura tiene comportamenti diversi dal resto dell'universo, ma io, se potessi, me ne starei alla larga per un po'. Quanto? Per rispondere occorrerebbe disporre di dati certi. Stefano Montanari |
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Ultimo aggiornamento ( sabato 21 aprile 2007 ) |