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Quanto le devo?

 

E, allora, è colpa mia. Colpa mia che non riesco a farmi capire. 

Dopo aver ripetuto fino alla nausea che non mi posso più permettere di lavorare gratis (l’ho fatto e ho sbagliato), meno che mai a mie spese (ancora peggio), a pena di chiudere la ricerca, continuo a ricevere messaggi del tenore: “Siamo un piccolo comitato… Ci costruiscono una centrale a biomasse (un inceneritore, una centrale turbogas, o chissà che altro) dietro casa… Vorremmo organizzare una serata… Non abbiamo soldi ma potremmo ospitarti per la notte…” Il che significa: “Non sappiamo più dove sbattere la testa perché i politici che abbiamo eletto (e che rieleggeremo) fanno gli affari loro e non i nostri. Non siamo disponibili a tassarci per tirare fuori un quattrino. Vieni da noi a tua cura e spese. Noi ti offriamo la pizza (che non mangio perché mi fa venire sete) e un letto, e chi se ne frega della tua ricerca.”

Io che, lo ammetto, sono un po’ fesso, vado e mi trovo davanti una audience di dieci persone che già sapevano per filo e per segno ciò che avrei detto. Politici? Media? Zero: neanche un prete per chiacchierar. 

Continuano, poi, ad arrivarmi pacchi di documenti cui io dovrei “dare un’occhiata”, il che significa che ci dovrei lavorare sopra per giorni interi, il tutto, ça va sans dire, senza che nessuno pensi di tirar fuori un soldo. È noto, infatti, che medici, avvocati, commercialisti, ecc. prestano la loro opera per il puro piacere di far contenta la popolazione, così come ci si aspetta da me. 

Nel luglio scorso una signora di Napoli mi chiese di analizzare certi reperti biologici della figlia (reduce da un lungo e certo non gratuito viaggio in Cina). Eseguite le analisi, la signora in questione

rifiutò di pagarle perché “aveva già speso tanti soldi per altre cose” e lei “pensava che noi fossimo sovvenzionati dallo stato.”

Più o meno lo stesso accade con tante persone tartassate dall’inquinamento che pretendono analisi a titolo gratuito, il che significa che glie le pago io.  

È vero che qualche spiritoso ha messo in giro la notizia che la Onlus Carlo Bortolani ci finanzia e, dunque, non è certo il denaro a mancarci. Ripeto che il fatto è destituito di qualsiasi fondamento: la Onlus Carlo Bortolani, con cui non abbiamo contatti da lunghissimo tempo, non ci ha mai dato un centesimo, così come, peraltro, non siamo sponsorizzati da nessuno. 

La raccolta fondi che abbiamo fatto partire per salvare la ricerca non è gradita e, ad oggi, è arrivato denaro sufficiente a mantenere la ricerca stessa per una ventina di ore. Vedremo di riorganizzarci in maniera più efficace e fatta in modo tale da sfuggire a certi ostacoli, anche se temo che non si esiterà a scovare qualche altro sistema per imbavagliarci. 

E, allora, penso di fare cosa gradita a qualcuno se dico che non è scritto da nessuna parte che io debba continuare a rovinarmi economicamente, a subire insulti e calunnie e a sbattermi per difendere qualche damigella dai mulini a vento. Se anche chi strilla di aver bisogno di me non è disponibile a farsi carico di darmi una mano, significa che ho sbagliato strada. Dunque, dovrò trovare alternative. 

Una volta per tutte, chi desidera che vada a tenere una conferenza sappia che dovrà pagare in anticipo le mie spese di trasferta più mille Euro più IVA (riceverà regolare fattura). Mi rendo conto che si tratta di un cachet enorme, soprattutto se paragonato a quello dei normali entertainer, ma si tratta di un caso di necessità. Chi non è disposto a questo, eviti di contattarmi. E così chi vuole che “dia un’occhiata ai documenti” o che “veda al microscopio se…”. Da oggi si paga.

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