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Piccola storia ignobile di ordinaria italianità

Di 15 Luglio 2011 3 commenti

Gogol lo avrebbe certo scritto meglio di me, e il fatto che io mi rifaccia a lui che ci ha lasciati oltre un secolo e mezzo fa in un paese apparentemente così lontano dal nostro significa che, in fondo, il mondo è sempre uguale a se stesso. Tutto sommato, anche questo è coerenza.

A metà pomeriggio della domenica di Pasqua dell’anno scorso mi trovavo a Marsala con mia moglie con cui dovevo recarmi a Trapani. Decidiamo di prendere il treno, andiamo alla stazione e scopriamo che la biglietteria non esiste. Al suo posto c’è una macchina distributrice di biglietti: s’introducono i soldi – recita la teoria – ed esce il “titolo di viaggio” (il nostro genio per denominare lo cose: dal termovalorizzatore al non vedente, dall’aeromobile all’operatore ecologico!). Meglio: uscirebbe il titolo di viaggio se l’aggeggio non fosse sventrato e, dunque, indifferente all’introduzione di alcunché, denaro compreso.

I due o tre indigeni presenti c’informano che l’oggetto si trova in quello stato ormai da lungo tempo e, si sa, noi alle tradizioni siamo affezionati. Perciò nessuno ha mai pensato di rimetterlo in sesto. Loro il biglietto non ce l’hanno ora come non l’hanno mai avuto né – mi confortano – ne sentono la mancanza. La quasi trentina di stranieri in attesa, quasi tutti spagnoli, se ne fa senza turbarsi una ragione e, con semplicità, aspetta il treno.

Io no: io il titolo di viaggio lo devo avere. E, allora, mia moglie ed io c’incamminiamo per le vie di Marsala alla ricerca di qualcuno che ci venda il biglietto. Cammina, cammina… Niente: non solo nessuno vende biglietti ma la sensazione è quella di essere protagonisti di un day after, di un giorno dopo l’esplosione di una bomba al neutrone con gli edifici in piedi ma nessun corpo vivente. Nemmeno un passante.
Finalmente, dopo lungo peregrinare, troviamo una gelateria aperta.

 

“Vendete titoli di viaggio?”
Sguardo attonito.
“Sì, dico, biglietti ferroviari.”
“Questa è una gelateria…” stava per uscire l’aggettivo “onorata”
“Sì, lo vedo, ma dove compro due biglietti di treno?”
“Noi vendiamo gelati.”

Così, con i nostri coni traboccanti di creme, peraltro squisite, torniamo alla stazione con la coda tra le gambe.

Intanto arriva il treno, la porta si apre e il controllore si pianta sulla soglia.
“Avete i biglietti?”

Nessuno ci fa caso. Gl’indigeni salgono rispettosi degli usi e costumi e gli spagnoli non capiscono perché quello è il loro diritto di stranieri.

Io no: io capisco e il biglietto non ce l’ho, come non ce l’ha mia moglie e come non ce l’ha nessuno dei trenta passeggeri saliti.
“Io non ho il biglietto,” dico.
“Perché?” tuona il capotreno.
“Venga a vedere il perché,” e gli indico la stanzetta della stazione con la macchina sventrata. La distanza è, ad occhio e croce, di otto metri, ma lui: “Io non scendo!”
Allora salgo in fretta, la porta si chiude e – ciuf, ciuf – il convoglio si avvia.
“Lei deve pagare il biglietto!” esclama il sig. Orlando Giuseppe matricola 2891925 (dati che conoscerò di lì a poco.)
“Certo. Quanto le devo?”
Dalla borsa esce un libricino con una penna. Calcolo con ronzio orale di accompagnamento e: “Duecentodieci e novantuno!”
“Scusi?…”
“Tre e venticinque di biglietto, sette e sessantasei di sanzione, duecento di soprattassa fanno duecentodieci e novantuno.”
“Forse non le è chiaro: io il biglietto lo pago, ma quello e solo quello. Non è materialmente possibile comprare i biglietti in stazione o dovunque a Marsala. Del resto, lei non può non saperlo perché pare che queste siano le condizioni croniche della stazione.”
Ma a Orlando Giuseppe matricola 2891925 tutto questo non interessa e mi consegna un bel verbale. Poi si chiude nel suo stanzino all’interno del vagone e non esce più. Gli altri senza biglietto? Che importa? a lui ne basta averne beccato uno.

Scesi a Trapani, mia moglie si affretta a comprare un titolo di viaggio per Marsala (lì la biglietteria era pure rigorosamente chiusa ma la macchinetta funzionava) e poi lo strappa: Cesare aveva avuto ciò che gli spettava. Ora c’era da accontentare Moretti, amministratore delegato delle FS.

Vado subito alla polizia e i poliziotti si sganasciano dalle risate. “E’ capitato male,” mi dicono.

Vabbè, sono capitato male.

Due giorni dopo sono di nuovo a casa, a Modena, e vado al Codacons a raccontare la vicenda.

Immediatamente ci si accorge che Orlando Giuseppe matricola 2891925, forse preso dall’entusiasmo o forse per amore di chi gli paga lo stipendio, ha esagerato, raddoppiandomi motu proprio la multa. Che faccio? Immediatamente devo pagare biglietto, sanzione e soprattassa dimezzata e loro, i signori del Codacons, si occuperanno della questione che ritengono quanto meno patologica.

Passa un po’ di tempo e le FS rispondono ad una mia lettera di protesta scrivendomi che il biglietto lo avrei potuto comprare anche altrove, magari – penso io – a Modena un mese prima quando, ahimè, non avevo idea che quel giorno avrei sostenuto il viaggio Marsala –Trapani né, peraltro, la decisione di prendere quel treno sciagurato era stata maturata anche solo due ore prima del momento dell’imbarco. Ma, poi, come avrei potuto immaginare delle condizioni di Marsala?

Passa un altro po’ di tempo e le FS mi riscrivono ingiungendomi, a sorpresa, di pagare ciò che Orlando Giuseppe matricola 2891925 aveva notificato, sostenendo di non aver mai ricevuto nulla.

Torno al Codacons che, nel frattempo, non aveva fatto nulla, e mostro la ricevuta di pagamento. Allora si promuove una causa presso il giudice di pace di Marsala (raccomandata + soldi per il disturbo che arreco alla Giustizia) semplicemente per mostrare la ricevuta di pagamento di una multa da film di Fantozzi.

Così vengo convocato dal giudice di pace di Marsala dove, con l’assistenza di un legale, farò valere le mie ragioni.

Colpo di scena: appena a ridosso della data di un processo epocale come sarebbe stato il mio, le Ferrovie mi mandano una raccomandata che mi comunica che hanno scherzato. I loro soldi, pur se con cento Euro in meno del piccolo bottino previsto,erano effettivamente arrivati e, dunque, non c’era motivo di andare dal giudice.

Passa ancora altro tempo e mi arriva a casa una busta verde: devo andare all’Ufficio Protocollo del Comune di Modena, sito in faccia all’abside del duomo, in pieno centro, a ritirare una comunicazione.

Sabato scorso, ore undici e dieci, lascio l’auto in un grande parcheggio appena fuori del centro cittadino e m’incammino verso il Comune. Arrivo ma, ahimè, l’Ufficio Protocollo è chiuso di sabato, curiosamente proprio quando chi paga per mantenere quelle strutture ha più possibilità di potervisi recare. Torno sui miei passi e, alle ore undici e cinquantacinque, trovo il vetro dell’auto sfondato. All’interno non manca niente. Vado alla concessionaria che mi ha venduto la macchina. “Lei è il quinto – mi dicono. – Spaccano il vetro perché si annoiano.”  Vado alla stazione dei Carabinieri a denunciare il fatto. Scuotono la testa. Non si troverà mai chi ha combinato il guaio, e a loro la denuncia serve per motivi statistici. Dal canto mio, lascio ferma l’auto quattro giorni in officvina e pago trecentoquattordici Euro di riparazione.

Oggi, dovendo andare agli uffici centrali dell’università, ne approfitto e passo in Comune a ritirare la comunicazione. È il giudice di pace di Marsala che mi scrive: “Dichiara cessata la materia del contendere, con conseguente estinzione del procedimento. Spese compensate.”

In soldoni, che cosa è successo? Che le ferrovie, apparentemente per mera incuria ma io ho cattivi pensieri, fanno in modo di rendere praticamente impossibile comprare i “titoli di viaggio” e, dunque, chi sale in treno è una sorta di clandestino. Tra i passeggeri, tutti senza biglietto, si sceglie il più fesso (io mi distinguo nel settore) e gli si fa pagare la corsa per tutti. Se questo si accorge che lo stanno brutalmente fregando ingiungendogli di pagare, oltre a quanto palesemente non dovuto, addirittura una multa doppia, gli si lascia pagare la multa semplice e poi lo si minaccia: paga non la differenza ma il malloppetto intero! Mal che vada, se il malcapitato va dal giudice, si scrive che si è scherzato. Intanto si è incassato trentatre volte abbondanti il prezzo del biglietto e il giudice non fa pagare nemmeno le spese legali: io ho ragione perché le ferrovie hanno sostenuto un’idiozia ma le spese per dimostrarlo me le pago io. Al di là di tutto, il sistema funziona e rende.

Se si può cavare una morale da questa piccola storia di ordinaria italianità, direi che è questa: chi vuole vivere in questo paese deve essere italiano fino in fondo. Intelligenza e onestà devono lasciare il posto alla furbizia. In un numero enorme di occasioni sono le istituzioni e i servizi pubblici a fregare il cittadino e questo, se vuole sopravvivere, deve chinare la testa quando la vittima dei soprusi e dei raggiri è lui. Protestare non serve ad altro che a mangiarsi il fegato e ad aggravare, e neanche di poco, le eventuali spese, e questo serva di lezione.

La storiellina personale che ho raccontato è nulla paragonata ai bidoni che ho preso dalle procure della repubblica per le quali ho lavorato in passato. Per marginale informazione della docente romana analfabeta che non ha altro da fare se non cercare notizie, molto meglio se false, sul mio conto, da anni io rifiuto qualunque lavoro eventualmente richiestomi dalle procure perché il tutto si risolve regolarmente in un bagno di sangue.
In conclusione, se proprio vogliamo vivere qui, dobbiamo adattarci e, magari, inchinandoci alla saggezza del presidente della repubblica, essere anche orgogliosi di essere sudditi (ahimè, sudditi) o complici di un regime di farabutti.

Un consiglio pratico? Non andate a Marsala o, almeno, non partite da Marsala in treno. Se vi becca Orlando Giuseppe matricola2891925 potereste avere dei dispiaceri.

3 Commenti
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sammartino
13 anni fa

grazieincredibilmente mi ha tolto la censura! Grazie. Grazie anche per il nuovo insulto “analfabeta” ancora non l’aveva usato.Se per una volta avesse la grazia di documentare, in modo non autoreferenziale, le notizie false sarebbe ampiamente ringraziato. Cordiali salutiMaria Pia Sammartino RISPOSTA Gentilissima dottoressa Sammartino, prescindendo dal fatto ovvio che qui non è mai esistito alcun tipo di censura, sono moderatamente stupito che lei si sia riconosciuta in un personaggio senza nome. In questo blog, e lei dovrebbe saperlo, basta iscriversi e chiunque può scrivere, Grillo compreso, sempre che Casaleggio gli scriva qualcosa. Nel caso io non faccia nomi, ognuno poi… Leggi il resto »

Francesco Michelacci
13 anni fa

un sistema perverso
ed e’ colpa nostra che lo tolleriamo, ma non ci si puo’ far nulla, almeno in tempi brevi. A me capita questo, http://www.photosprint.it/forum/topic.asp?TOPIC_ID=36 e non so ancora come finira’.

RISPOSTA

Siamo un popolo senza attributi.

bosco
13 anni fa

Mia esperienza piu’ significativaVisto che si parla di italianita’ e di voler fregare il prossimo, aggiungo 2 episodi, uno di cronanca e uno tutto interno alla mia famiglia. 1)A Genova esistono posti chiamati “tonnare” dove i vigili vengono COSTRETTI ad andare per multare la gente.Sono posti dove le multe sono facili, continue, perche’ sono nevralgici, perche’ sono gestiti in modo PESSIMO e quindi il CRIMINE e’ sempre in agguato.Il comune dovrebbe essere processato e condannato per questo comportamento SCORRETTO, VISCIDO e francamente IMMORALE.Qualcuno si e’ mosso?Qualcuno e’ stato per lo meno avvisato!?NIENTE! Ora passiamo a noi.Mia moglie ha preso una… Leggi il resto »