La scienza avanza a grandi passi. O no?
“Evviva la Balilla / con tre marce / e marcia indré / di meglio no non c’è” era un vecchia canzone d’avanspettacolo che celebrava le meraviglie della Fiat 508, familiarmente Balilla. E a tre marce e marcia indré funziona la scienza o quella che noi chiamiamo tale.
C’è la scienza senza aggettivi, c’è quella dei grandi centri di ricerca dove regnano i
frequentatori dei salottini buoni, c’è la scienza delle carte bollate e c’è quella della marcia indré, quella, cioè, che nega tutto quanto viene dalle altre tre velocità semplicemente perché non fa comodo a chi paga la loro minestra.
Improvvisamente esce sul palcoscenico mondiale una notizia sconvolgente: le particelle solide e inorganiche possono (chissà: bisogna essere prudenti!) provocare malattie del cervello che si ripercuotono su quella che definiamo psiche: morbo di Alzheimer in particolare.
Molto in breve, l’Università britannica di Lancaster comunica i risultati di una ricerca aggettivata come “shocking”: nei cervelli di un gruppo di malati di Alzheimer c’è un sacco di particelle a base di ferro. Ma non solo: c’è pure particolato vario come quello a base di platino (e se fossero le marmitte catalitiche?, si chiede la scienza), di cobalto e altre porcherie assortite.
http://salute.ilgiornale.it/news/24610/-smog-cervello-presenza-ferro/1.html
eccetera.
Ora due punti stupefacenti del comunicato. Primo: le particelle di ferro (magnetite = Fe3O4) sono spesso sferiche e quella forma è tipica della formazione ad alta temperatura. Secondo: quella roba induce stress ossidativo, il che, senza farla troppo lunga, significa che le cellule invecchiano a grande velocità.
Insomma, l’inquinamento non solo uccide con i cancri, le malattie cardiovascolari e quant’altro (a capirlo ci abbiamo messo molti anni), ma attacca pure il cervello, addirittura – dicono gli scopritori del fenomeno – entrando attraverso il naso.
Non si può che, da una parte, essere sconvolti da tutto questo, e dall’altra tirare un sospiro di sollievo perché finalmente qualcuno del salottino buono se n’è accorto.
Con tutta la modestia del caso, noi che nel salottino buono non ci stiamo e, anzi, noi cui il salottino buono fa in qualche modo ribrezzo, tutta questa roba la diciamo da almeno una dozzina d’anni e chi non si è addormentato alle mie conferenze potrebbe magari ricordarsene.
Che ciò che noi scopriamo resti lettera morta o, peggio, sia definito fuffa finché qualcuno che conta non lo “scopra” è cosa del tutto abituale che non ci sconvolge affatto e, a dire il vero, ci fa anche piacere. Essere derubati significa semplicemente che abbiamo qualcosa di valore da rubare e, nei casi specifici, gli “scienziati” della marcia indré avranno sempre più difficoltà a cercare di farci camminare come i gamberi. In più, chi siede nel salottino buono non è costretto a funzionare solo con l’ingegno e senza mezzi, ma ha a disposizione qualcosa che tappa quelle falle, potendo così documentare meglio le “scoperte”. Dunque, benvenuti o, forse meglio, ben svegliati!
La sola cosa che ci dispiace è che, avanzando così, si rallenta non di poco la marcia verso conoscenze ufficiali che possono salvare tante vite.
Ora diamo un’indicazione per il prossimo, desideratissimo furto: ci auguriamo che qualcuno “che conta” scopra le polveri che inquinano i vaccini, in modo che l’imbecille di turno fatichi un po’ di più a raccontare le sue fandonie criminali.
In bocca al lupo, umanità!