A sorpresa, da qualche giorno ricevo telefonate e mail che mi chiedono dell’indagine che noi stiamo conducendo da qualche anno sui cibi e, in particolare, sul loro inquinamento da polveri sottili inorganiche. Forse un po’ ingenuamente, pensavo che l’argomento, pubblicizzato a suo tempo dal comico Beppe Grillo, fosse chiuso, avendolo illustrato centinaia di volte in ogni particolare e avendone descritto il razionale sul sito del laboratorio (www.nanodiagnostics.it) in modo, credo, comprensibile da chiunque. Purtroppo, pare non essere così. Un giornalista svizzero m’informa che da un paio di mesi o giù di lì circola su Internet uno scritto di cui s’ignora l’origine e che riporta varie cose del tutto inesatte. Si esordisce dicendo che le particelle inquinanti provengono dagl’inceneritori (o “termovalorizzatori”, secondo la dizione dei mascalzoni che ce li propinano) e le si paragona a quelle provenienti da altre fonti, per esempio il traffico, giudicandole molto più pericolose. Ora, questo è falso. Non ha importanza da dove venga questa roba: ciò che importa è la dimensione e la composizione chimica, e in questo non c’è differenza sostanziale tra le due fonti. Il problema dell’inceneritore è di non avere alcun tipo di utilità e di rendere i rifiuti incomparabilmente più tossici dopo il trattamento di combustione. Poi c’è un elenco di marche e prodotti che, sempre secondo l’anonimo autore, sarebbero da bandire. Come spiegato fino all’esaurimento delle forze, ogni prodotto è stato esaminato in un solo campione e, dunque, non sappiamo se il ritrovamento sia occasionale o si tratti di una presenza costante. Subito dopo si parla di lettere che noi avremmo indirizzato ai produttori di questi alimenti senza aver ricevuto risposta. Falso: mai abbiamo scritto
e, dunque, la non risposta è ovvia. Mi è stato pure riportato che circolerebbe la voce secondo cui alcune ditte di prodotti alimentari si sarebbero prodigate per farci togliere il microscopio elettronico di cui ci servivamo. Ancora una volta, la cosa è non solo falsa ma perfino ridicola. Il microscopio ci è stato tolto, ma non certo per opera di quelle aziende che nulla avrebbero potuto. Infine, ancora una volta ripeto il perché di quell’indagine che stiamo tuttora continuando ma che, vista la pubblicità distorta che le è stata data, ben ci guardiamo dal rendere pubblica. L’intenzione era e resta quella di fare una sorta di foto istantanea dei cibi che mangiamo per dimostrare che questi sono in parte affetti da inquinamento ambientale, e che di questo la legge si disinteressa. Abbiamo anche voluto far vedere che certi prodotti micro e nanometrici non biodegradabili di cui nessuno ha mai dimostrato la biocompatibilità vengono aggiunti di proposito a certi alimenti (certe cioccolate e certe gomme da masticare, per esempio) senza che gli organi preposti alla salvaguardia della nostra salute chiedano ragguagli, se non altro in base al principio di precauzione che è legge e che è costantemente disatteso. Io sono certo che chi ha scritto quel messaggio aveva le migliori intenzioni del mondo, ma è buona norma controllare accuratamente ciò che si scrive, specie se questo entra in un circuito tanto grande quanto incontrollabile quale Internet. Dare notizie false non aiuta di certo e, facendolo, si rischia di cadere nello squallore di chi le notizie le falsifica con intenzioni tutt’altro che lodevoli. E sappiamo tutti di chi si parla.