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Mercoledì a Porta a Porta

Per mercoledì mi hanno invitato da Vespa, a Porta a Porta, e non credo lo abbiano fatto volentieri. Lo hanno fatto probabilmente perché sono stati costretti a farlo, come ha detto pubblicamente e, lasciatemi dire, con candore, quel tale di cui non ricordo il nome che m’intervistò brevemente e male a Uno Mattina qualche giorno fa.

Ormai da tempo abbiamo fatto indigestione di Veltroni e Berlusconi (chi è uno e chi è l’altro?), di Casini, di Bertinotti, di Santanché, di Boselli e perfino di Ferrando, e credo che una piccola variazione di menu consistente nel vedere la mia faccia diffusa nell’etere dalla TV di regime (pardon, di stato) possa essere di qualche sollievo. Sono in parecchi a “consigliarmi” di andare ai vari Ballarò, Anno Zero, o a trasmissioni simili, ma, cari signori, non sono io a non volere andare: sono loro a non volermi. Mediaset? Lasciamo perdere.

Così, in questo squallidissimo periodo che prelude alle elezioni – elezioni, lo ricordo, che stridono con gli articoli 56 e 58 della Costituzione, ma che sono una delle poche occasioni che abbiamo per recuperare le chiavi di casa nostra, e speriamo non l’ultima – mi sono ascoltato volente o nolente le esternazioni dei vari personaggi da commedia dell’arte che per decenni ci hanno afflitto e che, con una faccia di bronzo in qualche modo ammirevole, strepitano contro lo schifo che loro stessi hanno creato presentandosi grottescamente come "il nuovo". Ipocriti?

Altrove non ci sarebbero dubbi. Per noi italiani, semplicemente “politici navigati” che sanno come funzionano le cose da noi e ai quali portare il nostro "voto utile". Se sfrondiamo i loro discorsi dai fronzoli e dalle chiacchiere, non possiamo non accorgerci che nessun argomento serio, da statista, intendo, e non da politicante da dozzina, è affrontato. Ma nessuno ne chiede conto.

Non ho sentito, infatti, nessun giornalista cui sia venuto in mente di domandare – né ai politici di dire – quale sia la condizione reale dell’ambiente (al di là delle veronesate) né che cosa s’intenda fare per non suicidarci a spese nostre.

Nessuno che abbia messo questi figuranti davanti alle leggi della fisica, della chimica e della biologia e abbia domandato loro il perché di questa pazzesca politica dei rifiuti se quelle leggi sono incontestabili.

Nessuno che abbia domandato che cosa diavolo significhi essere “ambientalisti del sì”. Sì a che cosa, di grazia, se l’argomento è l’ambiente e voi lo avete devastato, lo state devastando e proponete di fare peggio?

Nessuno che abbia domandato che cosa s’intenda fare, da politici, per prevenire le malattie (quella che si chiama prevenzione primaria) invece di fare di queste una fonte per succhiare quattrini spacciando certe strategie demenziali proprio per prevenzione.

Nessuno che abbia posto il problema dei concorsi pubblici, ad esempio, tra i tanti, quelli universitari, che sono una tradizionale quanto grassa occasione di corruzione e che, condotti come sono, hanno ridotto questa povera Italia alla non competitività.

Nessuno che abbia domandato ai vari Di Pietro, Veltroni, Berlusconi o a tutti gli altri profeti di quello che nei ronzii delle loro testoline è il “progresso”, a che cosa siano volte le famose “grandi opere”. E parlo, ad esempio, dei miliardi da sfilarci e da spartire per la TAV, quando nove passeggeri delle ferrovie su dieci continueranno a viaggiare in una sorta di luridi carri bestiame che arrivano se ne hanno fantasia e le risorse andranno spese per far risparmiare qualche minuto ad un’infima minoranza di passeggeri e solo su pochissime tratte.

Nessuno, poi, ha mai sollevato il problema della libertà d’informazione, in Italia un concetto ormai in coma profondo, né quello dei falsi che vengono prodotti e propinati giornalmente e di buona lena dai media.

Nessuno ha chiesto perché i due miliardi di Euro finiti in Campania per trattare i rifiuti siano svaniti. Peraltro, nessuno ha chiesto a questi personaggi perché solo ora strepitano sullo schifo della Campania invasa dalle schifezze, quando, magari, hanno carriere di stato o di governo pluridecennali. E nessuno ha chiesto ragione a Prodi del colpo di bacchetta magica che ha miracolato le ecoballe taroccate.

E le morti sul lavoro? Quando Bertinotti si strappa le vesti, perché nessuno gli chiede che cosa abbia fatto nell’ultimo quarantennio per mettere freno alla strage? Stessa cosa si applica a tutti gli altri coccodrilli che lacrimano dopo aver magiato a quattro palmenti.

E degli organi di controllo, quelli che ci costano patrimoni, quelli che tanto influiscono su quelle morti e sulla nostra salute in generale, perché non si dice e non si chiede? Perché nessuno ricorda lo sconcio dell’ARPA Veneta che finge di fare rilievi sulla diossina del rogo De’ Longhi di Treviso mentendo spudoratamente alla popolazione?

E perché nessuno parla più del vergognoso caso Berlusconi-Saccà, un caso che ad altre latitudini avrebbe significato la fine di qualcuno ma che da noi è stato subito archiviato, in cui c’erano dei senatori, restati accuratamente misteriosi e che, dunque, ci saranno riproposti, che per le grazie di qualche signorina erano disponibili a mutare l’equilibrio politico di una nazione di quasi sessanta milioni d’individui?

Continuo? Non credo ce ne sia bisogno.

A questo punto, credo sia chiaro perché sono tutti d’accordo ad ignorare PER IL BENE COMUNE. È ovvio: noi siamo l’unica voce che canta fuori del coro, l’unica che, non avendo sponsor e, dunque, non avendo contratto debiti “di riconoscenza” con nessuno, è libera. L’unica che non paga per finire in TV (per mie apparizioni sono stati chiesti soldi e noi abbiamo mandato a quel paese le “fonti d’informazione”). L’unica che non sta né a destra né a sinistra né al centro, ma che sceglierà, occasione per occasione, chi appoggiare in questa o in quella proposta senza preconcetti, inciuci o mercateggiamenti. L’unica che mette in pericolo il regime, perché, se la gente si sveglia dall’anestesia, sono guai. Guai non solo per i politici di lungo corso o per quelli d’assalto, ma anche per tanti giornalisti che si sono ricavati la loro nicchietta al calduccio, magari anche per la loro prole o, comunque, per i loro affini. Dunque, meglio coprire tutto di silenzio: così non ci sono imbarazzi, non c’è bisogno di mentire e non si corrono pericoli.

Spiacevole? Un po’ sì, lo ammetto, ma a ben guardare questo regime di ceppi e bavagli che ci viene imposto dalla casta, compresi i comuni (vedi qualche giorno fa quello di Bari) che ci rifiutano con arroganza gli spazi, sono un riconoscimento inequivocabile per noi e per tutti coloro che ci seguiranno. Noi, i rivoluzionari che non pretendono altro che il rispetto delle leggi e del buon senso e che la rivoluzione minacciano di farla con una crocetta a matita sulla scheda elettorale, siamo un corpo estraneo pericoloso e, si sa, nel nostro disastrato Stivale la correttezza e l’onestà sono nemici da temere e da combattere.