Sabbie mobili. Ogni giorno che passa scivolo sempre di più nella certezza che non se ne esce. Disperazione non per me: per i miei figli e per chi, comunque, mi seguirà.
L’ILVA chiude. Cinquemila famiglie alla rovina. No: ventimila. No: di più, perché chiuderemo tutte le fonderie d’Italia. Giusto: le chiuderemo e noi, eroici industriali, andremo a goderci i quattrini che negli anni abbiamo onestamente guadagnato con quelle fonderie. Andremo dove le istituzioni non ficcano il naso negli affari privati. Andremo dove si rispetta chi lavora. Comunque lavori.
E noi, noi che industriali non siamo, noi che abbiamo la ventura di abitare in questo paese schifoso che più schifoso non si potrebbe resteremo con le nostre istituzioni, con i nostri “politici” preoccupati solo di non vedersi scivolare da sotto il sedere ingrassato fino a scoppiare quella poltrona che partorisce oscenamente soldi e privilegi da satrapo. Resteremo con i nostri sindacalisti ignoranti e ipocriti che mandano in piazza milioni di persone con le bandiere per cinquanta Euro l’anno di aumento nei loro salari e se ne fregano bellamente se, poi, i posti di lavoro equivalgono a camere a gas. Resteremo con la nostra libertà di stampa a livelli che farebbero arrossire un vilipeso abitante del cosiddetto Terzo Mondo. Resteremo con le nostre università da bassifondi delle classifiche mondiali e con i loro professori juke box: metti la monetina e loro ti cantano la canzone che ti piace.
Noi non abbiamo una classe politica. Sì: in questa penisola dalla forma ironicamente buffa non c’è un solo politico. Il politico è uno statista, è qualcuno dalla vista lunga e onesta che prevede, dati alla mano, il futuro. Noi abbiamo un parlamento di ballerinette e di clienti di ballerinette e lo sfacelo percola giù fino ai consigli di quartiere. Meno vistoso, meno ricco, infinitamente con meno glamour, ma la puzza arriva chiara e forte fin là sotto.
Non passa giorno senza che qualche orrore venga a galla, e sono tutti, assolutamente tutti, orrori evidenti fin dalla loro nascita. Anzi, fin dal loro concepimento. Che l’ILVA fosse una fabbrica inesauribile di veleni lo avrebbe visto anche un cerebroleso. Io andai a Taranto nel marzo del 2008, feci un breve giretto intorno alla fabbrica, poi, la sera, in una conferenza, dissi esattamente (esattamente) le cose che si strepitano adesso. Non più di cinquanta sfigati mi ascoltavano. Poi nessuno fece nulla: tutti a mangiare cozze avvelenate.
Tra qualche anno scoppierà inevitabile la tragedia degl’inceneritori. È scritto nel cielo. E allora ci sarà il panico: dove metteremo tutti questi rifiuti che ci hanno insegnato a produrre? E le migliaia di malati di cancro? E i bambini malformati? E gli aborti? E le altre malattie da inceneritore? E l’agricoltura devastata?
Chi pagherà per questo? Nessuno, naturalmente. Chi ha intascato i pochi quattrini leciti e le montagne di quelli illeciti, mazzette comprese, sarà chissà dove a godersi i frutti del proprio “lavoro”. Naturalmente sperando che qualcosa non maturi anche nei loro organismi. I professori che si sono prostituiti in cambio di un’elemosina per sottoscrivere perizie grottesche o per tenere conferenze da avanspettacolo o per pubblicare articoli criminali? Beh, anche a loro non accadrà nulla, ma quelli avranno fatto ancora peggio perché avranno figliato una generazione di laureati che ignorano le basi stesse della scienza e che, per questo, in un’incontenibile reazione a catena, saranno feconde cellule cancerose di una società, di una specie animale che, come scrisse Danilo Mainardi, si estingue volontariamente.
Ma noi abbiamo un’ancora di salvezza: per fortuna che Beppe c’è. L’abbiamo visto all’opera a strillare che LUI avrebbe acquistato un microscopio per la ricerca, una ricerca che avrebbe salvato il mondo. L’abbiamo visto farsi beffe di chi c’era cascato, l’abbiamo visto portarsi via il microscopio e tenerlo rigorosamente spento per evitare che qualcuno mettesse a rischio i business che lui difende. L’abbiamo visto ad Aosta e a Castelvetro di Modena arraffare meriti che non ha. L’abbiamo visto uccellare i poveri ragazzotti illusi di lottare contro i mostri che invece, lui, il divino Beppe, protegge. In fondo, l’importante non è la cosa in sé ma la percezione che se ne riceve.
Qualche giorno fa parlavo con un piccolo esponente della maggioranza (?) di governo (?) impaurito dai 130 grillini che si aspetta in parlamento alle prossime elezioni. Certo, sarà una tragedia: 130 Favia sono una dose letale per qualunque nazione. 130 burattini di Casaleggio sono un veleno che uccide il futuro. Ma che fare? Io gli dissi: “Dovete rassegnarvi ad un sacrificio: smettere almeno di rubare per quattro o cinque anni.” La risposta, accompagnata da uno sguardo smarrito, fu lapidaria: “Ma come si fa?”
Taranto così?
Allo studio un'”ipotesi Acerra”: considerare l’ILVA sito d’interesse strategico nazionale, beffando l’ingiunzione a bloccare le fonti inquinanti fino al ripristino della legalità. In Italia si fa, come fece Prodi -a pochi giorni dal passaggio di consegne a Berlusconi- con discarica e inceneritore di Acerra, militarizzandoli nel 2008.
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cui prodest?
Ovviamente il “cui prodest” non è mai un criterio valido per interpretare gli avvenimenti. Bisogna invece convenire onestamente che la NATO è fortunata, o è protetta da Dio. Anzi, diciamo pure che ormai la NATO è Dio, così si fa prima.
Taranto, via l’Ilva per fare posto alla NATO?
http://www.brucialanotizia.it/2012/08/21/taranto-via-lilva-per-fare-posto-alla-nato/
Veleni per altri 2 anni!
[b]Con il decreto via libera all’Ilva per altri 2 anni.[/b]
L’Aia “esplica in ogni caso effetto” e per ciò, dopo l’ok al decreto, “è in ogni caso autorizzata la prosecuzione dell’attività”
[url]http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=172039[/url]