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Le dobbiamo un grazie, signor ministro

  

Ormai sono abituato a ricevere messaggi che stridono con ciò che questo blog si propone. Sgradevole ma, tutto sommato, quasi fisiologico. 

Ora, però, sto ricevendo privatamente qualche messaggio che mi permetto di definire più ignobile della norma. 

Il post pubblicato in questo sito il 3 gennaio scorso a firma Antonietta M. Gatti (mia moglie) a proposito dello stanziamento di 30 milioni di Euro per i militari contaminati da uranio e particelle contiene la frase che riporto di seguito: “In pratica si è ammesso che ci sono proiettili invisibili che uccidono anche in modo ritardato e che quindi il soldato che si è ammalato in patria è un eroe al pari di chi è morto in un attentato o colpito da un proiettile in zona operativa. Il nostro governo ha riconosciuto che anche questi ragazzi, morti fra mille sofferenze in un letto d’ospedale, hanno servito il proprio paese in modo esemplare fino all’ultimo e non sono diversi di chi ha lasciato la vita per una bomba o un proiettile in Iraq, in Afghanistan o nei Balcani.” 

In questa frase c’è chi ha voluto leggere la concessione di una sorta di patente d’eroismo a chi combatte o ha combattuto nelle zone interessate dalle cosiddette “missioni di pace”, cosa del tutto estranea al testo e, soprattutto, alle mille dichiarazioni fatte da mia moglie e da me in tutti gli anni in cui ci siamo battuti perché si riconoscesse una verità scientifica che ha al seguito pesanti ricadute sociali e biologiche. Lo spiego per gl’inesperti di comprensione del linguaggio: essere eroi al pari di qualcun altro non significa essere eroi in assoluto ma esserlo come qualcun altro che, magari, eroe non è. Dunque, zero è uguale a zero. Mille è uguale a mille. Con questo non entro affatto nella valutazione del grado d’eroismo di quei soldati, che non ha la benché minima rilevanza, ma spiego solo una frase che, per una qualsiasi persona di media intelligenza, non aveva alcun bisogno d’esegesi.  

Ciò che i miei corrispondenti non hanno capito è che a noi non importa un fico secco

dell’ideologia, dell’eroismo o della motivazione di chi stiamo in qualche modo aiutando. In decenni di sala operatoria, a me non è mai passato per la testa di chiedere a chi stava sul lettino se fosse comunista, luterano, omosessuale o interista né di controllare il passaporto né di sbirciare sotto il lenzuolo il colore della pelle. Piaccia o no, nel 1972 io prestai il Giuramento d’Ippocrate che recita, tra l’altro, “(giuro) di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale;” e “(giuro) di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi m’ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità condizione sociale e ideologia politica; (giuro) di prestare assistenza d' urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni…” Lo prestai e ci credo ancora, oggi più che mai. 

Voglio chiarire anche come da anni ci stiamo battendo per far capire che le nanopolveri generate dall’esplosione di proiettili all’uranio e al tungsteno siano un’arma di distruzione che perpetua i suoi effetti per tempi lunghissimi e che colpisce non solo il “nemico” di oggi ma estende i suoi effetti ai loro figli e ai figli dei loro figli. Dunque, un’arma che deve essere totalmente bandita perché va ben al di là del concetto di “distruzione di massa” per arrivare alla distruzione delle generazioni future. E per distruzione non intendo solo la morte ma tutte le nanopatologie, comprese le orrende malformazioni che chi ha contatti con certe zone contaminate conosce da anni a dispetto delle squallide censure che vengono imposte un po’ dovunque, compresi certi consigli comunali o certi consessi autodefiniti “scientifici” di casa nostra.  

Di questo ho parlato mille volte ed ho scritto nel libro Il Girone delle Polveri Sottili e nel libro Nanopathology ma, evidentemente, l’ho fatto invano, visto che ormai è invalso l’uso di parlare senza la minima cognizione di causa in base ad un’idea malintesa di democrazia. 

Oggi, di fronte a quello che è, a livello mondiale, il primo riconoscimento politico di responsabilità delle nanopolveri, un riconoscimento che, se usato come si deve, può aiutare le vittime degl’inceneritori, delle centrali termoelettriche, delle centrali a biomasse, eccetera, c’è chi vomita la miseria della propria anima storcendo il naso sul risultato perché a favore di “mercenari” o, comunque, di persone che si comportano in maniera che contrasta con un’ideologia che, guarda caso, è pure la mia.

A questi personaggi meschini vorrei far sbattere quel naso moccioso sul letto di chi sta crepando come crepano i nostri “eroi” e chiedere loro che cosa risponderebbero se, in uguale sofferenza, trovassero un mostro loro pari che, prima di alzare un dito in aiuto, li interrogasse per bene e vedesse se le idee combaciano. A loro esterno tutto il mio orrore e l’accusa di complicità morale con chi sta massacrando noi e chi verrà dopo di noi. 

Ringrazio, invece, il ministro Ignazio La Russa, lontanissimo dalla mia ideologia politica, per l’onestà, per l’intelligenza e per la sensibilità dimostrata in questo frangente. Stavolta le istituzioni hanno funzionato. 

Immagine da: http://ansard.files.wordpress.com/2008/06/la_russa_ignazio.jpg