I commenti fuori tema saranno cestinati
Da un mese a questa parte, più o meno ogni giorno mi arrivano mail o, per chi mi conosce da vicino, telefonate per sapere se mi presenterò alle prossime elezioni di giugno.
Per chi non ha voglia di perdere tempo, rispondo subito: no.
Lo scorso anno, convinto da persone per bene e da un programma ineccepibile, mi sono letteralmente massacrato su e giù per l’Italia nell’ingenua persuasione che in politica onestà, competenza e bontà d’intenzione bastassero.
La realtà dei fatti, cruda come deve essere e come mi è stata sbattuta in faccia dallo statista Maurizio Gasparri nel corso di un helzapoppin televisivo chiamato Matrix, è stata che al 99,7% degli elettori di tutto questo non importa un fico secco. La politica è un prodotto come un altro, come un detersivo che lava più bianco, come un’acqua che fa fare plin plin, come un cremone scioglipancia. Non conta ciò che c’è dentro, non conta ciò che effettivamente si mette sul bancone di vendita: conta catturare i cervelli e farci entrare quel nome e il desiderio di avere quella cosa, indipendentemente dal suo reale contenuto che, di fatto, è irrilevante.
Ecco spiegata l’esistenza di manifesti giganteschi che costano ognuno come tre stipendi: vota Pinco Pallino. Qual è il messaggio? Perché dovrei votare Pinco Pallino? Che cosa propone il signor Pallino? Non ha importanza: tu vedi il suo faccione appiccicato sul muro, il nome ti entra in testa e, quando lo vedi in TV, è come se ti apparisse nella scatola delle meraviglie il tuo vicino dello stadio: quella faccia ti è in qualche modo familiare e, alla fine, la compri. Esattamente come fai preferendo un detersivo del tutto identico al suo vicino di scaffale, se non altro perché esce dallo stesso barile.
La cosa, semplice in sé, diventa complicata perché,
per avere successo di vendita, bisogna comprare i media e bisogna promettere vantaggi a chi maneggia mandrie di voti. Il che prevede che si disponga di un bel pacco di quattrini, quattrini che, in qualche modo, devono poi ritornare con gl’interessi, e questi interessi, è inevitabile, dovrà alla fine pagarli il cosiddetto popolo, in realtà nient’altro che carne da voto e da tasse.
Ecco perché non solo io non ce l’ho fatta, ma non ce la farò mai. Gl’italiani hanno detto forte e chiaro che preferiscono essere rappresentati dalla signora Prestigiacomo, dalla signorina Carfagna, dal professor Zero, dal presidente ARPA Emilia Romagna divinizzato per meriti d’obbedienza… Se qualcuno avesse per le mani il nipotino di Incitatus, il cavallo che tanto piaceva a Caligola e che fu fatto senatore, si faccia avanti: se proposto come le regole del gioco comandano, un posticino di sottosegretario non glie lo leva nessuno. A ben guardare, un nitrito può essere meno offensivo di certe esternazioni.
Già i 120.000 voti ottenuti ad aprile l’anno scorso possono considerarsi un miracolo o, meglio, un piccolo incidente di percorso dei “politici” veri, se non altro stante il silenzio cocciutamente leale verso chi li paga (e non sempre si tratta di denaro in prima battuta) di TV, radio e giornali circa l’esistenza stessa del movimento che ero stato sventatamente incaricato di rappresentare come candidato premier. E scusate se mi viene da ridere nel vedermi competere con plutocrati superprofessionisti delle televendite o con i comatosi portacolori di una sinistra che sarà sì in avanzato stato di putrefazione ma che, pure, conta ancora in uno zoccolo duro di fedeli (nel senso religioso del termine).
I miei corregionali possono avere un’idea di come funziona il gioco osservando un tale Tiziano Motti, editore di un giornale locale e fondatore di un movimento su cui non ho alcuna intenzione d’impegnarmi in discussioni. Qual è il valore aggiunto alla politica che costui propone? Boh! Ma non ha importanza: appoggiato da stelle come il già nominato Gasparri e – giù il cappello! – come il professor Zero, questo ha tappezzato la regione di manifesti con la sua faccia, sta investendo tanti tanti soldini, e un posto al parlamento europeo lo acchiapperà di sicuro.
Recentemente qualcuno mi ha avvicinato per una candidatura a livello provinciale o, ancor più riduttivamente, comunale.
Nemmeno lì sarei competitivo, perché anche in quei modesti agoni occorre, certo, più in piccolo, quello che occorre per correre in categorie superiori: quattrini, intrighi e quello che si chiama volgarmente pelo sullo stomaco.
Che ci farei io?
Dunque, vi prego, non chiedetemi più se mi candiderò.
Immagine da: http://bestpicsaround.com/pics/pic_1229624525047.jpg