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In silenzio, è morto un eroe

Ieri è morto Fabio Maniscalco, di professione archeologo.Ma ieri non è morta solo una persona di 43 anni per una rara forma di adenocarcinoma del pancreas: è morto un eroe dei nostri tempi, ed io gli voglio rendere merito. Io voglio che la sua morte lasci un segno nella nostra esistenza.Come tanti altri soldat, Fabio è stato in “missione di pace” nei  Balcani  (1995-97), ma al di là dei suoi compiti ha cercato di portare la sua cultura di archeologo in quei luoghi bombardati. Ha cercato di dare un contributo costruttivo, di salvaguardia della storia e del nostro passato in un territorio segnato dall’odio e dalla distruzione. Il suo lavoro di censimento e di verifica su monumenti e reperti museali in una nazione che cercava faticosamente di uscire da una odiosa guerra etnica voleva essere un segno di ricostruzione, di speranza.Questa voglia di dare speranza l’ha condotto poi in altri teatri bellici, sempre per recuperare pezzi di storia evitando che la cecità umana li spazzasse via. Non vorrei scriverlo, ma forse questa speranza è morta con lui. All’interno di questa tragedia, c’è un aspetto inquietantDi lui, così, conosco una realtà interna, nascosta, intrigante e incredibile.e, una beffa del destino,  perché la sua morte è da ascrivere alle attività che ha svolto in quei territori. Io non l’ho mai conosciuto di persona. Ho sempre parlato con lui per telefono perché quando mi ha cercato era già ammalato. Ammalato al di là di ogni possibilità di salvataggio. Con voce ferma, senza tradire la paura della morte, mi ha chiesto se potevo e se volevo analizzare una sezione del suo corpo: un pezzo di quel tessuto malato che gli era stato asportato ma che aveva già messo delle radici profonde in tutto il suo essere. Di lui, così, conosco una realtà interna, nascosta, intrigante e incredibile. Guardando questo tessuto con “occhi ultrafini” ho visto miriadi di particelle di metalli dislocate ovunque nei campioni di milza dove estrinsecavano la loro bellicosità. Sì, perché le guerre moderne stanno diventando veramente raffinate. Le bombe, esplodendo, inquinano irrimediabilmente l’aria e riescono ad agire anche dal di dentro dei corpi. Silenziose. Senza che nessuno veda. Senza che nessuno sappia. Senza che nessuno voglia sapere. L’azione di queste bombe può avere due effetti: uno immediato (il soldato o il civile viene colpito direttamente quindi è ferito o muore) ed uno è ritardato. È l’effetto più subdolo e forse più crudele. Gli effetti delle esplosioni, le polveri finissime generate, possono rimanere nel territorio e uccidere lentamente, senza fretta, per tantissimi anni, anche quando i trattati di pace sono stati firmati e la guerra è un ricordo da cancellare. E uccidono senza distinzione di specie, di grado di parentela, di appartenenza politica. Sono molto democratici.All’interno del tessuto di Fabio, oltre ai metalli pesanti ho trovato anche polveri d’oro, non oro e basta: oro legato ad altri metalli. Le  composizione identificate non esistono in nessun manuale di materiali e  sono il frutto casuale di una combustione incontrollata. Restando nell’ambito di lavoro di Fabio Maniscalco, archeologo, poniamo che una bomba colpisca un museo che contiene reperti di ceramica, di tanti metalli e tra questi l’oro. La temperatura altissima che lo scoppio induce fonderà tutte queste sostanze e molte, addirittura, le sublimerà. Poi il tutto si ricomporrà in maniera che con il prima non avrà nulla a che fare, e saranno polveri di composizioni mai viste in altre circostanze. Lui cercava di salvare reperti nei musei, ma non è riuscito a salvare se stesso dagli effetti che la guerra aveva creato. Un parte di quel mondo che aveva tanto amato gli è entrata nel profondo contaminandolo. Sembra un paradosso, ma è ciò che le analisi mostrano con chiarezza. Non ho trovato altra spiegazione dallo studio anamnestico che ho fatto con lui e ciò che ho trovato è profondamente logico. L’andare in cunicoli bombardati per ritrovare frammenti di storia senza alcuna protezione non è sano. All’interno di cunicoli o di camere sotterranee bombardate rimane un pulviscolo che, se inalato, è insidiosissimo. Ecco perché il professor Maniscalco è un eroe: perché ha pagato con la vita il suo amore per il passato, per la cultura, per le radici. Qualcuno gli riconoscerà questo merito? L’anno scorso era stato proposto per il Nobel per la pace del 2008. Ma non c’è più tempo. La sua morte deve essere un messaggio, un monito per governanti e politici: mentre voi decidete a tavolino la morte, alcuni lavorano pensando al nostro futuro attraverso la salvaguardia del nostro passato. Purtroppo la vostra morte ha raggiunto anche lui.Quante altre persone meno famose, sconosciute, sono morte o moriranno in questo modo? E non penso solo ai soldati, ma penso agli addetti delle varie associazioni non governative, ai volontari, ai giornalisti  che hanno frequentato e frequentano quei luoghi, ignari di altri pericoli, che non quelli immediati creati dalle bombe. Chi si prenderà cura di questi eroi? Della loro memoria, almeno?Vorrei esprimere il mio rammarico per non essere riuscita a salvare questa persona pur avendo visto la causa della sua morte. Quando il mondo si frammenta in “schegge” così piccole, così insinuanti ed insidiose, io non posso toglierle e i farmaci sono inefficaci. Nessuno puo’ fare niente. Però si può fare prevenzione. Si possono scrivere procedure, allestire attrezzature idonee.Il problema è: c’è qualcuno che mi sta a sentire in questo silenzio di tomba? C’è qualcuno a cui interessa sapere che la guerra continua anche quando il libro ufficiale della storia ha chiuso la pagina?