Per una serie di ragioni che sarebbe triste sviscerare, da quattro anni e mezzo abbondanti io sono consigliere comunale a Nonantola, paese che si vanta a giusto titolo di una certa dignità storica sito alle porte di Modena. Consigliere di minoranza, inutile dirlo, e con una maggioranza che mi onora dell’appellativo
di “profeta”. Credo non serva chiarire che il tono dei miei colleghi è quello del becero da mescita pubblica, ma in questo non c’è nulla che debordi dallo stile non solo della cosiddetta politica nostrana ma pure da quello dell’accademia. Così, se è vero che è l’uso a fare la regola, in questo è tutto a posto.
Più o meno tre anni fa, a Padova, per compiacere un amico partecipai ad un convegno che aveva per tema centrale l’anidride carbonica e i suoi effetti sul mondo. Nel mio breve intervento io sostenni che distruggere le foreste tropico-equatoriali (oltre a quelle di casa), sterminare i modesti foraminiferi, produrre con lena crescente, tra combustioni inutili e allevamenti sconsiderati di animali da reddito, anidride carbonica, metano e altri gas serra, e continuare a sputare calore dalle ciminiere avrebbe innescato molto rapidamente una serie di cambiamenti climatici non propriamente piacevoli, cambiamenti di cui – parlo di tre anni fa come fossero secoli – già c’erano palesi avvisaglie. Fedeli a loro stessi i luminari di regime mi guardarono con l’espressione di chi, dall’alto di una sapienza sublime, si trova a guardare un imbecille. Catastrofista e ignorante furono i giudizi sulla mia pagella.
Per anni io ho sostenuto, ragionamento scientificamente elementare alla mano e dati miei di laboratorio, che i filtri anti-particolato montati sui mezzi di locomozione di tipo Diesel non sono dispositivi saggi perché ciò che ne risulta è qualcosa d’infinitamente più aggressivo di quanto non produca lo stesso motore senza l’aggeggio. Anche per questo le reazioni pendolarono tra lo scandalizzato, l’arrabbiato e il beffardo. Quella volta la mia pagella riportò il giudizio di cavernicolo.
Prima ancora che iniziasse il millennio corrente io sostenevo, sempre sulla scorta di dati miei di laboratorio, che le micro- e le nanopolveri che continuavamo a scaricare in aria, nell’acqua e nel terreno stavano devastando il Pianeta e i suoi abitanti. Immancabili le risate, ma anche, nell’occasione, l’imbavagliamento perdurante. Politici, industriali, giornalisti e professori costituivano un’alleanza arcigna e popolarmente del tutto credibile. Ciarlatano fu il voto che mi contrassegnò.
Continuando, non ho tenuto conto di quante volte in passato ho fatto la spola con la Campania, denunciando la dissennatezza dei politici, dei controllori e anche di una parte tuttaltro che trascurabile degli abitanti di quella che da un po’ si chiama pittorescamente Terra dei Fuochi. Tutti sapevano, tutti chiudevano un occhio o anche tutti e due, e non poi pochissimi di coloro che comparivano in TV con i loro strepiti e con le loro lacrime strillando perché questo o quel parente stava crepando di cancro diventavano dei notturni Mr. Hyde ansiosi di aprire i loro campicelli ai camion in attesa di potevi rovesciare i veleni forestieri. Io sostenevo che lì nessuna bonifica sarebbe mai stata tecnicamente possibile, non importa con quanto denaro e con quante forze tentata. Il mio voto? Non classificato, visto che nessuno mostrò nemmeno di essersi accorto di me. Una piccola eccezione fu quella di un sindaco e di un vicesindaco importanti. Questi mi dissero che mi avrebbero incaricato di dare loro una mano. A volte, però, la memoria di chi è troppo indaffarato gioca qualche scherzo e della cosa ci si è dimenticati. Nessun problema. Anzi: meglio di me c’è una lista infinita di nomi.
Potrei continuare, magari con Taranto e con un po’ di altri casi di “profezia”, ma ho già approfittato fin troppo della pazienza di chi mi legge e mi fermo qui.
Oggi, ormai agli sgoccioli dell’anno del Signore 2013, credo che nessuno tra i geni della fisica dell’atmosfera e della meteorologia che tre anni fa mi guardarono come si guarda un minus habens abbia la faccia tosta di negare che ciò che è avvenuto alle Filippine, negli Stati Uniti e, vedi un po’, a casa nostra non rispecchi quanto io affermavo e loro negavano. Ci voleva un profeta?
Alla chetichella, per ora sottovoce e fuori dell’ufficialità, i tecnici istituzionali che si occupano dell’inquinamento da traffico si stanno accorgendo che i filtri antiparticolato non sono il toccasana che chi con quelli fa montagne di quattrini, direttamente e non, giura siano. Anzi, ciò che esce dai tubi di scarico a ciclo di lavoro terminato è ben peggio di… Ma non sarebbe bastato non dico ascoltarmi perché sarebbe troppo, ma almeno ragionare?
Il mese scorso lo IARC, l’istituto dell’OMS con sede a Lione che classifica le sostanze responsabili d’innescare tumori, ha inserito le PM2,5 tra i cancerogeni di classe I, vale a dire al culmine della scala. Come mai io, sfidando la manifesta superiorità dell’oncologo di regime italiota per eccellenza che allora sosteneva l’esatto contrario e ora prudentemente parla d’altro, già lo dicevo una dozzina d’anni fa? Mica per illuminazione divina: semplicemente perché i miei dati di laboratorio ottenuti su casi reali erano inequivocabili. Ora speriamo che i capoccioni della Medicina non tardino ancora decenni per ufficializzare quanto si sa già sulle polveri. E lo si sa non fosse altro che perché il mio laboratorio lo sostiene, naturalmente servendosi di dati sperimentali propri, da tempo immemorabile. Aborti, malformazioni fetali, ictus, infarto, trombo-embolia polmonare, malattie neuro-endocrine, malattie apparentemente insospettabili come il diabete di tipo 1, stanchezza cronica, insomma, le nanopatologie hanno tra le cause scatenanti proprio le micro- e le nanopolveri. Come breve noterella doverosa per l’imbecille di turno: i patogeni sono tanti e non sono solo le polveri. Comunque, se continueremo a fare i finti tonti negando o ignorando del tutto il fatto, non ne usciremo di certo. Magari, giacché ci siamo, cominciamo anche a dare un’occhiata a quello che c’è nei vaccini.
Qualche giorno fa ero a Roma alla Sala della Mercede, Camera dei Deputati, con mia moglie. Un professore dell’Università di Padova, peraltro molto in gamba, aveva proposto l’istituzione di una specie di task force mirata a bonificare i luoghi inquinati che si trovano nel nostro paese. Prescindendo dalla difficoltà di circoscrivere le localizzazioni, stante il fatto che è dir poco arduo trovare ancora qualche lembo di territorio che non abbiamo provveduto a contaminare, come si fa ad attuare una bonifica nel terreno, essendo questo l’obiettivo primario del progetto? Dove la terra è intrisa di veleni (quali e quanti è un altro bel problema) la contromisura più comune che si prende è quella di rimuovere uno straterello e di portarlo altrove, cioè in qualche posto dove gl’indigeni non hanno idea di che roba si tratti. E le falde acquifere? Beh, basta alzare i limiti di legge per i pochi veleni che si “controllano” senza parlare degli altri e il gioco è fatto. Ma, a parte ciò e a parte tutte le impossibilità tecniche d’intervento, tra le non poche perplessità che mi ha destato l’iniziativa ce ne sono almeno due importanti. Una è che i partecipanti devono lavorare gratis e, anzi, a spese loro. Insomma, chi ha avvelenato aria, terra ed acqua ricavandone montagne di quattrini (industriali, controllori e politici tutti nella stessa orchestra, senza scordare la connivenza servile di tanti mezzi di cosiddetta informazione) si alza da tavola lasciando ad altri il conto da pagare, mance per nulla escluse, e, in più, anche i piatti da lavare. Un altro dei punti che destinano al fallimento sicuro per impantanamento l’iniziativa è quella che i più entusiasti appaiono proprio coloro che hanno favorito il disastro legiferando negli anni in maniera criminale e omettendo o addomesticando i controlli. Nessuno di loro sborserà un centesimo perché lo stipendio per loro arriva comunque. Questo privilegio limitato a quella categoria impedirà prima o poi agli uomini di buona volontà senza santi in paradiso di lavorare più di tanto. E, come bonus fondamentale, quelli avranno il privilegio aggiuntivo di poter zavorrare a loro piacimento il gruppo. Curiosamente, a nessuno è venuto in mente che la cosa da fare subito, senza indugiare ancora, è quella di cominciare a dare informazioni corrette alla gente e, insieme, di mettere in discarica i politici, i funzionari e i professori che hanno contribuito a quella che oggi comincia ad essere ufficialmente considerata, pur con le dovute delicatezze, una catastrofe. Poi, una regola che non può essere discussa a pena di ricavarci una figura non certo onorevole: a pagare deve essere chi ha rotto. Quanto a me, chissà se qualcuno ricorda le mie conferenze campane?
Io un profeta? Ma per carità! Io mi limito a conoscere e a rispettare quelle quattro cosette che reggono la scienza, a guardare con obiettività i fatti, i miei dati di laboratorio in primis, a non tenere conto delle chiacchiere infischiandomi dei vari “lei non sa chi sono io”, e a godere di un immenso privilegio: quello di non essere al soldo di nessuno e di non dovere niente a chicchessia. Di conseguenza, sono libero di dire la verità senza guadagnare o perdere un centesimo o un gradino di carriera. Come si dice a Napoli, tre sono i padroni del mondo: il re, il papa e chi non tiene niente. Appartenere alla terza categoria non ha prezzo e permette di dormire sereni meglio di qualunque camomilla.
non resisto, è troppo divertente[b]Più o meno tre anni fa, a Padova, per compiacere un amico partecipai ad un convegno che aveva per tema centrale l’anidride carbonica e i suoi effetti sul mondo. Nel mio breve intervento io sostenni che distruggere le foreste tropico-equatoriali (oltre a quelle di casa), sterminare i modesti foraminiferi, produrre con lena crescente, tra combustioni inutili e allevamenti sconsiderati di animali da reddito, anidride carbonica, metano e altri gas serra, e continuare a sputare calore dalle ciminiere avrebbe innescato molto rapidamente una serie di cambiamenti climatici non propriamente piacevoli, cambiamenti di cui – parlo di tre… Leggi il resto »