Io non ricordo dittature in cui non si eserciti violenza fisica, ma la caratteristica che meglio connota quei regimi è la capacità, più o meno raffinata che sia, d’insinuarsi nei cervelli delle vittime, vittime che spesso sono trasformate nei più docili ed affidabili tra i sostenitori dei loro aguzzini.
Come è ovvio che sia, il sistema d’informazione è elemento essenziale per la sopravvivenza e per la seppur sempre inevitabilmente temporanea prosperità di questa forma di governo, e la prima funzione è quella, di volta in volta, d’inventare i fatti, di nasconderli o, quando quelli che si vorrebbe tenere nascosti in qualche modo trapelino, di modificarli secondo opportunità.
Basta accendere la scatola magica della TV per trovarsi immersi in un bombardamento di notizie fasulle e di concetti creati furbescamente. Internet si situa a dir poco alla pari, ma anche i giornali, benché in stato di sofferenza ingravescente per l’assottigliarsi progressivo della clientela, non scherzano.
Lo ammetto: io i giornali non li leggo. Non li leggo, però ho molti amici e corrispondenti che lo fanno e da loro ricevo quotidianamente i ritagli più interessanti e spesso i più buffi. Ora mi arriva un articolo di un quotidiano chiamato Il Foglio diretto da un giovane di nome Claudio Cerasa il quale, con ogni evidenza, non si cura granché di controllare che cosa diavolo scrivono i suoi sottoposti.
Da buon giornale che non vuol dispiacere al regime, fingendosi addirittura spiritosamente intelligente, Il Foglio pubblica un articolo intitolato “Il ministero obbliga il Codacons a vaccinarsi contro le bufale no vax” (https://www.ilfoglio.it/salute/2017/12/05/news/il-ministero-obbliga-il-codacons-a-vaccinarsi-contro-le-bufale-no-vax-167251/). La firma è di un ragazzo mantovano che risponde al nome di Enrico Cicchetti di cui apprendiamo che “si occupa di comunicazione e quando non è occupato disegna. Ama la sintesi e odia le biografie” (http://180gradi.org/author/enrico-cicchetti/): singolarità che ne fanno indubbiamente un giornalista di cui tenere conto.
Mi astengo dall’addentrarmi nell’articolo perché oggi a trent’anni, ché quella è l’età del Cicchetti, si è ancora dei giovani in piena fase di crescita. Dunque, siamo di fronte ad un’attenuante più che valida. Mi permetto solo di segnalare il denso capolavoro finale in cui il promettente luminare informa i suoi lettori che le nostre ricerche e i nostri studi sono, e cito verbatim, ““alternativi” – anche se sarebbe meglio dire “farlocchi”, dato che non rispettano i rigidi criteri della ricerca scientifica.” Che cosa sappia questo virgulto, speranza del giornalismo nostrano, di criteri della ricerca scientifica è tutto da indagare. Chi o che cosa l’abbia spinto a scrivere questa palese scempiaggine, pure. Se il ragazzo avesse mai intrapreso una ricerca scientifica o avesse qualche fondamento di epistemologia forse non sarebbe stato vittima dello scivolone. Ma Il Cicchetti non si ferma qui: ormai, scivolando, ha preso velocità e conclude il suo illuminante articolo in cui si fa beffe del Codacons con un “Come autori di riferimento, il Codacons citava Antonietta Gatti e suo marito, Stefano Montanari, due nomi noti del complottismo no vax, di cui ci siamo occupati più volte anche al Foglio. Montanari, eroe del popolo antivaccinista, è famigerato nel sottobosco complottardo per essersi occupato di scie chimiche e della strana vicenda del microscopio donatogli da Beppe Grillo per ricercare nanoparticelle negli inceneritori.”
Ora, senza entrare nei problemi personali dell’autore che competono certamente alla sua famiglia e a chi di lui si prende eventualmente cura, apprendo di essere con mia moglie “noto nel complottismo no vax.” Beh, se c’è qualcuno che è sempre stato distante dal complottismo sono proprio io, tanto da non essere gradito a non pochi “no vax” di cui, nella testolina del ragazzo, io sarei niente meno che un eroe. Ma c’è ancora di più: io sono “famigerato” e lo sono nel “sottobosco complottardo”. Ma perché lo sono? Elementare: per essermi occupato di scie chimiche. Oddio, se il giovanotto avesse avuto la pazienza d’informarsi, magari presso uno dei giornalisti veri ormai in via d’estinzione, avrebbe appreso che uno dei motivi per cui i “complottardi” ce l’hanno violentemente con me tanto che uno dei loro portabandiera mi minacciò finanche di querela è proprio perché io non mi sono mai occupato di scie chimiche, non avendo mai avuto occasione di analizzarne un campione. E io, certo sbagliando, parlo solo di ciò che conosco. Ma, si sa, per essere un giornalista del XXI secolo e con un futuro davanti mica devi informarti. L’importante è scrivere ciò che ti transita attraverso la scatolina del tuo autostimatissimo cranio. Per finire, ecco che ricompare Grillo, stavolta come donatore del microscopio che lui stesso ci fece sottrarre. E perché ci “donò” il microscopio? Ma per “ricercare nanoparticelle negli inceneritori,” perbacco! Magari qualcuno si prenderà la briga di deludere Cicchetti Enrico da Mantova: Grillo non ha mai sborsato un solo centesimo e nel motivo per cui ci giocò il noto giochetto ci fu qualcosa che aveva molto a che fare con le nanoparticelle che nelle ricadute degl’inceneritori trovavamo per davvero.
Uno scandalo? Un gradino o due sotto: un’esibizione grottesca d’impreparazione? Nell’articolo de Il Foglio non c’è nulla di tutto ciò e non esiste la benché minima originalità. Semplicemente si trova l’ennesimo, tutt’altro che necessario esempio di come si faccia informazione in questo non proprio fortunato periodo della storia.
Chissà se un giorno, in un mondo miracolosamente guarito dalle patologie autoinflitte, Cicchetti Enrico da Mantova, classe ’87 e, dunque, con tanta vita davanti a sé, troverà un direttore di giornale che gl’insegnerà come per fare il giornalista non basti disegnare nel tempo libero, odiare le biografie e fare sintesi di fandonie raccattate qua e là o generate in autonomia. Coraggio: non è mai troppo tardi!
Un grande merito quell’articolo ce l’ha: il tuo spassoso commento!
Non so in quanti l’abbiano gradito.
Certamente non il giovane virgulto letterario, biografo e disegnatore, ma, da buon giovane potrà rifarsi.
L’Appennino si sta spopolando. Occorrono giovani dalle buone braccia.