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I peccati dell’avvocatessa Bortolani

di Antonietta Gatti

Il microscopio elettronico comprato con sottoscrizione pubblica lanciata da Beppe Grillo nel 2006 dichiaratamente per lo studio delle nanopatologie è stato “donato” dalla Onlus Carlo Bortolani all’Università di Urbino e là ora è situato. Forse sta analizzando un pesticida a beneficio di un produttore o forse un fossile o forse la vernice di un  quadro, ma niente tessuti patologici, niente che possa aiutare i pazienti a capire la loro malattia.

Questa università appena statalizzata non ha al suo interno nessun ricercatore esperto di nanopatologie, l’oggetto per il quale la gente ha donato anche soli pochi euro, ma quei pochi euro erano per un fine ben specifico: per capire  la malattia e per aiutare così chi sta male, fine che l’avvocatessa Bortolani ha tradito.

Ricordo che le conoscenze di nanopatologie sono frutto di studi internazionali all’interno di un progetto europeo chiamato Nanopathology che io ho ideato e coordinato con l’Università di Cambridge, l’Università di Mainz e la Philips. La Onlus, agendo di nascosto, senza informare nessuno e senza il consenso di chi ha messo quattrini e si è prodigato per tale finalità, ha donato il microscopio. Nemmeno noi, i  ricercatori per i quali Beppe Grillo aveva promosso  la raccolta, ne sapevamo niente. Anzi, è proprio a noi che si è tenuto tutto accuratamente nascosto per paura di un’ovvia reazione. Una lettera a donazione conclusa ci ha informato che non potevamo più lavorare col suddetto strumento.

L’atto di donazione fu ratificato da un notaio al quale non è stato detto come la Onlus Bortolani fosse diventata proprietaria dello strumento né come quello strumento fosse nato.

 

Ora ci si chiede perché una onlus dovrebbe tradire in maniera così indiscutibile i sottoscrittori di un’iniziativa che la vedeva in qualche modo coinvolta.

Sul blog della sua onlus l’avvocatessa Bortolani dice che io non faccio ricerca con lo strumento. E’ una bugia facilmente smentibile. Un esempio per tutti, e ce ne sarebbe più di uno: gli studi fatti con quel microscopio hanno portato a verificare l’esposizioni dei soldati che, reduci dalle loro  missioni, si sono ammalati fino, a volte, a morire. Le analisi hanno messo in evidenza non la presenza fino a quel momento presa come atto di fede dell’uranio impoverito e mai riscontrata, ma di polveri sottili (nanoparticelle) generate dall’inquinamento bellico generato dall’esplosione delle bombe anche all’uranio impoverito. In conseguenza di questi studi, nel marzo 2009 il presidente della Repubblica ha emanato un decreto  legge che risarcisce le famiglie dei soldati ammalatisi per probabili esposizioni all’uranio impoverito e alle nanoparticelle.

L’avvocatessa Bortolani dice che non scrivo articoli scientifici. Falso: ho dato l’elenco dei miei articoli a chi me lo ha chiesto. Tra l’altro, una fotografia fatta con il microscopio che ci è stato tolto è recentemente apparsa sulla rivista Scientific American.

L’avvocatessa Bortolani dice che “lucro”, ma ben si guarda dal portare prove, anche perché non ci sono: io non ho mai preso un centesimo.

Che cosa nascondono tutte queste falsità così grossolanamente create ad arte?

Che ci fosse qualcosa di strano nel presidente della Onlus Bortolani di Reggio Emilia se ne è avuta  certezza da subito e per vari motivi.

Primo: l’avvocatessa Marina Bortolani non è iscritta all’Albo degli avvocati (http://www.ordineforense.re.it/default.asp?id=9&mnu=9). Come mai? Forse perché  non ha mai superato l’esame da avvocato? O ci sono altri motivi?

La suddetta avvocatessa, al tempo della raccolta fondi, aveva aperto un conto presso la Banca Etica per raccogliere gli oboli, ma, nonostante le mie insistenze, non ha mai mostrato i listati dei movimenti. In seguito si scopre che la somma arrivata (il cui ammontare io ignoro) è stata spostata su un’altra banca. Perché?

La mia richiesta di entrare nella Onlus Bortolani per gestire lo strumento acquistato e la ricerca conseguente non ha mai avuto riscontro. Eppure una onlus è pubblica e la trasparenza è d’obbligo.
Ma che cosa nasconde questa decisione dell’avvocatessa Bortolani di donare il microscopio?  Chi c’è veramente dietro l’iniziativa di interrompere la ricerca? Perché ci si è preoccupati di dare a credere che la ricerca si sarebbe potuta fare andando “almeno una volta la settimana” ad Urbino dove, tra l’altro, non esistono nemmeno le condizioni di minima per la nostra attività? Perché si è addirittura arrivati a dire che la scelta di collocare il microscopio ad Urbino è stata mia? Perché si è agito sempre in segreto? Perché l’avvocatessa Bortolani non è mai venuta in laboratorio per controllare ciò che facevamo? Perché non ha mai risposto alle nostre e-mail o alle nostre telefonate?

Ammettendo, pur ritenendolo personalmente impossibile, che si sia trattato solo un’iniziativa privata di questa signora di cui pure sfuggono i motivi, ciò che sorprende è la sua superbia, un  peccato capitale. Lei ha diritto di decidere. Lei decide che la gente che sta male non deve essere aiutata. Lei decide che la ricerca, quella innovativa, non si deve fare. Lei decide che bisogna imbavagliare le ricerche su malattie imbarazzanti come quelle di origine ambientale. Lei si arroga il diritto di scegliere chi può fare ricerca e chi no.

Con questa decisione di donare il microscopio a chi non lavora con chi è affetto da malattie che arrecano sofferenze gravissime, lei si è assunta davanti al mondo intero la responsabilità di interrompere indagini che già avevano aiutato tanti malati e, in aggiunta, tante famiglie (vedi, ad esempio, i risarcimenti dei soldati). A lei dovranno pesare sulla coscienza tutti coloro che potevano essere aiutati a capire quale fosse la loro esposizione ambientale e ad eliminarla, permettendo così una loro ripresa.

Un paio di giorni fa è uscita una notizia che mi ha fatto rabbrividire di rabbia: 7 bambini di Milano si sono ammalati nel solo mese di gennaio di leucemia e 3 di loro vengono da un’unica scuola elementare. In questi casi, sospettando legittimamente che l’origine sia ambientale, si sarebbero potuti analizzare i campioni di midollo di quei bambini, verificare se contengono polveri ed, eventualmente, rintracciarle nella scuola o a casa, seguendo una prassi che abbiamo già attuato altre volte.

Questo aiuto ora è impossibile perché una donna che non sa che cosa significhi avere dei figli, che non ha mai fatto ricerca in vita sua, che non ha mai avuto il coraggio di presentarsi ad un faccia a faccia ha deciso che io non lo dovevo prestare.

È con infinita tristezza che ti dico: “Vergogna, Bortolani! Li devi avere tutti sulla coscienza. Il mondo, quello degno di essere chiamato civile, dovrebbe emarginarti per non essere contaminato dalla tua cattiveria. Diceva Dante ‘Fatti non foste a vivere come bruti, ma per seguir virtude e canoscenza.’ Dante ti ha definito nella giusta misura.”