I had a dream e da questo sogno partorito senza dubbio da un’overdose di fritti mi è venuta un’idea per un romanzo. Pura fantasia, s’intende e, dunque, nessuno cerchi se stesso nella trama e nei personaggi perché non ce ne sarebbe ragione. L’ambientazione è solo per comodità l’Italia, una comodità dettata da una mia migliore conoscenza di certi particolari occasionali e minori che possono rendere meno incredibile il romanzo e da una maggiore familiarità con i luoghi da parte degl’ipotetici lettori. Bene, questa Italia della fantasia è governata da diversi decenni da una genia di politici che hanno trasformato la loro posizione – inizialmente (pure per poco, ma chi se ne ricorda più?) una missione svolta al servizio della comunità – in una di assoluto privilegio e da qui, da questo potere usurpato, ricavano quattrini (tanti) e la possibilità di “sistemare” parenti, amici e quelli che sono diventati soci in affari. Affari loschi secondo la tradizione dell’Italia romanzata, s’intende. Sì, perché in questo paese della mia immaginazione chi fa le leggi le fa a suo uso e consumo e da lì fa germogliare affari miliardari. Va da sé che un sistema simile alla Mafia (‘Ndrangheta, Camorra, Sacra Corona Unita), preso a prestito per questa
mia opera immaginaria, detiene una presenza fortissima e quanto mai influente in tutto ciò che è politica e business avvinti come l’edera e, anzi, è di gran lunga la prima industria della nazione, con questo mettendo in piedi una ragnatela inestricabile dove politici, controllati e controllori sono tutti parimenti coinvolti. Una rigogliosa economia sommersa che sfugge a qualunque controllo che non sia quello degli stessi protagonisti. Un gruppetto di politici e di affaristi si accorge che l’ambiente, se sfruttato in una certa maniera, rende assai più del traffico di droga o di quello di armi (un vecchio politico morto all’estero dopo essersi sottratto alla giustizia nazionale ed ora quasi santificato era un grande trafficante d’armi) e così si mette a legiferare in modo tale da legalizzare tutta una serie di azioni scellerate che si avvantaggiano da questa condizione d’illegittimità dilagante. Da qui, tra le altre malefatte, nasce tutta una selva d’inceneritori di rifiuti, centrali a biomasse, turbogas e quant’altro abbia a che fare con il fuoco: un business colossale in cui si guadagna fin dal primo momento, quello in cui si posa la prima pietra. Sponsor e beneficiari sono alcuni personaggi che in altri contesti sarebbero nulla più che delle macchiette ma che qui acquisiscono ombre a dir poco sinistre. Appalti e subappalti dietro preventivi di spesa gonfiati all’inverosimile sono da sempre il piatto forte della Mafia e già da lì i politici cominciano a ricavare i primi spiccioli. Poi, più avanti, ci saranno da spartirsi i denari, e si parla di miliardi, che deriveranno dall’aver brigato per far piovere dal cielo (le tasche dei contribuenti becchi e bastonati ma spesso ignari) incentivi alla pratica demenziale dell’incenerimento, anche se questo ha significato gettarsi a capofitto contro la scienza, il buon senso, la dignità personale e le leggi della Comunità Europea. Per allestire solidamente il piano occorre il supporto o, almeno, il placet silenzioso, di tutti o, almeno, di quelli che contano. Così i magistrati ignorano o insabbiano, i giornali raccontano ciò che chiede chi li paga e l’interesse della gente viene trascinato altrove. Un paio di rigori inventati e assegnati ad una certa squadra di calcio sono un’eccellente argomento, ma foto di veline, reality show e altri specchietti e collanine per i tanti con la sveglia al collo vanno altrettanto bene. Ci sono, poi, a dare man forte associazioni che si spacciano come ambientaliste le quali, dietro ovvio compenso, si prestano a benedire questa devastazione e ci sono professori universitari che per una mancia o per un avanzamento di carriera per sé o per la prole non provano alcuna vergogna a sostenere assurdità che farebbero la rovina di un compito in classe di un liceale. Dalle vecchie aziende di proprietà pubblica che fornivano energia nascono intanto società per azioni che, grazie al ginepraio di leggi promulgate ad hoc, fagocitano cifre da capogiro e, per assicurarsi l’appoggio di chi conta, regalano appunto a chi conta pacchetti delle loro azioni, azioni che vedono montare ogni anno il loro valore grazie allo spennamento sistematico dei clienti consumatori. Il primo ministro, che non perde un colpo quando c’è da mangiare, è pesantemente interessato (mica comparendo direttamente, è ovvio) in qualcuna di queste società e il suo avversario politico di fatto continua a dargli una mano a fronte di un analogo aiuto nei territori dove il business tocca, per una sorta di accordo fra gentiluomini, a lui. Nasce, intanto, un nuovo partito, fusione di altri due un tempo nemici ma ora uniti nel comune intento di rapina, con un capo, un impasto d’ignoranza e di teatrale furbizia, che ha già stilato un programma bello grasso e succulento, e questo prevede l’ulteriore devastazione dell’ambiente e, per non avere noie da parte della gente, ha già assunto un po’ di personaggi pescati tra gli ambientalisti di facciata che non hanno avuto scrupoli all’apostasia. Qui l’obiettivo si sposta su di una città di provincia, una delle tante in fotocopia su e giù per questo ipotetico paese, dove i politici locali hanno in progetto di ampliare l’inceneritore locale e hanno tutti l’acquolina in bocca. A questo si oppongono i cittadini che, pur ostacolati in ogni modo, riescono a mettere in piedi una sorta di referendum che riporta risultati plebiscitari contro l’ennesimo scempio ambientale. Tra i politici del posto c’è pure l’assessore all’ambiente e costui fa parte di un partito che ha fatto dell’ambientalismo la sua bandiera e la sua unica ragione di esistere. Il personaggio, tra la sorpresa generale, è tra i più accaniti a volere l’inceneritore. Perché? La società che dovrà gestire l’impianto è al vertice di una piramide di decine di altre società, ognuna delle quali ha una squadretta di consiglieri che, a fronte di un lavoro sine cura che richiede appena qualche ora di sonnacchiosa presenza all’anno ricevono compensi tutt’altro che disprezzabili. Così, quando la carriera pubblica dell’assessore sarà terminata nell’ignominia, come è inevitabile che sia per chi ha truffato i suoi elettori spacciandosi per difensore dell’ambiente, si aprirà per il personaggio una vecchiaia dorata di nullafacente benestante in una società tra le tante di questa galassia. E vissero tutti felici e contenti. Qualcuno schiattò, ma quelli erano carne da cannone. Piaciuta la trama? Per fortuna nel nostro paese le cose non stanno così. Smaltiti i fritti, vedo bene che l’Italia è un faro di democrazia dove il buon senso è la legge e dove la politica è fatta di persone immacolate. Un brutto sogno e nient’altro, insomma.