I vostri articoli

Cromo esavalentre a Spinetta Marengo

Comitato Tutela Salute. Ambiente e Territorio

Via Genova, 70 Spinetta Marengo

15100 Alessandria

 

Intervento

 

Giancarlo Ugazio: 23 ottobre 2008: 21,28 – 21,39; audience di circa 75-80 persone

 

            Buona sera, un saluto all’uditorio.

            Nel precedente incontro del 16 luglio u.s., in questa sede, avevo portato a vo-stra conoscenza alcuni dati di tossicologia clinica reperibili nella letteratura scienti-fica internazionale aggiornata a proposito dei possibili rischi per la salute umana legati a quegli inquinanti trovati in notevoli concentrazioni, oltre ai limiti di legge, nelle falde acquifere del vostro sottosuolo: cromo esavalente (Cr[VI]) e tetracloruro di carbonio (CCl4). Tra questi due veleni, il 16 luglio avevo trattato soprattutto il sol-vente alogenato, sia perchè, non procurando odore o sapore caratteristici ai veicoli che lo contengono, acqua o alimenti, è particolarmente subdolo nel presentare i ri-schi che ho descritto, in particolare se taluni addetti ai lavori suggeriscono proce-dure disdicevoli (p.e. l’impiego dell’acqua inquinata per scopi igienici invece di quelli alimentari).

            Ora però, essendo venuto a conoscenza che altri addetti ai lavori (esperti) hanno rassicurato il popolino (equiparandolo al popolo c. citato da Trilussa nella Ninna nanna de la guerra) escludendo che il Cr(VI) presente nell’acqua da bere ven-ga assorbito dal tubo gastroenterico dai mammiferi, uomo compreso, e avendo pre-so conoscenza delle risultanze della letteratura scientifica recente che tratta questo tipo di rischio, mi corre l’obbligo di aggiornare le vostre conoscenze al riguardo, segnalandovi i dati scientifici oggettivi che chiunque può trovare e studiare.

            In sostanza si tratta delle pubblicazioni di 1) Proctor et al. (2002) e 2) Sedman et al. (2006) – tra le altre – delle quali vengono riportati in calce gli estremi bibliogra-fici sia per renderne possibile la consultazione personale sia come garanzia “notari-le”, che ciò che racconto non è una diceria da osteria, una maldicenza, un allarmi-smo, ma scaturisce dallo studio della letteratura scientifica, come è stato da sempre in tutti i miei scritti di patologia ambientale, e quindi circostanza verosimile.

            Primo dato di fatto: entrambe le ricerche riconoscono l’assorbimento ga-strointestinale del Cr(VI) assunto per ingestione con l’acqua, come si evince dagli stessi titoli delle pubblicazioni. Il primo lavoro presenta un’ampia rassegna su que-sto tema specifico, avendo esaminato 145 pubblicazioni relative ad esso. Questi autori riconoscono che, nel tubo gastroenterico, una parte del Cr(VI) può andare in-contro ad una riduzione chimica da parte della saliva, del succo gastrico, e del circolo sanguigno, con la formazione di Cr(III), meno facilmente assorbibile. Ciò po-trebbe anche contenere l’assorbimento sistemico del cromo ingerito. Gli autori con-cludono affermando che l’evidenza scientifica escluderebbe un effetto cancerogeno del Cr(VI) ingerito se la concentrazione dello ione è inferiore agli standard suggeriti dagli organismi regolamentatori degli U.S.A., pari a 100 ppb (0.1 ppm). Questo limite è tuttavia ben più basso della concentrazione trovata nelle vostre acque di falda (78 ÷ 210 µg/litro, contro i nostri limiti di legge che vanno da 50 a 5 µg/litro). De facto, Proctor et al. (2002) dicono che non c’è da preoccuparsi di un eventuale effetto can-cerogeno del Cr se non ce n’è, o quasi. Rifacendomi all’assunto di Piero Capurro che attribuiva un’azione eziologica della compresenza del cadavere e del leone che si lecca i baffi (riportata nella copertina del Compendio di Patologia Ambientale), concluderei dicendo che quell’uomo non è morto di freddo, di paura, o di fame, ma verosimilmente è stato ucciso dal felino.

            Il secondo lavoro (Sedman et al., 2006), che ha studiato i risultati scientifici di 115 ricerche, è anche più esplicito del primo sull’azione tossica del Cr(VI) ingerito. Una delle citazioni più importanti di questa pubblicazione riferisce che la co-esposizione di animali sperimentali al Cr(VI) assunto per ingestione ed alle radia-zioni ultraviolette sulla pelle provoca la comparsa di cancro cutaneo. In prima battu-ta, si deve ammettere che lo ione presente nell’acqua da bere sia stato assorbito dall’apparato gastroenterico e poi veicolato nel tegumento cutaneo dove, alterando l’equilbrio della bilancia perossidativa, abbia contribuito a depauperare le difese na-turali anti-cancro, ed abbia causato il prevalere dell’azione cancerogena dei raggi ul-travioletti. Un’altra importante citazione riferisce la ricerca epidemiologica eseguita da Zhang e Li (1987) sugli abitanti di villaggi rurali situati nello JinZhou, una regione costiera della Cina continentale, zona di transito tra Cina settentrionale e Cina nord orientale, caratterizzata da diverse produzioni industriali, quali petrolchimica, metal-lurgia, tessitura, farmaceutica, e produzione di materiali per edilizia. Lo studio epi-demiologico degli autori si è rivolto a soggetti esposti al Cr(VI) contenuto nell’acqua di falda, a sua volta contaminata in seguito alla vicinanza a fonderie del minerale (o-re) di cromo. I ricercatori cinesi (1987) riferirono che l’acqua di falda dei pozzi  di due villaggi situati vicino alla fonderia, nel 1965, cominciò ad essere inquinata e quindi a colorarsi di giallo. La diffusione dell’inquinante nell’acqua di falda fu e-stremamente rapida: entro un anno esso si diffuse a quasi la metà dei pozzi più prossimi, e successivamente si estese anche a pozzi più distanti. Sedman et al.         (2006) si sono occupati della tempistica delle manifestazioni cliniche della nocività del Cr(VI) assunto per via gastroenterica. Questi autori hanno riferito la comparsa precoce di: ulcerazioni orali, diarrea, gastralgie, indigestioni, vomito, a spese degli abitanti dei villaggi più vicini alla fonderia. In seguito, nel 1971, tali sintomi interes-sarono gli abitanti dei villaggi più lontani, mentre nel 1974 furono raggiunti gli abi-tanti dei cinque villaggi più distanti dalla fabbrica. Alla fine, nel 1985, l’inquinamento delle falde attorno alla fonderia interessò un’area di 12,5 km2, con nove villaggi, ser-vita da 1800 pozzi, rendendo imbevibile l’acqua da bere. L’alterazione delle qualità organolettiche dell’acqua dei pozzi, divenuta impalatabile, fu anche un fattore pro-tettivo per la salute della collettività, dal momento che una parte della popolazione consumò acqua potabile alternativa, non inquinata, e questo, nello stesso tempo, rese inattendibile il calcolo dell’assunzione di Cr(VI) per ingestione.   A metà degli anni 1980, circa un ventennio dopo l’inizio dell’inquinamento dell’acqua di falda con Cr(VI), e pertanto dell’assunzione di questo elemento da parte di esseri umani per via gastro-intestinale si manifestò anche un significativo aggravamento del quadro epidemioogico di insorgenza del cancro gastrico e del cancro polmonare, rispetto alla morbilità alle zone non inquinate dal cromo.

            Sedman et al. (2006) hanno fornito altri interessanti risultati delle ricerche sull’assorbimento del Cr(III) e del Cr(VI) assunti per via gastro-enterica da parte dell’animale sperimentale o dall’essere umano, e valutato salla base all’eliminazione urinaria dei due tipi di ioni del cromo. [Inciso importante: tra lo stomaco e il rene, ri-spettivamente porta di ingresso e via di uscita del cromo esavalente assunto per bocca, apparentemente, c’è una distanza di pochi decimetri, ma tra i due organi cor-rono kilometri di vasi sanguigni, non solo i più grandi, ma anche i capillari, tutti per-corsi dopo l’assorbimento e prima dell’eliminazione del veleno e/o della manifesta-zione della sua nocività]. Secondo questi autori, lo ione trivalente del cromo viene assorbito per l’1%, o meno, quando è assunto per via gastrica, sia dall’animale sia dall’uomo, mentre lo ione esavalente viene assorbito per circa il 10% in entrambe le circostanze sperimentali suddette. Un comportamento simile per i due ioni del cro-mo viene manifestato dall’assunzione del Cr(III) e del Cr(VI) da parte degli eritrociti, isolati,  lavati e poi incubati in vitro in presenza di ciascuno dei due ioni: l’incorporazione nelle cellule è esigua per il Cr3+, mentre è prossima al 100% per il Cr6+. Questo secondo dato rende conto della possibilità che il Cr6+ sia molto più permeabile per la membrana eritrocitaria, così come per quella delle cellule dell’epitelio della mucosa gastro-intestinale, nei confronti del Cr3+. È da notare che questa seconda forma ionica del cromo viene assunta spesso come integratore ali-mentare – un oligoelemento a costo elevato ma a basso rendimento di utilizzo me-tabolico.

            Un’altra informazione molto interessante viene fornita al lettore dalla pubbli-cazione di Sedman et al. (2006). Questi autori hanno presentato i risultati sperimen-tali di una decina di ricerche sugli effetti genotossici del Cr(VI) assunto per via ora-le. Il topo, il ratto, e, in un lavoro, l’uomo, sono stati il modello sperimentale in que-ste indagini di genetica tossicologica. Le alterazioni genotossiche osservate sono state: aberrazioni cromosomiche nelle cellule del midollo osseo (tessuto deputato alla produzione dei globuli rossi e di una parte dei globuli bianchi), presenza di mi-cronuclei negli eritrociti policromatofili (forme di passaggio nella maturazione dei globuli rossi), legami abnormi tra proteine e la molecola del DNA nelle cellule epati-che, nelle cellule del sistema nervoso centrale e nei linfociti (una frazione di globuli bianchi), rotture dei filamenti singoli o della doppia elica del DNA.

            Concludo questa succinta rassegna

dei risultati scientifici recenti della noci-vità del cromo assunto per via orale, sottolineando ancora una volta che vi ho dato queste notizie non per allarmarvi o per farvi perdere il sonno e l’appetito, ma perchè sappiate ciò che la scienza biomedica oggi ci insegna per davvero. Poi, se volete, possiamo elaborare insieme, estemporaneamente, alcune considerazioni sulle real-tà scientifiche che avete appena ascoltato, con una fondamentale motivazione, arti-colata in due sfaccettature che solo apparentemente sono cose diverse tra loro: 1) la conservazione della salute ambientale = 2) la prevenzione primaria della patologia ambientale: un tutt’uno che sta alla base di una vita più lunga e più sana. Nessuno di noi è immortale e rimarrà qui di semente, tutti dovremo uscire di scena, ma è me-glio esaurire il più tardi possibile l’attesa di vita e senza eccessive sofferenze.

            Allora veniamo al dunque: vi confido ciò che, potendo, io farei in prima per-sona nei vostri panni, poi voi siete liberi di fare esattamente il contrario. 1) Dovendo bere acqua potabile contenente più o meno Cr(VI) non correrei ad acquisire quel fit-tizio simbolo di salute che è la “tintarella”, crogiolandomi ai raggi ultravioletti del sole naturale oppure dei solarium o dei sun city, le comuni cattedrali del fitness. 2) Se non avessi altra scelta disponibile, quanto ad acqua potabile, approfitterei del gusto repellente dell’acqua più o meno colorata di giallo, per berne e per usarne il meno possibile per scopi alimentari diretti o indiretti, intendendo nel secondo caso l’uso di essa per lavare verdura e frutta, o per irrigare le piante fornitrici di derrate alimentari di origine vegetale; ciò non significherebbe che andassi verso il destino di soccombere di sete e di fame, ma, per l’uso alimentare diretto, ricorrerei al siste-ma costoso di acque potabili alternative pure, e per l’uso alimentare indiretto, ricor-rerei a cibi vegetali prodotti in zone non inquinate da Cr(VI). Un approccio alternati-vo, ma fantascientifico,  a tutto questo rischio legato all’assunzione orale di cromo potrebbe essere la contemporanea assunzione per os di dosi massicce di acido a-scorbico (vitamina C) con la speranza che tale molecola, piuttosto costosa, riduca, nello stomaco, la valenza del cromo ingerito da esavalente a trivalente, sfruttando il fatto che il Cr(III) è assorbito per circa l’1% mentre invece il Cr(VI) è assorbito per circa il 10%. 3) Ridurrei al minimo anche l’uso dell’acqua giallognola per scopi igie-nici; personalmente non mi sono mai accorto di essere allergico ed ipersensibile al cromo, infatti posso calzare senza disturbo  guanti da lavoro di cuoio giallo (vedasi la citazione relativa nell’intervento del 16 luglio u.s.), ma se mi rendessi conto di ap-partenere a questa categoria di soggetti sensibili mi si imporrebbe l’esclusione.

            Ammetto che i miei suggerimenti potrebbero sembrare troppo drastici ed an-che eccessivi. Però essi sono in linea con l’insegnamento di un mio Grande Maestro di Scienza e di Vita, Piero Capurro, secondo il quale il patologo non è utile alla salu-te della collettività se rimane nel chiuso del suo laboratorio di ricerca e non esce nell’ambiente esterno dove gli esseri umani sono esposti ai rischi di inquinamento ambientale. Allora rendiamoci conto che, se noi scegliessimo di giocherellare con la vitamina C contro l’assorbimento gastro-enterico del Cr(VI), è come se volessimo limare le zanne e le unghie di quel leone che si lecca i baffi dopo aver ucciso l’uomo steso a terra in una pozza di sangue (vedasi l’immagine di copertina del Compendio di Patologia Ambientale), oppure di ammansirlo da grande, magari riempiendogli lo stomaco con succulenti cibi carne, invece di impedire il contatto tra felino e uomo “prima” che succeda il fattaccio (prevenzione primaria).

            A questo punto mi pare conveniente aggiungere due postille riferite ad impor-tanti aspetti pratici della convivenza civile propri di una società moderna, diretta-mente connessi con la convenienza di prevenire i rischi di esposizione a cromo. 1) Tale scelta implica di dover scegliere acqua minerale in sostituzione dell’acqua e-ventualmente giallognola perchè inquinata dal cromo: ciò costringe gli individui a spendere notevolmente per acquistare questo bene di consumo alternativo. 2) Sce-gliere derrate alimentari di origine vegetale od animale importate da zone non inqui-nate comporta un deficit di guadagni a spese dei produttori locali operanti nelle zo-ne inquinate. La maggiorazione delle spese da un lato (1) ed il decurtamento dei guadagni dall’altro (2) potrebbero costituire parte integrante di queste spese che, già secondo il principio di Platone (IV secolo a C.) (legge VIII) spetterebbero a chi ha inquinato l’acqua. In ogni modo, la perdita della salute non è per nulla remunerabile, essendo essa un bene “indisponibile”, come la libertà.

            Alla fine, ritenetevi liberi di scegliere, questa libertà buon pro vi faccia, ed ac-cogliete i miei più sinceri e cordiali auguri.

 

Giancarlo Ugazio

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI (in ordine alfabetico del cognome del frimo autore)

 

            IS HEXAVALENT CHROMIUM CARCINOGENIC VIA INGESTION? A WEIGHT-OF-EVIDENCE REVIEW. – É CANCEROGENO IL CROMO PER VIA ORALE? UNA RASSEGNA SUL VALORE DELL’EVIDENZA.

Deborah M. Proctor, Joanne M. Otani, Brent L. Finley, Dennis J. Paustenbach, Judith A. Bland, Ned Speizer, and Edward V. Sargent.

Journal of Toxicology and Environmental Health, Part A. 65, 701 – 746, 2002.

            REVIEW OF THE EVIDENCE REGARDING THE CANCEROGENICITY OF HEXAVALENT CHROMIUM IN DRINKING WATER. – RASSEGNA DELL’EVIDENZA SULLA CANCEROGENICITÀ DEL CROMO ESAVALENTE NELL’ACQUA POTABILE.

Richard M. Sedman, Jay Beaumont, Thomas A. McDonald, Stephen Reynolds. Gall Krowech, and Robert Howd.

Journal of Environmental Science and Health Part C. 24, 155 – 182, 2006.

            CHROMIUM POLLUTION OF SOIL AND WATER IN JINZHOU. –  INQUINAMENTO DA CROMO DEL SUOLO E DELL’ACQUA A JINZHOU.

J. D. Zhang and X. L. Li., Zhonghua Yu Fang Yi Xue Za Zhi (chinese), 21, 262 – 264, 1987.

 

PLATONE

427 – 347 a.C.

 

"LA LEGGE SULL'ACQUA SIA DUNQUE QUESTA:

CHI CORROMPE CON VELENI L'ACQUA ALTRUI,

 OPPURE CON SCAVI O CON FURTI LA SOTTRAE

SIA CITATO IN GIUDIZIO;

SE RICONOSCIUTO COLPEVOLE

DI DANNEGGIAMENTO CON VELENI,

OLTRE ALLA MULTA,

SIA CONDANNATO A PURIFICARE

LE FONTI O IL DEPOSITO DELL'ACQUA"

 

Leggi VIII, 845 – 846

 

COMMENTI A MARGINE DELLA PRESENTAZIONE DEGLI

INTERVENTI E DELLA DISCUSSIONE COL PUBBLICO.

 

            Dopo aver presentato la mia seconda relazione a favore della salute degli abi-tanti di Spinetta Marengo, sul rischio dovuto all’assorbimento del cromo esavalente ingerito per via gastro-enterica (la prima fu presentata il 16 luglio scorso e verteva sui rischi legati alla presenza di concentrazioni di cromo (VI) e di tetracloruro di carbonio molto più elevate di quelle tollerate dalle istituzioni preposta alle normati-ve che proteggono la qualità dell’ambiente e la salute umana) ho ascoltato informa-zioni e notazioni che mi hanno lasciato notevolmente perplesso.

            Nonostante questo non sono intervenuto in seconda battuta sia perchè, non essendo una prima-donna ma solo un medico, non volevo far buttare tempo prezio-so ad un uditorio che non aveva dimostrato interesse per i problemi di salute, sia perchè ho fatto ricorso al mio autocontrollo, tacendo. Tuttavia scrivo queste note perchè ho l’impressione che potrebbero servire alla salute di qualcuno; spero che non vengano censurate: in caso contrario, questo sarà irrevocabilmente il mio can-to del cigno per voi.

            Tra i primi fatti imparati dietro le quinte, quando commentavo col presidente del Comitato l’insuccesso della formazione della barriera d’acqua tra la fabbrica in-quinatriche e il decorso lella falda inquinata ed esponevo il dubbio che la stessa struttura potesse mantenere la dismissione del cromo, mi è stato obbiettato che la cosa non è verosimile perchè l’insediamento attualmente non sta più producendo. Però, la sorgente del cromo (VI) potrebbe essere una quantità incontrollata di scorie inquinate nascoste da tempo nel sottosuolo la quale meriterebbe una bonifica, an-che col parere contrario del presidente dell’AMAG.

            Poi ho assistito a quella gara infelice di beccate tra politici di diverse risme che ricorda quella tra i capponi tenuti a testa in giù da Renzo Tramaglino del Man-zoni. Vantare una primigenitura nella lotta conto l’inquinatore, a mio parere è uno sport  che non porta alcun vantaggio alla qualità dell’ambiente ed alla salute pubbli-ca,  anzi procedere a ranghi dispersi contro un inquinatore agguerrito, fa solo il suo gioco. Nel decennio 1990, incontrai  tale atteggiamento nella Valle del Cecina, da una parte una miriade di comitati, dall’altra la medesima impresa multinazionale che voi affrontate a Spinetta, con la differenza che là essa inquinava col mercurio, qui col cromo. In una riunione a Saline di Volterra, evocai l’immagine della battaglia tra Orazi e Curiazi, avvenuta secondo una leggenda ad Albalonga nei tempi di Roma antica. Il referente locale di uno dei gruppi politici, piccato,  suggerì che io mi limi-tassi a fare scienza, perchè loro facevano la politica.  La storia di ripete, coi corsi e ricorsi, ma non insegna mai nulla a nessuno.

            Successivamente, ho assistito all’intervento coraggioso di un analista chimi-co, ex dipendente dell’impresa multinazionale inquinatrice, il quale denunciava che tanti anni fa, durante il suo lavoro in ditta, era conscio, come molti a tutti i livelli so-prattutto di quelli dirigenziali, delle attività svolte dalla ditta, del grado di inquina-mento che la produzione comportava dentro e fuori la fabbrica. Tra l’altro, il cromo era disperso anche nel sottosuolo su cui poggiavano le mura dell’opificio, tanto che esse erano colorate di giallo a seguito dell’infiltrazione di umidità dal suolo. Egli a-veva sempre segnalato questi fatti, ma i dirigenti aziendali gli avevano ordinato di tacere, mentre le strutture pubbliche preposte alla protezione ambientale l’avevano smentito pervicacemente. Inoltre, nonostante si aspettasse di essere querelato, non lo fu mai, ed è ancora adesso in attesa di querela. Tale filiera di malcostume si è di-panata per tanti anni secondo un copione prevedibile, e non si è interrotta nemme-no a seguito dello scandaloso reperto di questi ultimi mesi.

            L’intervento di un altro anziano Spinettese è stato in linea con quello prece-dente, quanto a forza della denuncia dell’approccio della dirigenza aziendale, delle istituzioni preposte alla qualità dell’ambiente, e delle parti politiche che hanno go-vernato Alessandria negli ultimi decenni, tutte forze sociali perfettamente al corren-te dei fatti. Costui ha esibito l’immagine incresciosa di questo asservimento del la-voratore a chi gli dà da mangiare, a chi elude i propri doveri istituzionali di proteg-gergli la salute, a chi lo governa,  usando l’espressione che i bersagli dello sfacelo ambientale e sociale si comportano come se fossero castrati ad opera del potere. Anche per questo aspetto, devo convenire che il copione osservato nella Valle del Cecina si ripete in riva al Bormida e al Tanaro, con l’annichilimento di una collettivi-tà evoluta, destinata a contare molte, troppe, vittime del progresso.

            L’ultimo intervento che ha catturato la mia attenzione è stato quello di un pensionato, anch’egli un tempo dipendente della ditta inquinatrice, perchè è stato uno dei più toccanti dal punto di vista umano ed uno dei più significativi a dimo-strazione degli stretti legami tra inquinamento dell’ambiente di lavoro o di vita e sa-lute. Egli ha confessato che, alla sua età, si trovava solo nella società tra il suo gruppo di lavoro, perchè gli altri erano già tutti finiti al cimitero, ed egli era già pieno di acciacchi. Convengo che bisogna conservare i posti di lavoro, l’Acna di Cengio e l’Ipca di Ciriè insegnano, ma non bisogna accaparrare attraverso di essi i posti in ospedale  prima e quelli del camposanto poi.

            Concludo ripetendo ciò che ho detto nella presentazione orale del mio breve intervento. É giusto incriminare chi, per accumulare profitto dalle sue attività pro-duttive ci priva della salubrità dell’ambiente, ci accorcia la vita e ci rende greve il moncone residuo di essa, e deve anche essere obbligato dalla magistratura a paga-re i danni perpetrati all’ambiente e alla salute. La legge di Platone, di antica memo-pria, la dice lunga. Tuttavia devo dirvi, da medico, che nessun risarcimento pecunia-rio potrà mai restituirci la funzione di un fegato cirrotico, di un rene grinzo, di un cervello parkinsoniano, di un polmone canceroso, di un osso osteoporotico oppure osteomalacico, nemmeno in questa era forsennata di trapiantismo chirurgico. Quin-di vi invito a non affidarvi alle tabelle assicurative a risarcimento di queste perdite: ma lottate, e lottate senza sosta, contro chi vi avvelena e contro chi gli dà appoggio tacendo, taroccando i dati, e ricattando chi si guadagna da vivere lavorando. Uno dei compiti più delicati ma importanti del collegio di assistenza legale del Comitato di Tutela di Salute, Ambiente e Territorio dovrebbe essere anche quello di persegui-re penalmente tutta quella catena antisociale che ha reso possibile l’avvelenamento in cartello con la sua omertà e con la sua complicità: tale azione costituirebbe la più efficace barriera legale  – non idrica – contro la ripetizione futura, qui o altrove, di un’emergenza del tipo del cromo (VI) e affini. Due lampanti esempi di questo copio-ne di omissione di atti d’ufficio sono riferiti nel Compendio (2007) alle pagine  82 e 89 (fiume Lambro a Lambrinia, PV, e torrente Tepice a Chieri, TO) rispettivamente.

            Infine voglio suggerire a voi Spinettesi, alle scadenze elettorali, di saper di-stinguere tra guardie e ladri, e di non arruolare piromani nella squadra dei pompieri, se volete conservare l’ambiente meno insudiciato – ancora vivibile – per i nipoti dei vostri nipoti: la caduta di Roma imperiale insegna qualcosa.

            In ogni modo auguri per voi e per loro da

Giancarlo Ugazio