ArchivioBlog

come si fa a non essere ottimisti?

Magari qualcuno dirà che non ci sto con la testa, magari qualcuno dirà che contraddico il tono di qualche mio scritto, ma io sono ottimista.

Ogni tanto mi viene da citare Abba Eban, lo statista israeliano scomparso quattro anni fa: “L’uomo fa le cose sagge solo quando ha esaurito tutte le altre possibilità.”

E, se è così, come si fa a non essere ottimisti più di Tonino Guerra e dei suoi elettrodomestici?

 Non abbiamo forse raschiato il fondo del barile? Gasparri, Matteoli, Berlusconi, Veltroni, la squadretta di guastatori di Di Pietro, Vespa, Mentana e tutta la formazione di figuranti vestiti a festa che sfilano sull’ormai putrido palcoscenico che noi italiani, nella nostra sublime follia, ci siamo voluti – e, dunque, ci mettiamo anche gl’italiani sublimemente folli nel cast – non simboleggiano forse l’ultima di tutte le possibilità di devastazione? Dunque, non si può che essere ottimisti.

E qualche segnale, piccolo, piccolissimo per cominciare a guardare il futuro con occhi diversi c’è.

Qualche giorno fa, a sorpesa, la TV nazionale La7 manda in onda una trasmissione in cui ci si permette di far notare come fare falò dell’immondizia sia cosa che non ha un razionale, da qualunque parte la si guardi. Se sia stato amore per il proprio lavoro, coraggio o incoscienza da parte della conduttrice Ilaria D’Amico e di Lisa Iotti che ha preparato i servizi, non saprei, ma la trasmissione resta.

L’8 scorso La Stampa, un giornale tradizionalmente innamorato di un certo futurismo Anni Venti, pubblica una noterella, citata anche in questo blog, in cui ci si avventura a sostenere come le ormai famigerate esternazioni del businessman Veronesi riguardo

l’incenerimento del pattume siano un cumulo di falsità dettate da interesse personale, fermandosi lì per non infierire. Poi, ieri, lo stesso giornale pubblica in prima pagina una lettera aperta di Massimo Gramellini, magistrale per sintesi ed incisività, alla neo-ministra dell’ambiente Stefania Prestigiacomo in cui le si dice chiaramente che dobbiamo piantarla con la politica petroliocentrica che ci sta portando a velocità crescente verso la rovina, dobbiamo piantarla di buttare i nostri pochi soldi e dobbiamo cominciare a sfruttare il sole come scienza comanda. Vedi Carlo Rubbia, che non sarà a livello dei tuttologi ruspanti di regime ma, in fondo, un Premio Nobel nel cassetto ce l’ha. Certo, con il divino Silvio che firma la prefazione al libro di tale professor Battaglia dell’Università di Modena dove, e pare senza alcun intento comico, costui sostiene che è impossibile sfruttare i quasi due cavalli vapore al metro quadro che il sole ci dà ogni secondo, la cosa è duretta. Anche perché quella prefazione è solo una gocciolina nel mare di anestetico che ci viene somministrato giornalmente per consentire (“mi consenta”, appunto) che ci si continui a rapinare nel sonno.

E perfino Radio 24, l’emittente di Confindustria, apre un breve pertugio di dantesca memoria. Vengo intervistato sempre sugl’inceneritori, tento di spiegare perché è roba da matti, vengo interrotto. Però il giorno dopo sono richiamato e mi lasciano dire. Pochissimi minuti, ma senza interruzioni.

Ieri il giornale modenese L’Informazione pubblica un articolo in cui si esterna preoccupazione perché in città pare si asfaltino le strade con un po’ di ceneri “inerti” (inerti per la burocrazia, in realtà estremamente aggressive per la salute) provenienti da quel monumento a tutte le altre possibilità di cui dicevo sopra che è il più che raddoppiando inceneritore, e forse provenienti anche da chissà dove altro, della multiutility Hera. Per chi non ne sia vittima diretta e, dunque, non sappia che diavolo sia, dirò che Hera è l’associazione di danzatori del fuoco e di produttori d’immondizia che di quel fuoco è la mamma, l’associazione già così cara (cara, appunto) al tuttologo Mario Tozzi il quale ora, altro motivo di ottimismo, pare pentirsi pubblicamente del suo atteggiamento passato. Che le ceneri tossiche (pardon, inerti) vengano mescolate al materiale da costruzione è fatto noto agli addetti ai lavori quanto comune. Meno noti – anzi, molto più nascosti – sono i rischi potenziali che una pratica simile innesca, ma, si sa, noi siamo carne da macello consenziente e finché non ci sveglieremo e continueremo a correre con il cappello in mano a portare il nostro assenso a questi simpatici Bassotti, non avremo diritto di lamentarci e dovremo schiattare a norma di legge. Quale legge? Questo è un altro discorso tutto da sviscerare.

Però, se il buio oggi è più nero della pece, se la logica è quella di Matteoli, se la cultura è quella di Gasparri, se la scienza è quella di Giugliano e soci, se la medicina è quella di Veronesi, se l’economia e la politica sono quelle di Veltrusconi (chi ha qualche curiosità legga "Che fior di ministri!" nel blog http://www.danielemartinelli.it/), se l’informazione è quella di RAI-Mediaset, è tuttavia vero che i pur minimi spiragli di cui ho detto esistono.

Forse qualcuno si chiederà perché organi d’informazione che con la casta sono sempre stati pappa e ciccia ora stanno cominciando a mollare un po’. Personalmente ho il sospetto – e molto fondato, credo – che la grande industria, quella che non dorme, si sia accorta che, se si continua a sfruttare il non rinnovabile contrariamente a quanto dicono scienza e buon senso, non si andrà da nessuna parte e si spegnerà in fretta la luce, e, con la luce, si spegnerà la cornucopia di denaro che entra. E credo pure che la grande industria, quella che, nei fatti, tiene i fili dei burattini che credono di fare politica, si sia accorta che è sempre meno facile nascondere certe verità, e che se vuole continuare a sopravvivere, magari a prosperare, dovrà cominciare ad essere saggia. Alla Abba Eban.

Insomma, industria e, di conseguenza, politica, a fare gl’interessi propri e, udite, udite, della gente! E, allora, come si fa a non essere ottimisti? 

Immagine da http://img262.imageshack.us/img262/4179/unieuro56add6yl3.png