“In tempo reale”. Se io avessi usato questa espressione in un mio tema del liceo (anni Sessanta), il mio professore d’Italiano l’avrebbe affiancata con un bel punto interrogativo. Interpretando alla lettera l’espressione, è innegabile che non vi si trovi significato, ma oggi, recapitataci dal mondo dell’informatica, “in tempo reale” equivale a “in un fiat”. E in tempo reale oggi chiunque diventa maestro di qualunque argomento e come tale il suo verbo è ascoltato.
Esempi ce ne sono a iosa e l’ultimo che mi capita tra le mani è quello relativo a tale Vittoria Iacovella, una graziosa signorina
cui è stato attribuito or ora il premio giornalistico Ilaria Alpi. Motivo di tanto onore un’inchiesta coordinata dalla Sullodata a proposito delle vaccinazioni praticate sui militari. “Vaccinati a morte” ne era il titolo.
Se si tratta del concorso di Miss Italia, del Festival di Sanremo o – arrivo a malincuore a dire – del campionato di calcio, possono tranquillamente valere le opinioni, i gusti, le simpatie, il tifo. Quando si entra in argomenti che richiedono preparazione scientifica, invece, nulla di tutto questo. Occorrono prove, e prove che siano saldamente fondate. È chiaro che, per poter valutare, presentare e sostenere quelle prove, ammesso che ci siano, occorre una preparazione che non s’improvvisa ma che deve essere frutto inevitabile di anni (purtroppo molti) di studio, meglio se di uno studio effettuato sul campo e non limitato ai libri o, come malauguratamente usa fare oggi, a Internet. Poi ci vuole intelligenza ed onestà.
Ecco, invece, che la signorina Iacovella, dopo essersi letta “duemila pagine” di pubblicazioni scientifiche (http://www.youtube.com/watch?v=Nf1WFmfIkC8), diventa una bocca della verità nel campo dell’immunologia e dei vaccini in particolare. Non è una novità: madri di famiglia che si sono viste morire il figlio e decrepiti generali in pensione si erano avventurati nello stesso ginepraio. Tutti con la stessa disinvoltura, tutti con la stessa presunzione, tutti con la stessa ignoranza. Duemila pagine: scelte come? Capendoci che cosa?
Che somministrare una lunga lista di vaccini tutti insieme, senza che se ne ravvisi la necessità e senza tener conto dello stato di salute e di accettazione biologica del soggetto sia demenziale è un dato di fatto che non richiede spiegazione. Basta rifarsi a qualunque testo d’immunologia per rendersene immediatamente conto. Da questo ad affermare ex cathedra che i militari che muoiono in circostanze “misteriose” debbano la morte al cocktail di vaccini la distanza è lunga. Anzi, ad oggi è infinita, non esistendo la minima traccia di prova a supporto della tesi.
- 1. Di regola un vaccino manifesta i propri effetti avversi, che ci possono essere e sono indubbiamente ben più numerosi e gravi di quanto non si voglia lasciar trasparire, entro non più di un paio di giorni. Se, poi, i vaccini sono più d’uno, è più che probabile che i tempi si accorcino. Comunque, non certo che si dilatino. Ebbene, i militari si ammalano anche dopo mesi, persino anni, dal momento delle vaccinazioni.
- 2. Non è mai stata trovata una sola prova che i vaccini inducano leucemie o linfomi, cioè i cancri di gran lunga più comuni nei soldati. Lo stesso vale per le altre forme di tumore.
- 3. È cosa nota che ad ammalarsi delle stesse malattie dei militari siano non pochi civili, abitanti delle zone di guerra, giornalisti o volontari di organizzazioni non governative impegnati nei teatri bellici, che non avevano ricevuto alcuna vaccinazione.
- 4. È altrettanto noto, anche se si cerca di mascherare il tutto, che nei poligoni di tiro, per esempio quello sardo di Quirra, si ammalano tanto gli abitanti quanto il bestiame e né gli uni né l’altro hanno subito vaccinazioni.
Dunque, è fin troppo evidente che la storia dei vaccini non sta in piedi.
Le uniche evidenze solide e coerenti riscontrate sia nei militari sia nei civili sia negli animali sono le presenze di polveri sottili ed ultrasottili solide, inorganiche, non biodegradabili e non biocompatibili. Il che significa potenzialmente patogene. Questi dati, del tutto incontrovertibili e documentati nei particolari, sono finiti nelle mani d’incompetenti quando non, peggio, di personaggi in palese malafede. Costoro hanno voluto legare la genesi delle polveri esclusivamente all’uso dell’Uranio impoverito senza capire o senza voler capire il meccanismo che collega tutte le esplosioni, specie se ad alta temperatura, alla formazione di polveri del tutto compatibili con quelle rilevate nei campioni bioptici od autoptici analizzati.
Così, nel filone delle stupidaggini che dagl’incompetenti (o dai farabutti) sono nate, s’inseriscono le ingenuità della ragazza che intervista la Iacovella. Questa parla di Uranio impoverito nella più completa oscurità culturale e, con le sue povere domande, rafforza la bufala della signorina Iacovella, tanto emozionata dall’aver vinto il premio Ilaria Alpi alla stregua di qualsiasi Miss Italia neoeletta. Sono certo che, intervistata al proposito, direbbe con aria sognante che il suo massimo desiderio è avere “la pace nel mondo”.
A questo punto vale la pena chiedersi il perché si favorisce con tanta lena la diffusione di enormità scientificamente ridicole come quelle della Iacovella.
Il motivo è semplice. Se non si riuscisse più a nascondere la pur evidente verità scientifica, gli esplosivi usati a profusione in tutte le guerre dovrebbero di punto in bianco essere riconosciuti come armi di distruzione di massa che estendono la propria attività ad aree geografiche lontane da quelle belliche (le polveri viaggiano con enorme facilità) e colpiscono non solo popolazioni che nulla hanno a che vedere con il conflitto del caso ma lo fanno anche interferendo con le generazioni future. Le polveri, infatti, sono in gran parte non biodegradabili e, perciò, si ritrovano intatte dopo decenni. In aggiunta passano da madre a feto inducendo non solo aborti ma pure malformazioni fetali. Vedi, tra i tanti esempi possibili, Baghdad, la ex-Jugoslavia o anche il poligono di Perdasdefogu.
Ecco allora che, per motivi non proprio nobili, si sceglie di usare come capro espiatorio il vaccino, sicuramente tutt’altro che con una fedina pulita, ma nel caso specifico innocente o, almeno, da assolvere per assenza di prove.
Credo che chi mi legge conosca la mia posizione sui vaccini e che sappia come noi continuiamo a trovare inquinanti in tutti i campioni che analizziamo. Io mi rifiuto, però, di accusare chiunque senza prove e affermo che azioni come quelle che vedono protagonista la signorina Iacovella, probabilmente del tutto ignara dell’enormità di ciò che ha fatto, vanno tristemente a discapito di chi vuole vederci chiaro nel pastrocchio sempre più confuso dei vaccini. Se si vuole essere credibili è indispensabile usare argomenti scientificamente inoppugnabili e non le esternazioni di effimere tuttologhe improvvisate o di casalinghe di dubbia alfabetizzazione. Così ci si rende solo ridicoli.
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Considerazioni in merito alla sua cortese rispostaAnch’io posso riferirle la mia esperienza personale, assicurandole che in mio figlio le sequele neurologiche successive alla vaccinazione non si manifestarono in maniera immediata: tant’è che impiegai anni per realizzare che poteva esservi stato un rapporto di causa-effetto. E questo in assoluta assenza di evidenze che potessero condurre me (ma soprattutto i vari medici – specialisti e no – a suo tempo consultati, a partire dal pediatra di libera scelta che aveva vaccinato il bambino…) ad individuare uno straccio di ipotesi eziologica. Due sono le cose, dunque: o siamo stati tutti, genitori e medici,… Leggi il resto »