Ragazzi, mi dispiace: così state facendo il gioco di chi credete di combattere.
Con le manifestazioni di piazza non solo non si risolve niente se non, magari, ottenere che si metta qualche pezza cosmetica che poi sarà tolta non appena saranno riusciti a distrarre la nazione con uno dei soliti, vecchi, rozzi, efficacissimi espedienti, ma si dà fiato agli avversari e si allontanano gl’indecisi.
Come è sempre accaduto, quando le proteste prendono una piega che ha probabilità di diventare violenta, qualcuno ci s’infila dentro e lo fa per i motivi più svariati, da quelli con una struttura più o meno politica fino a quelli di natura psichiatrica come è il caso dei “tifosi” del calcio. E anche per voi non si è fatta eccezione.
Di come prendere vantaggio di questa vostra ingenuità Francesco Cossiga può dare lezione a chiunque, e partire già con le polveri bagnate significa andare al massacro.
Per combattere una guerra bisogna andare preparati e non con le scarpe di cartone, e il pragmatismo lucido è la sola filosofia che abbia possibilità di successo.
Intanto bisogna penetrare fino alla radice della questione. Ormai da molto tempo le persone cui abbiamo consegnato mandato di governarci – e qui non ha importanza quanto legittimamente questo sia stato fatto – hanno adottato una strategia a lungo termine che ha la certezza di dare i frutti sperati. Lo dice la storia.
Per continuare a mantenere uno stato in cui l’unica linea guida è quella del ladrocinio, qualunque forma questo assuma, è indispensabile che le vittime diano il meno fastidio possibile e, allora, ecco i media ipnotici. Ma fondamentale è disporre di un popolo saldamente ignorante e di una classe tecnica che non sia da meno. Da qui l’assalto alla scuola di cui ciò che sta avvenendo ora non è che l’ennesimo atto.
Il credere che l’obiettivo di questo governo sia quello di favorire l’istruzione privata è ingenuamente riduttivo. Sì, ci sarà anche quello, ma si tratta di un effetto minore.
Ormai da parecchi anni le nostre scuole vanno via via degradando per ciò che riguarda la qualità dell’insegnamento, e questo a causa principalmente di una classe insegnante occhiutamente demotivata e, in qualche occasione, oggettivamente inadeguata.
Già nei licei non è così raro imbattersi in professori il cui aggiornamento,
quando c’è, dipende al massimo da qualche trasmissione divulgativa TV di affidabilità del tutto opinabile e che, per questo, convogliano ai loro allievi informazioni con scarso o nessun fondamento quando, poi, non siano vere e proprie distorsioni della scienza.
Ma il bersaglio vero, quello da non fallire, sono le università, e lo sono non certo da ieri. Chi abbia un minimo d’esperienza non può ignorare che cosa avviene nei concorsi, non può non aver toccato con mano l’impreparazione di non troppo rari docenti, né può ignorare come alcuni di loro siano “sponsorizzati” in modo imbarazzante. A me è capitato in più frangenti d’incrociare situazioni in cui questi personaggi barcollavano al cospetto di ragazzi del liceo o di studenti universitari che li soverchiavano per cultura. Una cultura con tutti i limiti del fai da te ma con tutti i vantaggi della passione e dell’onestà.
È lì, nell’università, che sta il punto nodale della questione. Toglierle quattrini, segnatamente a quel minimo di pur asfittica ricerca che ancora abbiamo, è senza dubbio devastante. Ridurne il numero e gl’insegnamenti è seccante anche se in qualche caso si tratta di pietosa eutanasia, ma, se si è davvero decisi ad imparare, lo si può fare anche in ristrettezze economiche e con qualche disagio. Molto più arduo, invece, è imparare da pseudo-docenti che sono lì per motivi di sangue, di letto, di quattrini o di scambi di potere. Quelli sono più tossici delle nanoparticelle. Questa è la vera arma letale.
Forse qualcuno ricorda una trasmissione TV in cui l’intervistatore chiedeva ad alcuni studenti dell’Università di Bari se avessero delle remore morali a far carriera come ho giusto accennato se appena se ne aprisse l’occasione. Pur se il risultato non ha valore statistico, tutti risposero che non ci sarebbe stato alcun problema. Ecco, è così che si avvelenano i pozzi di una nazione.
Dunque, ragazzi, non è facendo manifestazioni pacifiche che finiscono regolarmente a botte, non è spaccando vetrine, non è urlando “buffoni!” che si va alla guerra. Lo avete visto: il metodo Cossiga viene regolarmente applicato, i benpensanti vi disprezzano, gli automobilisti che non fate passare non hanno certo una buona opinione di voi, i negozianti vi vedono come il fumo negli occhi, Berlusconi spalanca le braccia e guadagna consensi, la cosiddetta sinistra pigola e si frega le mani.
Dovete essere più profondi e più raffinati se volete estirpare davvero il male alla radice e non limitarvi a pretendere che qualcuno dia una mano di bianco sulla muffa.
Il nemico che credete di combattere non è visibilmente schierato dall’altra parte delle trincee: è molto più mimetizzato ed ha un grado di complessità di gran lunga più elevato di quanto semplicisticamente non crediate. Quello non è fatto di persone fisiche chiaramente identificabili: sta radicato in usi e costumi ormai incancreniti di cui la cosiddetta sinistra, quella che oggi si è ipocritamente dichiarata dalla parte vostra, è responsabile non meno di quanto non lo siano i loro finti avversari politici.
Non sprecate l’occasione: la vostra guerra è la guerra di tutta la nazione, se ne renda conto o no, perché senza di voi, quando vi toccherà inevitabilmente, se non altro per motivi anagrafici, di prendere le redini, saremo davvero senza guida. La vostra ignoranza sarà la nostra sepoltura.
La soluzione esiste anche se è ben più articolata e faticosa di qualche pomeriggio in piazza, di tre o quattro teste rotte, di un po’ di vetrine in frantumi. Occorre organizzarsi politicamente e portare la guerra in casa di chi ce la sta facendo. Se questi personaggi sentiranno che la loro poltrona è in pericolo, se si accorgeranno che la loro permanenza nella stanza dei bottoni non è così scontata a dispetto degli sbarramenti, peraltro del tutto illegali, che stanno alzando, vedrete che qualcosa cambierà.
Dunque, se vorrete, se vorremo, vincere la guerra, è indispensabile per prima cosa sapere chi è il nemico.
Immagine da: http://www.ciaf-milano.com/documenti/funerale/IMG_8530.sized.jpg