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Asino presuntuoso

 In questo mondo nuovo in cui la comunicazione è ormai una valanga rovesciata da palcoscenici sempre più numerosi e facilmente accessibili, è difficile separare l’utile dall’inutile, il vero dal falso: il grano dal loglio, insomma. Tutto, verità compresa, vive quanto un lampo nella padella, direbbero gl’inglesi, e si confonde in un vociare assordante in cui ogni mercante chiama a sé quello che spera diventerà un cliente. A questo chiasso contribuiscono anche le tantissime confessioni religiose ormai globalizzate, esprimendosi su tutto, a rischio di esulare completamente dal loro ambito e facendo  ogni  tanto guai di portata tutt’altro che trascurabile.

Più o meno un mesetto fa, il 12 dicembre scorso, in occasione della Giornata Mondiale della Pace 2007, il cardinale Renato Raffaele Martino, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ebbe ad esternare l’insegnamento, non è troppo chiaro se suo o del Pontefice, a proposito dell’uso dell’energia. In breve, a dire del prelato, questa energia è ottenibile dalle testate nucleari smantellate dagli Stati Uniti e dalla ex–Unione Sovietica. Sempre seguendo il cardinale, il metallo radioattivo di cui non si saprebbe che fare dovrebbe essere donato ai paesi sottosviluppati o essere venduto altrove e i proventi girati a quei paesi. Al di là dell’ingenuità di un’affermazione del genere, il Cardinale non ci dice, tra l’altro, con quali denari i paesi sottosviluppati costruirebbero le centrali, come smaltirebbero le scorie (ahi, che verbo equivoco smaltire!), chi controllerebbe il reale impiego di materiali così critici né che cosa succederà quando, ineluttabilmente, il materiale si sarà esaurito. La possibilità dell’impiego di energia nucleare è un problema quanto mai impegnativo, certo non affrontabile con tanta superficialità, e, comunque, esattamente come la possibilità dell’impiego di qualunque altra fonte energetica ricavata dall’interno di un sistema chiuso come, in effetti, è la Terra, e non rinnovabile, è inevitabilmente destinata ad avere vita breve. Uno dei tanti rischi, ma forse è il minore, è che il gioco economico della costruzione e della messa in opera di centrali costosissime non valga la candela e, dunque, porre in essere un progetto come quello esternato rischia di tramutarsi in un disastro a livello proprio di quei quattrini che i paesi sottosviluppati non hanno. E allora, pur non recedendo dalla convinzione appena esternata, ecco che il Cardinale prospetta un’ulteriore possibilità: bruciare i rifiuti, ottenendo dalla combustione energia. A parere del presule, i cosiddetti “termovalorizzatori” sarebbero non solo convenienti dal punto di vista energetico, ma sarebbero pure puliti, emettendo solo vapor d’acqua. Va da sé che basta quest’ultima affermazione, a dir poco stupefacente, per squalificare tutto il già traballante assunto. A questo punto, forse, occorre fare un passo indietro e guardare la situazione in modo più distaccato. Come ogni altra organizzazione religiosa, la Chiesa cattolica è una sorta di club e appartenerci o no è un fatto del tutto volontario. Nessun obbligo, dunque. Chi ci sta, si assoggetta spontaneamente ai suoi insegnamenti in tema di religione e morale. Chi non ci sta, sceglie di comportarsi in maniera del tutto indipendente. Al di fuori di religione e morale, la Chiesa cattolica, così come ogni altra associazione del genere, ha la stessa autorità di un qualunque non addetto ai lavori. Chi la pensi diversamente ed attribuisca ad una chiesa, qualunque essa sia, altre competenze ed altre autorità, ha tutti i diritti di farlo e, facendolo, compie un balzo indietro nel tempo ed uno laterale nello spazio, inquadrandosi così nella schiera degl’integralisti. Da parte mia, nessuna obiezione. Ora, dal punto di vista psicologico, chi esercita un’influenza forte su centinaia di milioni di persone e non ha l’equilibrio giusto rischia di cadere preda di una sorta illusoria d’inebriamento da onnipotenza e da onniscienza, perdendo, in questo modo, ogni capacità critica, compresa quella su se stesso. Ecco, allora, che un rispettabilissimo alto prelato della Chiesa cattolica romana cede alla tentazione e non esita a balzar fuori del suo pulpito di pastore di anime per tuffarsi in argomenti che con il suo mestiere non hanno nulla a che spartire, e  su questo punto non ci sarebbe troppo di male, stante la libertà di ognuno di dire ciò che gli passa per il capo. Ma, ahimè, gli argomenti così disinvoltamente toccati nulla hanno a che spartire con la cultura del cardinale Martino tanto impudicamente messa a nudo. Ad aggravare la già grottesca situazione in cui il religioso si è andato a ficcare, magari addirittura in nome e per conto del Papa, c’è il fatto che quella sconsiderata doppia esternazione va a dare man forte, grazie ad un’autorità autoattribuita, proprio a chi sta operando laboriosamente per riempirsi le tasche, poco importa se l’effetto secondario è distruggere quel gioiello della creazione divina che è (o che era?) la Terra, e poco importa se lo scombussolamento accade per servire Mammona. Dunque, il Nostro si trova ad indossare i panni del complice proprio dei nemici di Dio, della sua creazione e dei suoi insegnamenti. Ingenuità? Speriamo si tratti solo di questo. Fede e scienza possono andare a braccetto? Magari! Ma quando in nome di una malintesa religione ci si permette di distorcere la verità, si commette un peccato grave, specie se distorcere la verità significa sofferenza per quel prossimo tanto spesso nominato ma che appare quasi altrettanto spesso un’entità astratta. E allora, chi opera in nome di Dio abbia l’onestà e l’umiltà di riconoscere gli ambiti nei quali in nome di Dio può muoversi e conti fino a dieci prima di aprire bocca. Da ultimo, non volendo infierire come sarebbe fin troppo facile fare nella circostanza, chiedo che si perdoni cristianamente il povero cardinale Martino, già punito abbastanza dalla figuraccia rimediata, ma, nel contempo, chiedo che laicamente gli si ponga in capo un bel cappello da asino, per di più presuntuoso.