Sto tornando da una passeggiata godendomi la prima sera di questa primavera anticipata grazie a quel regalo della sorte che è lo stravolgimento del clima. In cuor mio benedico i nostri timonieri: inceneritori di rifiuti, filtri antiparticolato, impianti a biomasse… Grazie!
Improvvisamente un subbuglio: tutti si scansano, qualcuno si getta a terra, una signora in preda ad una crisi isterica sviene tossendo. “Presto, un termometro!” grida un dottore. Verso di me corre un Coronavirus. Non strisciando o saltellando come dovrebbe fare secondo le regole dettate dalla mai abbastanza rimpianta Beatrice Lorenzin: quello carica come un toro inferocito e sta per venirmi addosso.
Mi viene addosso e io casco tossendo per fargli capire, sperando di essere creduto, che avevo già dato. “Pietà!” imploro.
Quello si rialza in fretta e grida manzonianamente: “Fate luogo, vile meccanico! Non vedete che sono in ritardo?” E via verso il bar che stava chiudendo.
È solo al mio ritorno a casa che, sintonizzando il televisore su un canale di calcio (ma oggi un canale vale l’altro), vengo a sapere che, come da grida del nostro governo, i Coronavirus prendono servizio alle 18 e quello, ingiustificabile ritardatario, rischiava una ramanzina da parte del professor Burioni.
Ad ogni buon conto, mi sono messo in quarantena volontaria e, in assenza di tosse, ne ascolto in loop una registrazione reperita su YouTube.